Da qualche anno a questa parte la politica italiana non è stata altro che un continuo ciarlare di “questione morale”: squillo, trans, escort, minorenni e chi più ne ha, più ne metta. Costante bersaglio del ditino accusatore e moralista è stato il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi; motivo: le sue presunte frequentazioni con signorine piacevoli e piacenti.
La controparte politica, (forse per mancanza di altre argomentazioni), è salita sulle barricate. A suo avviso bisogna considerare seriamente una “questione morale”, ovvero il rispetto di un’etica comune. Fin qui, nulla queastio. Il problema è che nessuno hai mai capito, in cosa consista questa “questione morale”, sebbene venga invocata sin dai tempi di Berlinguer e del P.C.I. . Fatto sta che, malgrado il susseguirsi dei decenni e l’alternarsi delle stagioni politiche, da allora nessuno si è mai degnato di individuare i principi che, messi insieme, dovrebbero costituire questa famigerata “morale pubblica”. Il solito chiacchiericcio e la solita inconsistenza dei “kompagni”,da sempre bravissimi a parole, ma impalpabili nei fatti.
La nota dolente, tuttavia, è un’altra: questi signori, come al solito, predicano bene e razzolano male. Infatti, sebbene facciano di tutto per minimizzare la faccenda e per ostentare tranquillità e sicurezza, l’intero carrozzone sinistroso, capitanato dal P.D.I. e dai suoi affiliati, è alle prese con un vero e proprio scandalo, scoppiato a seguito del caso Filippo Penati. Ex iscritto al P.C.I., assessore e sindaco a Sesto San Giovanni, (roccaforte comunista), vicepresidente regionale dell'Associazione Generale Cooperative Italiane, Presidente della Provincia di Milano dal 2004 al 2009. Un curriculum politico di tutto rispetto. Se non fosse per le ipotesi di concussione e corruzione a suo carico, relative a presunte tangenti intascate sulla riqualificazione della ex Falck e all’acquisto da parte della provincia del 15 per cento della società Milano-Serravalle. E’ la punta dell’iceberg. Infatti, iniziano a trapelare particolari gravi e preoccupanti. Pare proprio che vi sia un vero e proprio “sistema Sesto”, riflesso di un più grande e marcio sistema che coinvolge l’intera sinistra italiana in un vortice di tangenti, finanziamenti illeciti ai partiti e strani e danarosi favoritismi alle cooperative[1].
Le prime vibrazioni del sisma politico hanno colpito due nomi illustri: Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani. Il primo in quanto gli investitori che hanno finanziato i lavori di Sesto San Giovanni sarebbero degli affaristi vicini proprio al baffino nazionale. «Sono Renato Sarno - l’architetto indicato da Piero Di Caterina come “il collettore e gestore degli affari di Penati e Vimercati” , nonché potente funzionario in Serravalle tra il 2005 e il 2010 -, Enrico Intini (indagato a Bari per turbativa d’asta nel settore della sanità e azionista di maggioranza della Milano Pace), e Roberto De Santis, […]presidente e ad della società, dalemiano doc. […]A lui, nel 1994, Da Santis vende Ikarus, la barca che più di un grattacapo causerà all’ex segretario dei Ds, per poi presentargli Gianpaolo Tarantini, indagato nello scandalo della sanità pugliese. Dopo l’esperienza con il Bingo - a cui proprio D’Alema diede il nulla osta per l’Italia - De Santis si avvicina a Enrico Intini, titolare del grupo «Intini di Noci», e diventano soci nella In Tour srl. Ma nel cda della Milano Pace siede anche Salvatore Castellaneta, avvocato barese dalla cui masserizia D’Alema annunciò ai giornalisti la «scossa» per il governo Berlusconi. Ovvero, la vicenda della escort Patrizia D’Addario. Ed è nel suo ufficio - scrive ancora Panorama - che Tarantini incontra Intini, il quale gli chiede di presentargli il capo della protezione civile Guido Bertolaso. Intini cerca agganci per la sua «Sma», azienda che si occupa di antincendio. E che finanzia la fondazione di Penati »[2].
Pierluigi Bersani, invece, ha responsabilità sin troppo ovvie, legate alla sua posizione di vertice all’interno del partito. Ma alle responsabilità oggettive, se ne uniscono altre, ben stigmazzate dal neosindaco di Napoli, Luigi De Magistris, (sì, proprio lui, il PM più inconcludente e fanfarone d’Italia dopo Di Pietro),il quale dice: «Bersani non poteva non sapere […]Mi irrita la sorpresa che mostrano i leader di partito di fronte ai casi Bisignani, Penati e quant'altro . Penati era il capo della segreteria di Bersani. Bisignani l'uomo di fiducia di Gianni Letta a Palazzo Chigi. I leader sanno sempre benissimo quel che accade nel loro cerchio stretto»[3].
Un’autentica storiaccia, non c’è che dire. E temo che sia solo l’inizio. Non è una novità, del resto, che la sinistra italiana abbia sempre fatto i suoi porci comodi sin dall’alba di questa repubblica, forte dei suoi uomini entro le segreterie di partito,dei suoi esponenti in Parlamento, al Governo e nelle amministrazioni pubbliche, dei suoi sindacati, delle cooperative e via discorrendo. Autentiche strutture di ferro, che però non sembrano più in grado di mettere al riparo i “kompagni” dalla nube tossica che stavolta li riguarda da vicino. E non ci sono squillo e/o minorenni, (stavo per dire trans, ma quelli sono abituali negli ambienti di sinistra, persino in Parlamento, dove chiedono che a pagare le spese per l’adeguamento del sesso siano tutti i cittadini italiani); ci sono solo tanti soldi sporchi. Insomma, quel “capitale” che da secoli dicono di disprezzare, e a cui dicono di preferire il sudore dei lavoratori. Appunto: dicono.Ironia della sorte!
Staremo a vedere che piega prenderà questa storia. Aspettiamo la chiusura delle indagini e che la verità processuale, (almeno quella), venga raggiunta. Di definitivo, però, c’è una cosa: l’ipocrisia e l’incoerenza di questi signori, sempre bravi a guardare la pagliuzza negli occhi degli altri e ad ignorare la trave nei loro. Ma questa non è neanche una novità. Che Dio ci aiuti: sì, a trovare il coraggio per mandare a casa tanto la destra quanto la sinistra e a scegliere, finalmente, la tanto agognata “terza via” !
Roberto Marzola.
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