Il 24 marzo 1944, 335 italiani, (tra civili e militari), perivano sotto i colpi delle SS, comandate da Herbert Kappler, durante il cd. “eccidio delle Fosse Ardeatine”. A quei terribili fatti prese parte, come certamente saprete, anche Erik Priebke, allora un trentenne capitano delle SS venuto dal partito Nazionalsocialista dei Lavoratori tedeschi.
Tutti i media si sono già incamminati lungo il sentiero del doveroso ricordo. Conservare la memoria di fatti così cruenti è d’obbligo, specie se si considera che si trattò di caduti italiani, purtroppo anche civili, scelti a caso dai tedeschi durante giorni di follia.
Ciò che non tollero è, invece, è la solita morale: noi siamo i “buoni”, i “giusti”, gli “agnelli del Signore”; loro i “cattivi”, “i peccatori”, “i figli di Satana”. Se commemorazione deve essere, si pensi alla storia, alle sue dinamiche e ai suoi fatti, lasciando da parte facili e melliflui sentimentalismi, ipocrite partigianerie e retoriche varie. E se di storia si deve parlare, non vedo una sola buona ragione per dimenticare ciò che costituì la tragica causa dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, vale a dire i fatti di Via Rasella.
Tengo a precisare che non è mia intenzione propugnare una soluzione salomonica al problema, della serie "riconosciamo tanto a Tizio e tanto a Caio". Assolutamente no: certi giochetti li lascio ad altri! A me sta a cuore che le vittime vengano ricordate tutte, chiunque esse fossero e per qualunque fazione esse combattessero. Così come, tirerei un sospiro di sollievo se avessi la dimostrazione che nel 2011 parlare di certe cose non è più un tabù, un affronto al “valore di coloro che «liberarono» l’Italia” , ma semplicemente un atto dovuto nei confronti della storia.
Tengo a precisare che non è mia intenzione propugnare una soluzione salomonica al problema, della serie "riconosciamo tanto a Tizio e tanto a Caio". Assolutamente no: certi giochetti li lascio ad altri! A me sta a cuore che le vittime vengano ricordate tutte, chiunque esse fossero e per qualunque fazione esse combattessero. Così come, tirerei un sospiro di sollievo se avessi la dimostrazione che nel 2011 parlare di certe cose non è più un tabù, un affronto al “valore di coloro che «liberarono» l’Italia” , ma semplicemente un atto dovuto nei confronti della storia.
Ebbene, allora perché dimenticare i fatti di sangue accaduti in Via Rasella il 23 marzo 1944?
Forse tanti di Voi non sanno neppure, perché purtroppo la storiografia di massa tende ad oscurare certi episodi, che in quella data si è verificato uno dei più vigliacchi attentati che la storia di quegli anni ricordi. Difatti, l’esponente del P.C.I. Giorgio Amendola, (uno cui l’attuale presidente della Repubblica Italiana ha più volte dichiarato di ispirarsi), avendo notato una certa abitualità da parte di un plotone di polizia del reggimento “Polizeiregiment Bozen” nel passare dalle parti di Via Rasella dopo l’addestramento, pensò bene, (si fa per dire!), di dirigere la macchina da guerra partigiana nei loro confronti.
Un dato va precisato: il “Polizeiregiment Bozen” era un reparto di polizia militare, vale a dire un corpo con compiti di garanzia dell’ordine e della sicurezza delle forze armate stesse sul territorio. Mi spiego meglio: trattasi di attività che vanno dalla protezione delle strutture militari e degli ufficiali fino alla gestione dei prigionieri di guerra, al controllo del traffico, alla logistica ecc. Si evince che non è personale direttamente deputato agli scontri armati. Si può anche presumere che non siano corpi dell'esercito armati di tutto punto, (infatti pare che i soldati della Bozen fossero armati di sole rivoltelle e qualche bomba a mano).
Forse tanti di Voi non sanno neppure, perché purtroppo la storiografia di massa tende ad oscurare certi episodi, che in quella data si è verificato uno dei più vigliacchi attentati che la storia di quegli anni ricordi. Difatti, l’esponente del P.C.I. Giorgio Amendola, (uno cui l’attuale presidente della Repubblica Italiana ha più volte dichiarato di ispirarsi), avendo notato una certa abitualità da parte di un plotone di polizia del reggimento “Polizeiregiment Bozen” nel passare dalle parti di Via Rasella dopo l’addestramento, pensò bene, (si fa per dire!), di dirigere la macchina da guerra partigiana nei loro confronti.
Un dato va precisato: il “Polizeiregiment Bozen” era un reparto di polizia militare, vale a dire un corpo con compiti di garanzia dell’ordine e della sicurezza delle forze armate stesse sul territorio. Mi spiego meglio: trattasi di attività che vanno dalla protezione delle strutture militari e degli ufficiali fino alla gestione dei prigionieri di guerra, al controllo del traffico, alla logistica ecc. Si evince che non è personale direttamente deputato agli scontri armati. Si può anche presumere che non siano corpi dell'esercito armati di tutto punto, (infatti pare che i soldati della Bozen fossero armati di sole rivoltelle e qualche bomba a mano).
Ad ogni modo, il 23 marzo 1944 il partigiano Paolo Bentivegna si travestì da netturbino e nascose all’interno di un carrettino per la spazzatura un ordigno a miccia ad alto potenziale, fatto di 18 kilogrammi di esplosivo e spezzoni di ferro. Attese il passaggio del plotone, (composto da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, altoatesini/sudtirolesi), ed accese la bomba: 33 soldati caddero al suolo dilaniati dalla deflagrazione. Altri soldati morirono a seguito delle ferite riportate. Quanto alle vittime civili, pare che fossero due, un uomo ed un ragazzino di 13 anni. La storiografia, almeno quella "ufficiale", non è concorde nello stabilire se altri e quanti altri civili persero la vita in quegli eventi. Lascio la contabilità dei morti agli storici e mi limito a far presente che a poca distanza da via Rasella, era presente una sorta di "campo profughi", pieno di sfollati…
Al di là di tutto questo,ciò che mi interessa è cercare di riportare alla luce tragedie dimenticate come questa, perché finalmente si giunga ad una memoria storica scevra da apologie e da sentimenti di appartenenza politica.
Una precisazione è d’obbligo prima di chiudere questo scritto e di lasciarvi, (spero), alla riflessione: la Corte di Cassazione ha di recente affermato , (all’interno di un giudizio per diffamazione che vedeva contrapposti “Il Giornale” e Paolo Bentivegna), che l’attentato di Via Rasella costituì “un legittimo atto di guerra”. Chiedo allora agli ermellini: è conforme alle leggi e agli usi di guerra l’attentato in abiti civili? Il “Polizeiregiment Bozen” poteva davvero considerarsi forza militare a tutti gli effetti? Non sarà mica che un simile attentato risulta conforme al diritto di guerra solo perché lo Stato italiano il 5 aprile 1944,con decreto legge n. 96, (confermandola poi con decreto legge n.194 del 12 aprile 1945), stabiliva la non punibilità di tutti gli atti compiuti dai partigiani, qualunque essi fossero? Che bisogno c’era di amnistiare tutti i reati se era così chiaro che trattavasi di atti perfettamente rispondenti al diritto di guerra?
Come si usa dire in questi casi: ai posteri larga sentenza!
Roberto Marzola.
Roberto Marzola.
Fonti consultate:
· Wikipedia: “eccidio Fosse Ardeatine” e “Fatti di Via Rasella”
· Enciclopedia Treccani
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