Doveva essere il finimondo, la scomparsa di Roma e di tutto ciò che rappresenta; o almeno questo è quello che si leggeva in quella che, oramai, è diventata la profezia di Bendandi, uno scienziato autodidatta del secolo scorso.
La notizia ha viaggiato sulla rete, sugli altri canali di informazione mediatica e si è sparsa con il passaparola tra la gente. Ha creato allarmismo, al punto tale che in molti hanno abbandonato la città per rifugiarsi in luoghi ritenuti più sicuri. Taluni hanno organizzato gite fuoriporta. Diversi negozianti hanno scelto di abbassare le saracinesche e di darsela a gambe. A nulla sono valse le dichiarazioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica, che si è prodigato a smentire il vaticinio, evidenziandone l’assoluta a-scientificità.
La notizia ha viaggiato sulla rete, sugli altri canali di informazione mediatica e si è sparsa con il passaparola tra la gente. Ha creato allarmismo, al punto tale che in molti hanno abbandonato la città per rifugiarsi in luoghi ritenuti più sicuri. Taluni hanno organizzato gite fuoriporta. Diversi negozianti hanno scelto di abbassare le saracinesche e di darsela a gambe. A nulla sono valse le dichiarazioni dell’Istituto Nazionale di Geofisica, che si è prodigato a smentire il vaticinio, evidenziandone l’assoluta a-scientificità.
La notte è da poco trascorsa e di tutto questo non vi è traccia. Le ipotesi sono due: o Bendandi ha fatto male i suoi calcoli, sbagliando clamorosamente ora e giorno, oppure si tratta dell’ennesima panzana “proto-apocalittica”.
A guardare meglio, la risposta potrebbe essere ancora più scontata: si è semplicemente trattato di ignoranza, che ha finito per generare una vera e propria psicosi di massa.
Già ignoranza, perché persino Alessandro Amato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha detto: “Nessuno hai mai previsto che l'11 maggio del 2011 ci sarà un terremoto a Roma. Neanche Bendandi l'ha mai fatto. Infatti non ci sono documenti che lo dimostrino”. Poi ha ripetuto un altro concetto fondamentale: “Nella storia ci sono una moltitudine di previsioni da 'fine del mondo', e mai si sono avverate, semplicemente perché un terremoto non si può prevedere”.[1]
Parafrasando un latinetto si potrebbe dire: “vox scientiae, vox dei”. Evidentemente, così non è, e non può essere per molti. C’è ancora il bisogno di credere alla ciarlataneria, alla stregoneria, alle profezie. L’irrazionalità non è più un atteggiamento culturale e filosofico atto a descrivere tutto ciò che non può essere “penetrato, dimostrato o giustificato dalla forza logica del pensiero, o sia comunque estraneo all’attività razionale del pensiero”[2], ma è un moto dell’ignoranza e dell’incultura di massa.
A Nietzsche e Schopenhauer da un lato, e a Galileo, Newton e Einstein dall'altro, abbiamo sostituito qualche idiota ciurmatore e una manica di giornalisti inetti in odore di un facile scoop.
Questo purtroppo generano una società caotica, un’informazione delirante e una scuola inadeguata. Solo questo, del resto, può accadere nel mondo privato della vera religione e del mito, a cui gli uomini hanno da sempre affidato le proprie angosce e paure, allorché si trovavano di fronte ad un qualcosa che non sapevano spiegare e/o affrontare.
Ammettiamolo: a furia di distruggere valori, saperi, tradizioni e quant’altro, ci ritroviamo ad essere nulla più che scatole vuote. Scatole che rischiano di riempirsi con qualunque fesseria che riesca ad assumere, in maniera neanche tanto credibile, una qualche parvenza di verità. Che siano le profezie di Nostradamus, le previsioni apocalittiche dei Maia, le invasioni degli alieni o le presunte profezie di uno scienziato deceduto, poco importa; in tanti, troppi, riescono a lasciarsi sedurre e imbrogliare. Naturalmente, tutti liberi di farlo; solo che poi non meravigliamoci quando sentiamo di persone malate che lasciano la medicina ufficiale per affidarsi a qualche ciarlatano o di altre persone raggirate dal mago o cartomante di turno. Il principio di funzionamento della "macchina dell'aggiramento" è sempre lo stesso.
Roberto Marzola.
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