Nessuno se ne è accorto o in tanti fingono di non accorgersene: il multiculturalismo, ovvero l’idea, (posta dall’alto, non certo dal basso),secondo cui tutti gli uomini, di qualunque nazionalità, razza,cultura o tradizione, debbano convivere tutti insieme, sta conoscendo un forte declino.
E’ Nato sotto l’egida dei benpensanti, dei perbenisti, dei seguaci del “politically correct”; l’hanno spacciato per una sorta di manna dal cielo, di benedizione della Divina Provvidenza, che non poteva né doveva essere arrestato perché dicevano che fosse in grado di elevare la nostra società; invece sta a poco a poco rivelando tutti i propri fallimenti. E lo sta facendo in completa autonomia: favorito da tutto e tutti, si sta autodistruggendo, senza che vi sia neanche un carnefice preciso, se non esso stesso.
L’ho sempre detto e ne sono stato sempre convinto: qualsiasi idea atta a privare una comunità territoriale dalle sue origini, dai valori in cui è nata e con cui è cresciuta, del suo senso di appartenenza, a scinderla, insomma, dal territorio stesso, è una follia e , come tale, può conoscere vita breve. Come me, ne sono sempre stati convinti i partiti cd. “di estrema destra” o, se preferite, “xenofobi”, che talvolta hanno sì ottenuto buoni risultati, sia in termini elettorali che di risultati concreti, ma comunque insufficienti a mettere in crisi un disegno posto in essere dalle contingenze del caso e dai soliti poteri forti.
Stavolta, però, se ne sono accorti e, come si suol dire, hanno “fatto outing” personaggi davvero insospettabili: Tony Blair, Angela Merkel e David Cameron. Tutti e tre, in buona sostanza, si sono trovati d’accordo nel dire che il multiculturalismo è giunto al capolinea, ha fatto enormi disastri ed è tempo di girare pagina. Si sono cioè incamminati verso la stessa direzione tracciata dall’Olanda dopo l’omicidio del regista Theo Van Gogh e dalle esperienze dei popoli mitteleuropei e scandinavi: l’ “Unione democratica di centro” in Svizzera, i “Veri Finlandesi” nell’omonimo Paese, la Danimarca con il “Dansk Folkparti”, la signora Le Pen in Francia, l’ “NPD” in Germania, lo “Jobbik” in Ungheria e via discorrendo. C’è una differenza però: mentre questi ultimi partiti vengono definiti, appunto, come di estrema destra e, quindi, sono da sempre contrari a qualsiasi processo di integrazione con altre culture, i tre Capi di Stato suddetti appartengono a ben altra tradizione politica, essendo dei moderati, (anche se a leggere le loro parole non sembrerebbe proprio!).
Così la Merkel ha detto chiaro e tondo: «il multiculturalismo è completamente fallito […] Non abbiamo bisogno di un'immigrazione che pesi sul nostro sistema sociale». Ha anche aggiunto: « Noi ci sentiamo legati ai valori cristiani. Chi non lo accetta, non è nel suo posto qui»[1]. Le sue parole sembrano trovare eco anche nel Paese, dato che recenti statistiche riportano dati molto significativi: un terzo dei tedeschi ritiene che la Germania sia “invasa da stranieri”; il 55% si dice convinto che gli “arabi siano delle persone sgradevoli”, (contro il 44% di 7 anni fa); un buon 10% sente “nostalgia del Fuhrer”. [2]
La situazione più emblematica, tuttavia, riguarda sicuramente l’Inghilterra, in particolare la figura di Tony Blair. L’ex Premier britannico, infatti, è passato da una difesa ad oltranza all’attacco, allorché a margine di una conferenza stampa in materia di misure contro il terrorismo disse: «Venire in Inghilterra non è un diritto, ma un’opportunità che è stata concessa con generosità dal popolo inglese, e non si può abusare di questa grande tolleranza» ; « le regole stanno cambiando e chi arriva nel Regno Unito ha il dovere di condividere e sostenere i valori su cui si fonda la way of life britannica»[3].
Di lì a poco il concetto verrà ribadito da Cameron, il quale dirà: «Sotto la dottrina del multiculturalismo di Stato abbiamo incoraggiato differenti culture a vivere vite separate, lontane l'una dall'altra e da quella principale. Non siamo riusciti a fornire una visione della società alla quale sentissero di voler appartenere. Abbiamo anche tollerato che queste comunità segregate si comportassero in modi che contraddicevano del tutto i nostri valori. Quando un uomo bianco sostiene delle tesi deplorevoli, razziste per esempio, noi giustamente lo condanniamo. Quando pratiche o punti di vista ugualmente inaccettabili arrivano da qualcuno che non è bianco, siamo troppo cauti, persino spaventati, di contrastarle... Tutto questo fa sì che alcuni giovani musulmani si sentano senza radici. E la ricerca di qualcosa cui appartenere e di qualcosa in cui credere può condurli all'estremismo»[4].
Simili esternazioni e simili dati meritano seria e profonda riflessione. Innanzitutto, sebbene ci si ostini a serrare gli occhi e a fingere che nulla sia accaduto, è quanto mai evidente che il multiculturalismo non sia quella dottrina che favorisce la tolleranza, l’integrazione e la pacifica convivenza. I clamorosi dietrofront inglese e tedesco e, si aggiunga, quello francese,( dato che Sarkozy ha già preso di mira da tempo musulmani e rom), dimostrano, al contrario, che il multiculturalismo favorisce soltanto delle vere e proprie società parallele in seno alle comunità nazionali; una sorta di microcosmo, (ad esempio il Neukölln di Berlino: consiglio una ricerca in proposito! ),che è non è facile controllare, studiare e classificare, dato che include migliaia di realtà diverse. Non sappiamo quali e quante idee si diffondano in quegli spazi; ignoriamo se siano compatibili con i principi fondamentali degli stati europei; ci sfugge persino un qualche minimo di certezza riguardo il loro interesse e la loro volontà di far parte del Paese in cui si spostano. E dire che qualcuno vorrebbe dar loro pure il voto. Roba da matti!
Ma la cosa più grave è che il “multikulti” finisce per consegnare tanti giovani alle frange più estreme e pericolose della società: dalla malavita organizzata, (le statistiche parlano chiaro: l’immigrazione ha un certo peso sulle rilevazioni criminali), fino alle organizzazioni terroristiche islamiche. A tal proposito, Nazir Ali, 106° Vescovo di Rochester in Inghilterra, sostiene che «nel secondo dopoguerra le comunità musulmane britanniche aderivano ad una versione mistica e del tutto apolitica dell’Islam. Dopo anni di politiche multiculturaliste, formalmente volte ad agevolare il loro senso di appartenenza storica, si sono trasformate in qualcosa di assai diverso» […]; «oggi le comunità musulmane britanniche sono dominate da un forte radicalismo politico, al punto che gli estremisti riescono persino a intimidire le componenti più moderate ».
Mi fermo qui per ora, ritenendo che ci sia già materiale sufficiente per rendersi conto della pericolosità del multiculturalismo e, ovviamente, di chi se fa promotore e sostenitore a tutti i costi.
E’ una minaccia subdola, nascosta dietro a colori sgargianti che richiamano l’arcobaleno e dietro a discorsi pietosi, melliflui e roboanti. Un’insidia che però attenta direttamente al cuore della società, dell’Italia e dell’Europa intera. Un pericolo costante, insomma, tanto per il presente quanto il futuro.
Stornarlo è molto più facile di quanto possa pensarsi: basta aprire gli occhi e smetterla di fare discorsi così idioti. A ciò bisogna unire una riscoperta dei propri valori, delle radici profonde, dei principi immortali, italiani ed europei, che non sono certo quelli di “uguaglianza, libertà e fratellanza”, a tutti i costi, meschinamente sfruttati dalle moderne democrazie, bensì quelli che derivano dalla coscienza nazionale, dalla cultura del nostro Paese, dalla Tradizione: amor patrio, fede incrollabile, senso del dovere e del sacrificio, cristiano rispetto per il prossimo, integrità morale, sacralità della famiglia e via discorrendo.
Principi pre-politici, insomma, che in quanto tali non sono né di destra, né di sinistra. Principi che, una volta riscoperti, dovranno poi essere estesi a tutti e diffusi a livello capillare in società.
Chiunque li accetti di buon grado e li rispetti sarà il benvenuto; chi non li accetta, invece, sarà libero di tornarsene da dove è venuto o di rivolgersi altrove, possibilmente evitando forme di coazione, a cui ricorrere soltanto come extrema ratio. Si noti bene che tutto questo non è frutto di chissà quale concezione totalitaria della collettività, ma è semplicemente quanto avviene già da tempo in America, ove di ogni immigrato si fa un americano a tutto tondo, senza se e senza ma.
La ricetta è semplice; i segnali di pericolo e gli ammonimenti li abbiamo. Non resta altro che agire. Dimostriamoci furbi una volta soltanto; dimostriamoci, cioè, amanti della nostra Patria. Ma facciamolo in fretta, fintanto che abbiamo qualcosa da tramandare. Facciamolo oggi, però, perché già domani potrebbe essere troppo tardi.
Roberto Marzola.
Come a dire: gli esperti hanno scoperto l'acqua calda. Poveri noi o poveri.."esperti"?
RispondiEliminaOttimo!
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