Mi scuseranno gli autori del celebre spot ideato per la commemorazione del CL anniversario dell’Unità d’Italia se mi sono appropriato del loro slogan e,soprattutto, se ne ho cambiato il soggetto. Stavolta non voglio riferirmi all'amatissima bandiera italiana, bensì alla dolcissima Tradizione.
Mi chiedo: ma la tradizione è di destra o di sinistra? Ha forse colore politico?
Mi pongo queste domande perché in molti storcono il naso per il nome che ho scelto per questo blog e, ovviamente, per il suo campo di indagine. Mi dicono che ci vedono un qualcosa di estremo, anzi di estremista. Estremismo di destra, ovviamente e, si sa, parlando di destra estrema, il “male assoluto” è sempre dietro l’angolo.
La cosa sinceramente mi fa un po’ sorridere: cosa c’è, infatti, di estremista o di sovversivo nel voler intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo, per riscoprire il mio passato, la mia storia, le mie usanze, gli usi e costumi e, perché no, il folklore della mia terra? A pensarci bene, poi, quell’aggettivo possessivo, “mia”, che ho ripetuto così tante volte, è anche un’imprecisione logica e linguistica. La meta di questo viaggio, infatti, riguarda tutti da vicino, se non altro per il semplice fatto che viviamo nella stessa terra, parliamo la stessa lingua e abbiamo ricevuto un’educazione tutto sommato simile, (anche se poi c’è chi si accontenta dei valori e delle storie convenzionali e chi,invece,ha l’interesse di andare alla ricerca della genuinità, sempre e comunque, costi quel che costi).
Ebbene, noi italiani riusciamo a dividerci anche su questo: non riusciamo, cioè, neanche a guardare con serenità al nostro passato, ad approcciarvi in maniera condivisa.
E come potrebbe essere altrimenti, se ci sono persino politici che nelle loro ultime uscite palesano di avere tutto l’interesse a dimenticare in fretta ciò che fu e ciò che è stato?Per non parlare poi dei soliti ipocriti benpensanti, che si arrogano il diritto di catalogare il passato, bollando questo fatto come “buono” e quest’altro come “cattivo”. Naturalmente, non sono ammesse repliche al loro operato.
Di fronte a tutto questo mi domando: si può essere così idioti?
Davvero non ci rendiamo conto che stiamo scrivendo da soli la nostra condanna a morte?
E poi chiedo: su cosa si può costruire il futuro, se non riusciamo ad avere una base comune su cui poterlo adagiare, un terreno fertile con cui nutrirlo?
Questa base, questo terreno, signori miei, non può altro che essere quella Tradizione di cui sto scrivendo da giorni!
Tradizione vuol dire l’esempio degli augusti imperatori romani e dei loro discendenti, le antiche jestes dei cavalieri mediovali , la passione, le speranze e le sofferenze dei grandi poeti, gli insegnamenti dei filosofi di ogni tempo, le fatiche dell’onesto bracciante, i sacrifici del pater familias e la dolcezza della donna, autentica regina del focolare, le meravigliose piazze delle nostre città, le viuzze dei nostri paesi, gli scorci sui nostri possenti monti, l’ampiezza del nostro mare e tanto altro ancora.
Tutto questo deve unirci; tutto questo dobbiamo riscoprire e su tutto questo dobbiamo costruire le fondamenta per il nostro avvenire.
Che necessità c’è, allora, di affannarsi in risibili tentativi di costruire un futuro su un’accozzaglia di norme giuridiche, imposteci da altri, che sono il simbolo vivente della divisione e dell’ostilità? E’ una pura distopia, assurda e sconveniente da tutti i punti di vista!
Che necessità c’è, allora, di affannarsi in risibili tentativi di costruire un futuro su un’accozzaglia di norme giuridiche, imposteci da altri, che sono il simbolo vivente della divisione e dell’ostilità? E’ una pura distopia, assurda e sconveniente da tutti i punti di vista!
Abbiamo a disposizione un enorme patrimonio nazionale da riscoprire, valorizzare, custodire e tramandare. Lo abbiamo da sempre sotto i nostri occhi; anzi ce lo portiamo da sempre addosso, cucito come è alla nostra pelle.
Quando ci decideremo, allora, ad investire su di esso, cioè ad investire su noi stessi?
Quando ci decideremo, allora, ad investire su di esso, cioè ad investire su noi stessi?
Spero solo prima che questa enorme ricchezza, tramandataci da padre in figlio, ci sfugga di mano, perché poi non ci resterebbe altro che un amarissimo pianto : non una buona base su cui costruire, ma un tragico lago in cui annegare.
R.M.
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