Permettetemi un’espressione dialettale, almeno nel titolo. Una discesa nel volgo, un contatto diretto con l’indole vera, autentica e senza peli sulla lingua tipica dei marchigiani veraci. Concedetemelo per fare una semplice domanda al presidente francese Sarkozy: ma che te ridi? Già che ci siamo: cosa ridono tutti gli altri?
E’ la domanda più spontanea che mi sia venuta dopo aver assistito al triste siparietto a cui ha dato vita con una Merkel piuttosto imbarazzata, (che ha preferito girare il capo dall’altro parte), al suono di una semplice domanda: ha fiducia nelle misure prese dal governo italiano? Sarkozy ha risposto con faccia di bronzo e sorriso canzonatorio.
Tanto è bastato alla sinistra italiana per andare in brodo di giuggiole: il presidente francese ci sberleffa; sicuramente deve aver ragione sul fatto che siamo un popolo di idioti e pagliacci. Grasse risate. Viva la Francia. “Allons enfants de la Patrie le jour de gloire est arrivé!” eccetera eccetera. Cantiamolo tutti. Canzoniamo il nostro Paese. Lasciamo che gli altri ci etichettino come eterne caricature. Fate tutto quel che volete signori. Entrino e s’accomodino: noi siamo qui a farci prendere in giro. Prendetevi pure la libertà di dire tutto su di noi, tanto a noi cosa ce ne frega?
Sarà stato questo lo spirito che ha animato i nostri patrioti durante il Risorgimento e la Prima Guerra Mondiale, che ha alimentato le speranze e i sogni unitari di tutti quei nostri poeti ed intellettuali nazionalisti, (praticamente da Dante fino a Foscolo e D’Annunzio), che ha ispirato Mameli nella composizione dell’Inno? Evidentemente sì. Deve essere per forza così, dato che dal 17 marzo di quest’anno questi gaudenti signori si sono arrogati il diritto di spiegarci cosa voglia dire patriottismo, Patria, Nazione e Popolo, pur essendo arrivati a certi concetti con almeno mezzo secolo di ritardo, a causa degli effetti della sbornia internazionalista e bolscevica. Una bella lezione, non c’è che dire!
A parte gli scherzi e le provocazioni, mi domando e dico: era così difficile rispondere per le rime a Sarkozy? Dirgli: “Non ti permettere di ficcare il naso in casa nostra e pensa ai fatti tuoi, che a criticare i nostri governanti, semmai, pensiamo noi?”. Oppure, (ed era la domanda di partenza): “cosa avrai da ridere?”.
Sì, perché a pensarci bene Sarkozy e la Francia hanno ben poco da ridere. Qualche tempo fa avevo già scritto delle difficoltà politiche del Presidente della Repubblica francese, incalzato dall’opposizione di centro-sinistra e, soprattutto, dall’astro nascente di Marine Le Pen. Difficoltà a cui, evidentemente, cerca di sopperire con qualche bomba in Libia, un’uscita da guascone e un alone di mistero sulla nascita del figlio avuto con Carla Bruni. Non sono, però, solo i conti elettorali a preoccupare Sarkozy. Sono ben altri quelli che lo preoccupano o che, almeno, dovrebbero tenerlo in ambasce. L’economia del suo Paese, infatti, frena. Nel secondo trimestre del 2011 l'Insee, l'ufficio di statistica transalpino, ha rilevato una crescita nulla[1]. Da tempo, poi, si vocifera della debolezza della stessa economia francese, pur classificata da “Standard & Poor” con la tripla A, dato che sul fronte del deficit “la Francia presenta la situazione più traballante del ristretto club degli Stati dell’eurozona che possono vantare la tripla A (Germania, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Lussemburgo): il deficit rappresentava ancora il 7,1% del Pil a fine 2010. Se tutto va bene passerà al 5,5% alla fine di quest’anno (contro il 3,7% degli olandesi o il 2% dei tedeschi), per poi scendere al 4,6 nel 2012 e al 3 nel 2013”[2], ammesso però che abbia una crescita economica decente e, con l’aria che tira, c’è poco da essere fiduciosi, anzi gradassi.
La vera spina nel fianco di Sarkozy, tuttavia, sono le banche, autentici giganti dai piedi d’argilla, che hanno investito praticamente dappertutto: in Italia, (circa 400 miliardi di titoli), ma anche in Grecia, dove i tre maggiori istituti di credito francesi, (Bnp Paribas, Societè Generale e Credit Agricole), rischiano di lasciare sul campo diversi quattrini, a causa delle arcinote difficoltà finanziarie della Grecia stessa [3]. Moody’s aveva già lanciato l’allarme lo scorso settembre, e da allora minaccia di abbassare il rating anche per la Francia.
Alla luce di tutto questo, non mi pare proprio che ci sia molto da ridere oltralpe. Anzi, direi che ci sarebbe da essere preoccupati. La proverbiale “grandeur" francese non mi sembra cosa di questo secolo e non ci farei molto affidamento, dato che la Francia si è tolta giusto qualche sfizio calcistico e poco altro.
Perché, allora, dobbiamo farci umiliare da simili personaggi? Perché dobbiamo accollarci sempre e comunque l’immagine tragicomica della caricatura, dei mandolinisti mangia spaghetti? Perché non rispondere per le rime, soprattutto quando si potrebbe facilmente obiettare che, pur nella tempesta, l’Italia è sicuramente più al riparo della Francia, grazie soprattutto ai risparmi e ad un sistema bancario più solido e meno esposto?
Sarebbero risposte semplici da dare. Eppure stiamo zitti. Perdonatemi, ma non capirò mai il senso di tanta piaggeria, questa sindrome di inferiorità onnipresente, questa continua rinuncia a sentirsi Paese vivo, fiero, orgoglioso e compatto, in grado di poter competere con chiunque e di superare ogni ostacolo economico, politico e sociale, con o senza l’aiuto dell’unione affaristica europea. Anzi, sono io che non vi perdono per tutto questo e ve ne faccio una colpa. State facendo davvero malissimo al Paese e non ve ne rendete conto, ( o almeno spero).C'è bisogno di cambiare mentalità ed iniziare a sentire l’orgoglio di essere italiani sempre e comunque, perché la percezione del nostro Paese all’estero non dipende da ciò che combina il Berlusconi di turno, ma comincia proprio da noi italiani. Siamo infatti noi l’essenza del nostro Paese, (così come la sua principale fonte di sventura); non i nostri rappresentanti istituzionali, che vengono ben dopo. Finché continueremo a permettere a chicchessia di sparare a zero nei nostri confronti, unendoci persino nei cori di scherno e disapprovazione, resteremo quel piccolo Paese di provincia, fatto di gente modesta, subdola e approfittatrice, sempre pronta a vendersi per un piatto di lenticchie. Questo, purtroppo, siamo nell’immaginario collettivo europeo, da ben prima ancora che arrivasse Berlusconi. Ci portiamo addosso gli strascichi di millenni di invasioni barbariche e di dominazioni straniere, cui si è aggiunta l’infamia del tradimento durante la seconda guerra mondiale che, sebbene si tenda a minimizzare, pesa tantissimo sulla nostra immagine di Popolo e di Nazione. Perché non riusciamo a capirlo? Perché non ci ribelliamo a così tante etichette infami?
Provate a ragionarci su, ad interrogarvi come faccio io. Magari provate a darmi qualche risposta. Io non so trovarne francamente. Provo solo rabbia e pena verso questa massa di oche giulive che ridono. Ma di cosa ridono? Di loro stessi e della loro dabbenaggine. Pensate che bello!
Roberto Marzola.
[1] Rilevazione: agosto 2011. Fonte: “Il sole 24 ore”. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-08-12/francia-crescita-zero-091928.shtml?uuid=Aa8tfjvD
[2] http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/10/debito-la-francia-teme-di-finire-nel-mirino-sarkozy-rientra-a-parigi/150869/
[3] http://www.soldi-web.it/news-1/mercati/banche-tre-big-francesi-sotto-la-lente-di-moodys-pesa-la-grecia
Che dire sono convinto che uno stato forte lo sia indipendentemente dalla situazione politica se il popolo è fiero coeso,se c'è un Popolo forte anche lo stato sarà forte! La preoccupazione del Duce nel ventennio fu quella di formare un popolo e molte delle energie istituzionali dell'epoca furono spese per formare una coscienza popolare unica e forte! Con l'avvento della repubblica questa coscienza è stata distrutta dal materialismo e dal peso della cultura bolscevica e mondialista che si sovrapponevano! Siamo tornati a rappresentare le caratteristiche più squallide del nostro essere italiani. Sollo pochi camerati intendono ancora la patria come un idea come una parola un orgoglio calpestato da difendere ad ogni costo! E questo per gli Italioti condizionati da generazioni dalla cultura imperante è estremismo da combattere e reprimere! Ma la nostra patria è la nostra forza e non basterà delegittimazione sociale o repressione a far placare l'inesorabile amore per la nostra patria!
RispondiEliminaMatteo Urbani