A New York si è riunita la Commissione globale sulle politiche delle droghe, l’organismo centrale del sistema ONU per il controllo delle droghe per la definizione delle politiche in questo settore, dando un responso agghiacciante: malgrado tutti gli sforzi sino ad ora compiuti, il consumo globale di sostanze stupefacenti è in continua crescita. «Nel rapporto si ricorda che in dieci anni, dal 1998 al 2008, i consumatori di oppiacei sono aumentati del 34,5%, passando da 12,9 milioni a 17,35. Quelli di cocaina sono invece balzati del 27% - tre anni fa erano 17 milioni - mentre i dipendenti dalla cannabis sono passati dai 147 a 160 milioni»[1].
Onestamente, non mi meraviglia più di tanto. E’ un dato sotto gli occhi di tutti: basta uscire qualche volta per rendersi conto che lo sballo ormai è un fenomeno diffuso in maniera capillare in tutte gli strati sociali, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla provenienza etnica e sociale. Non c’è distinzione che tenga: la tossicodipendenza riguarda ormai una massa eterogenea di persone.
Ciò che mi meraviglia, invece, è l’opinione espressa dalla suddetta commissione. In buona sostanza, si dice che la lotta con gli strumenti penalistici è fallita ed è forse la causa principale della situazione attuale. Bisogna quindi lasciare la via della criminalizzazione per intraprendere quella della liberalizzazione.
Siamo forse usciti di senno? Prima si dice che il fenomeno è in crescente e preoccupante crescita, poi si propone una soluzione furbesca per aggirarlo: cancelliamo il reato, cosicché scompaia anche il fenomeno criminale. Un vero e proprio gioco di prestigio, insomma, che dovrebbe tagliare le gambe alla criminalità organizzata e tutelare la salute dei consumatori di stupefacenti.
Sarò franco: a me pare un’idiozia assurda. Mi viene addirittura il sospetto che questi signori stiano proponendo un semplice avvicendamento tra le fila degli spacciatori, dal pusher al servizio di sanità pubblica, magari per incamerare i profitti del consumo di stupefacenti. E questa sarebbe la misura di un più efficace contrasto alle organizzazioni malavitose? Nossignore!
Ritengo che una misura del genere produrrebbe effetti disastrosi, in quanto gli organismi criminali difficilmente rinuncerebbero ad un giro di affari così redditizio. Aggirerebbero l’ostacolo, probabilmente mettendo in circolo sostanze sempre più nuove, dagli effetti sempre più inconsueti e potenti, più stupefacenti, insomma, che i consumatori non potrebbero certo ottenere in maniera lecita. Un’altra strada potrebbe essere quella di una riduzione dei prezzi al mercato nero, in maniera da renderli più abbordabili rispetto a quelli praticati dalle strutture autorizzate. A meno che la Commissione globale non abbia in mente un modello come quello svizzero, in cui la droga viene pagata coi soldi dei contribuenti. Vi immaginate una soluzione del genere? In pratica non vi sarebbe alcuna differenza tra il ricevere un trattamento sanitario obbligatorio, un’iniezione di antibiotici per combattere una polmonite o che so io, e ricevere una dose. Siamo all’equiparazione di fatto tra una cura per una malattia, (che per definizione è “casuale”, nel senso che solitamente nessuno va alla ricerca di un male, fisico o psichico che sia), e il trattamento per una dipendenza volontaria da sostanze stupefacenti. Il tutto pagato dai contribuenti. In parole povere, io mi spacco la schiena per mantenere la tua dipendenza, per farti vivere in un mondo di allucinazioni, dominato dalla compresenza di piaceri sfrenati e dolori, spesso lancinanti. Un’aberrazione totale; un delirio completo!
Mi rifiuto di prendere anche solo in considerazione ipotesi del genere. La lotta alla droga non si combatte mettendo la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi, ed accettando il problema o fingendo che non esista, oppure etichettandolo come “normale” ; bisogna scendere in campo, piuttosto, e scontrarsi apertamente col problema, vis-à- vis, con una serie di misure integrate, che vanno dall’educazione nelle scuole, nelle università, nelle famiglie e nelle altre strutture sociali, fino ad un inasprimento delle sanzioni. Una guerra che rifugga l’idiota distinzione tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”, perché non esistono droghe senza conseguenze, e che non tolleri il consumo personale. Il consumo di certe sostanze, (salvo che non vi siano esigenze medico-terapiche), deve essere vietato. Punto. Vieni colto anche con un solo grammo di sostanza addosso? Viene irrogata la sanzione, senza indugi e senza distinguo.
A tal proposito, si potrebbero studiare nuove pene ad hoc, che siano realmente in grado di strappare il soggetto dalla sua dipendenza e, al tempo stesso, di sortire un potente effetto deterrente.
A mio modesto parere, le pene detentive potrebbero essere rilegate ai casi di spaccio, di abitualità, di recidiva e di reato aggravato e pluriaggravato. Nei casi di più modesta entità, invece, si potrebbe fare ricorso a pene pecuniarie di cospicua entità e/o a lavori economicamente e socialmente utili, prestati obbligatoriamente e per un periodo proporzionato all’entità del fatto, magari in quei settori lavorativi dove il cliché vuole che gli “italiani non vogliono più lavorare”, soluzione che risolverebbe non uno, bensì due problemi. Misure da applicarsi con assoluta intransigenza, senza possibilità di scappatoie varie, come purtroppo accade attualmente. Naturalmente, bisognerebbe poi potenziare il controllo e la presenza delle varie forze di polizia negli ambienti più esposti, (discoteche, scuole ecc.), in modo da operare anche una efficace opera di prevenzione al problema, prevenzione che, ripeto, deve iniziare a livello culturale, sin dall’educazione in famiglia e nei primissimi anni di istruzione, sino ad instillare la sacrosanta convinzione che ogni forma di dipendenza è null’altro che una schiavitù volontaria, e che la salute, fisica e psichica, non può essere esposta ad alcun rischio.Si dovrebbe anche avere la forza e la volontà di promuovere, (se non di imporre), modelli e principi di vita eticamente, socialmente, umanamente e culturalmente validi, perché nulla mi toglie dalla testa che, in fondo, l'emergenza droga non sia che il riflesso di un vuoto etico, sociale, umano e culturale, causato dalla logica consumista e nichilista del mondo moderno.
Questa non è che una prima bozza, da vagliare, studiare e su cui discutere. Ma ciò su cui non si discute è che la droga è un fenomeno che non va tollerato né sottovalutato, bensì debellato, senza se e senza ma. Su questo non si transige. Sia chiaro.
Roberto Marzola.
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