BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


martedì 7 febbraio 2012

LE FOIBE, L’ODIO, GLI SPUTI A BOLOGNA E L’ESODO. DA TITO A MARCO PIRINA.


Con l’inizio del mese di febbraio e, quindi, con l’approssimarsi della ricorrenza della giornata del 10 febbraio, la memoria va inevitabilmente alle vittime della tragedia delle Foibe.  Una pagina dolorosa, che dovrebbe farci riscoprire tutti italiani; eppure, ci divide ancora in rossi e neri. Anzi, divide soltanto coloro i quali sanno cosa sono state le Foibe e l’esodo, visto che da un recente sondaggio è emerso che solo il 43% della popolazione sa di cosa si parla. Colpa dell’inefficienza del sistema scolastico italiano, (che ancora risente dei diktat dei baroni rossi), della sistematica disinformazione operata dai mass-media, (che non hanno ancora cominciato a chiamare fatti e persone con i nomi opportuni), e delle teorie “retributive” e “giustificazioniste” che si diffondono dai salotti buoni del Paese, vera e propria matrice della cultura di Stato, o almeno della sua versione ufficiale.
Ci sono voluti 60 anni per iniziare ad onorare la memoria di quelle migliaia di italiani spinti nelle viscere della terra con quel macabro rituale ormai noto, (legati l’uno all’altro con del filo spinato; un colpo alla testa al primo della fila che, cadendo nel vuoto, trascinava tutti gli altri), e per ricordare la sventura di tutte le altre migliaia che hanno dovuto abbandonare la propria terra d’origine, sottola minaccia delle persecuzioni e della pulizia etnica operata dai comunisti titini, per tornare in Italia. Come sono stati accolti gli esuli al loro rientro in Patria lo sappiamo benissimo:  smistati e confinati negli oltre 100 campi profughi disseminati per tutto il Paese, “dove per molto tempo , ( in alcuni casi perfino dieci anni), vivono in una situazione di totale emergenza, nella più assoluta provvisorietà e promiscuità, attorniati da un clima di avversione o indifferenza” (fonte).  A ben guardare, tuttavia, questo è niente in confronto all’umiliazione che hanno subito durate il viaggio di ritorno nel Bel Paese. Un’accoglienza ostile e feroce organizzata dai comunisti italiani, che qualificavano gli esuli come degli spregevoli fascisti  scappati dal paradiso del socialismo reale jugoslavo, realizzato secondo i dettami del pensatore di Treviri. Ad illustrarci il pensiero dei compagni italiani è proprio “l’Unità”, Organo del Partito Comunista Italiano, con un articolo del 30 novembre 1946, firmato da Piero Montagnani, (Anno XXIII, N. 284. Articolo integrale disponibile qui):  Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi. Questi relitti repubblichini, che ingorgano la vita delle città e le offendono con la loro presenza e l’ostentata opulenza, che non vogliono tornare nei paesi d’origine,perché temono di incontrarsi con le loro vittime, siano affidati alla Polizia che ha il compito di difenderci dai criminali. Nel novero di questi indesiderabili, debbono essere collocati coloro che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava e che si presentano qui da noi, in veste di vittime, essi che furono carnefici”. 
Conseguenza di simili parole fu l’operato di una masnada di trinariciuti, raccolti nei cd. “comitati d’accoglienza”  organizzati dal partito, che “all’ arrivo delle navi a Venezia e ad Ancona, accolsero gli esuli con insulti, fischi e sputi e a presero a tutti le impronte digitali”. Ancora: “ a La Spezia, città dove fu allestito un campo profughi, un dirigente della Camera del lavoro genovese durante la campagna elettorale dell’aprile 1948 arrivò ad affermare ‘in Sicilia hanno il bandito Giuliano, noi qui abbiamo i banditi giuliani’. A Bologna i ferrovieri, per impedire che un treno carico di profughi provenienti da Ancona potesse sostare in stazione, minacciarono uno sciopero. Il treno non si fermò e a quel convoglio, carico di umanità dolente, fu rifiutata persino la possibilità di ristorarsi al banchetto organizzato dalla (Poa) Pontificia Opera Assistenza”. Ironia della sorte: “i profughi non crearono mai, in nessun luogo dove trovarono rifugio, problemi di criminalità”.  (fonte).
Una situazione inaccettabile, perché aberrante, perché indecente. Un’indecenza accresciuta dalla targa che il Comune di Bologna ha affisso alla stazione di Bologna nel 2007, la quale recita: “Nel corso del 1947 da questa stazione passarono i convogli che portavano Esuli Istriani, Fiumani, Dalmati: italiani costretti ad abbandonare le loro case dalla violenza del regime nazional comunista Jugoslavo ed a pagare, vittime innocenti, il peso e le conseguenze della guerra di aggressione intrapresa dal fascismo. Bologna seppe passare rapidamente ad un atteggiamento di iniziale incomprensione ad un’accoglienza che è nelle sue tradizioni, facendo suoi cittadini molti di quegli Esuli”. Parole gravi, a mio avviso, che offendono la memoria di quelle genti e ne scherniscono la sofferenza, giacché trasformano l’odio politico e il disprezzo per la Patria in una “iniziale incomprensione”, la pulizia etnica in una specie di ritorsione e rivalsa slava, nonché l’operato di qualche buon cristiano bolognese in un’opera di pubblica accoglienza dei profughi.
Niente di più lontano dalla realtà, dato che lo Stato italiano si è ben guardare dall’aiutare quegli italiani, facendoli sentire come sconosciuti in Patria. All’abbandono materiale, si accompagnò poi una forma ancor più grave di oltraggio: la dimenticanza. Per 60 anni, di case espropriate agli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, dell’interdizione dalla vita pubblica, delle torture, delle sevizie e delle uccisioni di massa non abbiamo mai sentito parlare. La loro dolorosa storia, evidentemente, era molto scomoda per la “Repubblica nata dalla Resistenza”, giacché ricordava che, contrariamente a quanto dicevano i “partigiani che scendevano dai monti” , e malgrado le piroette dell’ “ignobil 8 di settembre”, l’Italia quella guerra l’aveva persa e la prova stava proprio nella conferenza di pace di Parigi. Bisognava insabbiare tutto; serviva una congiura del silenzio di proporzioni nazionali perché nessuno potesse sapere. Così, a parlarne erano solo gli ambienti della Destra  e quelli neofascisti; ma guai a fare menzione di quella tragedia sui giornali, nelle scuole, sulle TV o nelle piazze. Si rischiava la scomunica di partito. Bisognava allora affidarsi alla stampa clandestina e alla lettura di libri proibiti, sperando che il tempo facesse crollare la coltre dell’oblio.
Finalmente, questo muro di omertà comincia a cadere e le malefatte dei comunisti slavi, (coadiuvati dall'operato dei compagni italiani), iniziano a porsi all’attenzione della gente comune. Non a caso; bensì solo grazie all’opera di alcuni pionieri della storia, che hanno sfidato la sorte, il veto e le “scomuniche laiche”, pur di far sapere agli italiani cosa avevano vissuto tanti loro compatrioti di origine fiumana, istriana e dalmata. Mi riferisco ai vari Petacco, Parlato, Oliva, Rumici e tanti altri. In particolare, a Marco Pirina, storico friulano da poco scomparso, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente. Uno che ha dedicato gran parte della sua vita all’approfondimento di queste vicende. Un uomo gentile e determinato che ha riportato in Italia, a costo persino della propria incolumità, migliaia di documenti custoditi negli archivi slavi, poi raccolti in diversi volumi, (disponibili sul sito http://www.silentesloquimur.it/sito1/libri.htm). Grazie a questo eroe dei tempi moderni, (lo dico senza retorica e senza esaltazione), abbiamo scoperto  che il governo italiano pagava con 3 milioni di lire al mese le armate jugoslave perché arrivassero a Trieste prima degli Alleati. Ma non erano i soli quattrini italiani che finivano in mano slava. C’erano, infatti, i denari che Tito riceveva mensilmente, fino a tutti gli anni ’60, a titolo di mantenimento di alcuni prigionieri italiani, perché non ritornassero, dato che la situazione politica era cambiata. Ma non è tutto: scavando tra le 29.149 pensioni che l’INPS paga nella ex Jugoslavia sin dal 1947, sono saltati fuori anche i nomi di alcuni personaggi che sarebbero gli esecutori materiali degli infoibamenti (fonte).  Vi elenco soltanto i nomi, rimandandovi al sito di riferimento per leggere con i vostri occhi di quali fatti si siano macchiati questi signori, mantenuti con pensioni italiane con tanto di diritto alla reversibilità del 100%:
  • ·         Cino Raner
  • ·         Nerino Gobbo
  • ·         Franco Pregelj
  • ·         Giorgio Sfiligoi
  • ·         Oscar Piskulic
  • ·         Ivan Motika
  • ·         Giuseppe Osgnac
  • ·         Guido Climich
  • ·         Giovanni Semes
  • ·         Mario Toffanin
  • ·         Alojz Hrovat
  • ·         Avijanka Margitic
Una cosa, ancora, vorrei farvi notare: la chiara origine italiana di questi nomi e cognomi. Un dato che dimostra ulteriormente l’italianità di quelle terre.  Un marchio italico che è confermato dalla storia, dal dominio di Venezia in primis, dai censimenti, dai nomi e dalla struttura delle città, (come ad esempio Grisignana, che anche dal censimento del 2001 risulta a maggioranza italiana), e persino dalle confessioni Milovan Gilas,  politico, antifascista partigiano e militante comunista jugoslavo. Costui, in un intervista rilasciata a Panorama nel 1991, disse: “ Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria a organizzare la propaganda antitaliana. Si trattava di dimostrare alle autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non italiane. Ovviamente non era vero. O meglio lo era solo in parte, perché in realtà gli italiani erano la maggioranza nei centri abitati, anche se non nei villaggi. Ma bisognava indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto”.
Una vicenda che si commenta da sola. Una tragedia che ha bisogno di essere ricordata in tutta la sua pienezza, non solo il 10 febbraio, ma tutto l’anno. Un compito che, vista la provenienza dei signori che ci governano, (molto vicini alla sinistra italiana, notoriamente universo satellite dell’Unione Sovietica), può aspettare soltanto a noi. Dobbiamo esserne all’altezza. Ce lo impongono circa 30.000 scomparsi e più di 300.000 esuli, tutti compatrioti. Dal primo all’ultimo, sia chiaro!
Roberto Marzola.

4 commenti:

  1. Caro Roberto
    Mi permetti un paio di annotazioni a margine di questo tuo articolo che mi trova pienamente concorde?

    Una riguarda quelle che tu hai definito >>teorie “retributive” e “giustificazioniste” che si diffondono dai salotti buoni del Paese ...<<
    A parte il fatto che basterebbe la citazione di Milovan Gilas, fatta in calce allo scritto, per ridicolizzarle, voglio aggiungere una considerazione che origina dalla mia esperienza personale.
    Quando da bambino mi scambiavo feroci dispetti con mio fratello e mia nonna mi rimproverava per il mio comportamento, anche io cercavo di "giustificare" le mie azioni come semplice risposta a ciò che mio fratello mi aveva fatto.
    La mia vecchia nonnina, nella sua semplicità di povera contadina ma con la saggezza di un'esperienza antica tramandata da generazioni, cercava allora di spiegarmi che:
    "due torti non fanno una ragione".
    Io da bambino non capivo bene questo concetto e facevo fatica ad accettarlo; quando sono diventato, non solo fisicamente, "adulto" ho finalemte capito ciò che mia nonna cercava di insegnarmi, anche se era troppo tardi per ringraziarla della grande saggezza che aveva cercato di trasmettermi.
    Questo per dimostrare come chi indulge in >>teorie “retributive” e “giustificazioniste”..<< manifesta una mentalità infantile, pregna della selvaggia istintività del piccolo uomo che deve ancora diventare "adulto" tramite l'educazione e la formazione che la famiglia e la società dovrebbero impartirgli; oppure è il risultato di una educazione che è stata, volutamente o meno, pessima.

    La seconda riguarda quello che è stato una specie di "esodo al contrario" di italiani verso la Jugoslavia dell'epoca.
    Con la partenza degli italiani si erano verificati non solo una "pulizia etnica" ma anche un grande impoverimento umano di quelle zone.
    Gli esuli non erano solo commercianti e possidenti o industriali ma erano sopratutto operai, specializzati, artigiani, tecnici, piccoli proprietari terrieri, contadini, pescatori: gli italiani erano la parte migliore e la più produttiva del tessuto sociale.
    Così il P.C.I., per compensare questa perdita sia "umana" che di "professionalità specializzate", volle correre in soccorso ai "fratelli" Jugoslavi e organizzò tra i suoi militanti una specie di controesodo.
    Qualche migliaio di individui furono convinti a recarsi in Jugoslavia, dove avrebbero potuto concorrere alla realizazzione del "nuovo modello di società" vedendo realizzati i propri ideali politici e soddisfacendo il bisogno di manodopera qualificata.
    Peccato che poco tempo dopo il P.C.I. di Togliatti si allineò alla risoluzione filo stalinista del Cominform che "scomunicava" Tito; la conseguenza fu che tutti i compagni comunisti italiani furono considerati da Tito "ipso facto" dei nemici, una "quinta colonna filo stalinista" al servizio dello straniero.
    La stragrande maggioranza fini nelle prigioni e nel famigerato campo di "Goli Otok", dove tutti subirono trattamenti inumani, come d'uso ovunque nel mondo dove governano i comunisti, e molti morirono.
    Dopo mesi durissimi i sopravissuti poterono finalmente rientrare in Italia, dove il Partito ordinò loro di non creare problemi raccontando l'esperienza subita; inutile dire che la quasi totalità di questi poveri trinariciuti obbedì alle direttive senza fiatare.
    I pochi che osarono far sentire la propria voce furono minacciati, emarginati e subirono una ulteriore persecuzione, anche se, fortunatamente questa volta, solo morale.
    Il PCI fece calare l'oblio anche su questa imbarazzante parte della storia riguardante le vicende Giuliano Dalmate, con la connivenza della cultura di regime e degli "intellettuali antifascisti";
    Questa ulteriore congiura del silenzio dura tutt'ora.

    Anche questa vicenda si commenta da sola e ci da la misura di quale sia tutt'ora la mentalità di coloro con cui ci confrontiamo quotidianamente

    RispondiElimina
  2. La verità, i lati oscuri ed il sentimento espressi in poche righe, complimenti all'autore del testo!

    RispondiElimina
  3. caro roberto, rieccomi a leggerti. una lunga pausa ospedaliera mi ha tenuto lontano dal tuo blog ma la certezza della tua incessante attività ha in parte lenito il mio rammarico. e, come previsto, ho ritrovato i tuoi scritti.... e che scritti! a costo di essere ripetitivo: complimenti. argomento più triste tra le pagine di storia di noi italiani non potevi trattare: i profughi dalmati, giuliani, dalmati. i fratelli italiani scampati alla ferocia comunista dei titini e dei partigiani rossi delle brigate partigiane nazionali. belve umane che hanno rapinato, torturato, ucciso ed oltreggiato i nostri connazionali al solo scopo di terrorizzare e costringere all'esodo centinaia di migliaia di una italianissima compagine che viveva e prosperava sopra italianissimo territorio. passi pure il comportamento degli slavi, dettato da convenienze geo-politiche, ma mai potrà trovar perdono nè comprensione quanto fatto e lungamente nascosto dai partigiani dalla stella rossa. italiani accecati ed avvelenati dall'ideologia comunista che, nascondendosi dietro la menzogna di una improbabile rappresaglia contro i fascisti, hanno epurato un'intera popolazione che per sola colpa aveva di non rinnegare le proprie origini, la propria convinta e naturale italianità. e questi crimini immondi hanno trovato copertura per decenni pur da chi ben sapeva, correi morali se non fisici. alti dirigenti di partito, alte cariche istituzionali, in tempi lungamente distanti dagli eventi, quando avrebbero potuto contare già sulla storicizzazione dei fatti, hanno continuato ad omettere, a mentire, a rendere omaggi e gloria agli artefici di tali barbarie. uno per tutti: pertini, il partigiano dello scopone, quello dalla rivoltella facile che va a rendere omaggio alla salma di chi fu massacratore del popolo che si trova a rappresentare come presidente. che schifo! e che schifo ancora oggi. dopo 30 anni è cambiato veramente poco. l'unica differenza è che oggi sono le sinistre a tentare di impadronirsi di quelle memorie ma secondo propri usi e costumi. tanto per non cambiare abitudine. un altro comunista, un altro presidente, un altro colpevole a venderci fumo nella più squallida opera di un revisionismo fatto solo di parole ed alcun fatto. si continui pure ad elargire pensioni, onorificenze ai gagliardetti dell'anpi, si ostenti l'amicizia tra popoli invece avversi. facciano tutto quello che vogliono ma non riusciranno mai a farci dimenticare quello che fecero e perchè lo fecero e lo continuarono a fare. è nostro dovere continuare a ricordare chi lo fece. quasi 30.000 connazionali che non chiedono giustizia ma urlano vendetta. quella vendetta che non siamo stati capaci di servire ma che se mai un giorno verrà troverà la forza nella spada dell'arcangelo gabriele campione di una fierezza ritrovata. per precipitare al centro della terra chi fu nemico dell'italica stirpe. per chi trucidò i nostri padri. per chi vuol negare il futuro ai nostri figli. allora nuovamente si sentirà cantare:".... pietà l'è morta....". ad maiora!

    RispondiElimina
  4. Complimento per il pezzo!
    Può essere interessante ricordare ciò che avvenne già durante il regime asburgico a discapito degli Italiani delle terre orientali:

    http://patriottismo.forumcommunity.net/?t=42882887

    RispondiElimina