Buona lettura,
Roberto Marzola.
"Non provate a rimpatriarci.Scateneremo una guerra"
Manduria, la rabbia dei tunisini: "Meglio morire qui". La Questura ordina di usare la diplomazia invece dei manganelli
Manduria (Taranto), 4 aprile 2011 - «Meglio morire qui che tornare in Tunisia». Hedi Naffeti, 40 anni, calzolaio di Sfax, indica i suoi compagni — 500 tunisini che dieci minuti prima delle sedici sono sciamati dal campo di contrada Tripoli al grido di «Libertà libertà» — e con una smorfia sentenzia: «Questo è niente. Non ho nulla da perdere, nessuno di noi ha nulla da perdere. Se torno in Tunisia divento pazzo, e perdo il rispetto dei miei figli. Se provano a rimpatriarci, qua scoppia l’inferno».
Hedi non è il solo a pensarla così: è il comune sentire. Hamadi Ksouri, uno dei portavoce degli immigrati, non ne fa mistero: «Chi è arrivato a Manduria ha superato sfide terribili. Io sono qui per rivedere mio figlio, che sta a Genova, non lo vedo da anni, ma la stragrande maggioranza dei miei fratelli vuole solo una cosa, lasciare l’Italia, andare in Francia, in Belgio, in Svizzera. Se pensate di fermarci non avete capito nulla».
Hamadi, che parla un ottimo italiano, è uno dei leader moderati all’interno del campo. Ogni gruppo regionale ha i suoi capi, e molti usano meno diplomazia. «Dicono che Berlusconi andrà a Tunisi — osserva Mohamed Meshdy, 26 anni, elettricista, leader di un gruppo proveniente da Sidi Habib — ma se otterrà di farci riaccogliere nel nostro Paese e crede che noi accettiamo ha sbagliato i suoi conti. Se ci dicono di ritornare, qua scoppia la guerra».
Hamadi, che parla un ottimo italiano, è uno dei leader moderati all’interno del campo. Ogni gruppo regionale ha i suoi capi, e molti usano meno diplomazia. «Dicono che Berlusconi andrà a Tunisi — osserva Mohamed Meshdy, 26 anni, elettricista, leader di un gruppo proveniente da Sidi Habib — ma se otterrà di farci riaccogliere nel nostro Paese e crede che noi accettiamo ha sbagliato i suoi conti. Se ci dicono di ritornare, qua scoppia la guerra».
E c’è da credergli: la pavimentazione del campo, fatta in pietrume, e la presenza dei pali della vecchia recinzione dotano i migranti di proiettili e potenziali arieti. Le forze dell’ordine lo sanno bene, e per questo quando alle 16.10 i migranti ‘sfondano’ ancora e si riversano fuori dal campo, il questore di Taranto, Enzo Mangini, dà ancora una volta l’ordine di usare la diplomazia invece dei manganelli. Esce tra i migranti affiancato da una mediatrice culturale, e tratta per due ore. Dice che «presumibilmente il governo sta preparando un decreto sulla base del quale sarà possibile rilasciarvi un permesso umanitario, ma per averne diritto dovete tornare dentro». Non gli credono. «Tutti i giorni — replicano — ci dite: domani, domani. Ma voi volete solo cacciarci». Dei 500 usciti dal campo — che formalmente conterrebbe 1.350 migranti, cifra accorta con una franca risata dai tunisini, che replicano, «esagerati, siamo meno della metà!» — un centinaio se ve va indisturbato verso Oria e da lì verso il Nord, 300 rientrano e gli altri 100 a tarda sera erano ancora accampati fuori, a trattare con la polizia.
A presidiarela strada, con le forze dell’ordine che non provano minimamente a bloccarli. «Ormai, abbiamo il controllo del campo», ammette con freddezza Mohammed, 23 anni, disoccupato di Tunisi. E visto che l’altroieri sono usciti due volte, e ieri pure, una alla mattina e una al pomeriggio, è una percezione non lontana dalla realtà. Pur di non irritarli, si lascia fare. A sera nel campo di Manduria la protesta si è spenta pacificamente per il secondo giorno consecutivo. Ma il problema sarà se e quando verrà l’ora di riportarli a casa. Un grande problema.
A presidiarela strada, con le forze dell’ordine che non provano minimamente a bloccarli. «Ormai, abbiamo il controllo del campo», ammette con freddezza Mohammed, 23 anni, disoccupato di Tunisi. E visto che l’altroieri sono usciti due volte, e ieri pure, una alla mattina e una al pomeriggio, è una percezione non lontana dalla realtà. Pur di non irritarli, si lascia fare. A sera nel campo di Manduria la protesta si è spenta pacificamente per il secondo giorno consecutivo. Ma il problema sarà se e quando verrà l’ora di riportarli a casa. Un grande problema.
dall'inviato Alessandro Farruggia
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