BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


mercoledì 15 giugno 2011

ANCORA UNA VOLTA SUL “GRANDE PARTIGIANO” EVVIVA (COME LA CHIAMANO?) LIBERAZIONE?

di Filippo Giannini

  Fine aprile 1945, giorno della Liberazione. Voglio iniziare (ma solo per iniziare) con il ricordo di un grande uomo, grande uomo, anche se partigiano. Siano i lettori a giudicarlo.
Questo articolo necessita, però, di una premessa, cioè richiamarne alla memoria un mio precedente apparso su “Nuovo Fronte” del novembre 2000, con il titolo: “FRANCESCO MONTANARI, PARTIGIANO, MA GRANDE UOMO”. Ritengo necessario rileggerlo.
Avevo scritto: <La quiete agiografica nella quale si cullavano da anni le forze resistenziali antifasciste fu scossa violentemente un giorno del 1990. Accadde che un ex deputato comunista ed ex partigiano, l’ingegner Francesco Otello Montanari (“Cincino”), ricordando gli eccidi compiuti dai suoi compagni nelle giornate primaverili (e ben oltre) del 1945, lanciò appunto “quel giorno del 1990, un grido accorato: ‘Chi sa parli!’”.
Superfluo aggiungere che dopo quella denuncia intorno a Montanari fu eretta una cortina di silenzio e di omertà. Il dado, però, era tratto e l’ex partigiano voleva lavarsi completamente la coscienza. Nel 1994, venuto a sapere che lo Stato era pronto ad assegnare all’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) la somma di 20 miliardi, scrisse all’ex Presidente della Repubblica, Scalfaro minacciandolo: “Se consegnerete quei soldi, io mi brucerò vivo!”.
Sabato 17 febbraio 1996 “Cincino” Montanari affidò una lettera, che può essere considerata il suo testamento spirituale, ad un amico, l’avvocato Gustavo Raffi. Di quella lettera ricordiamo alcuni passi più significativi: “Sono certo che coloro i quali detengono le leve del potere faranno tutto il possibile per farmi passare per matto o anormale (…). Mi ammazzo perché so valutare la ‘sora’ morte nella maniera giusta, perché ho dignità, moralità, sensibilità e coraggio per cui, in questo letamaio pieno di miserie, ingiustizie e violenza – dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi – si potranno trovare bene i loro compari o le pecore, ma non il sottoscritto (…). Durante la guerra sono stato comandante partigiano (…). Non ho mai fatto scatenare terribili rappresaglie su gente innocente, non ho mai vigliaccamente giustiziato nessun fascista a guerra finita (…). Qui non c’è una sola cosa che funzioni per il verso giusto: si privilegiano gli stranieri illegali invece dei fratelli, si puniscono i ladri di galline e i piccoli evasori, ma mai i grossi: i sindacati insegnano solo i diritti (mai i doveri) (…). Provo ormai nausea a vivere in questa ripugnante società di ladri, di delinquenti e di pecore. Perciò vi dico ‘IO NON CI STO’ più e tolgo il disturbo!
Spero di avere sufficientemente chiarito che il mio non è un gesto inconsulto, ma un gesto di protesta nei riguardi dei principali responsabili di questo sfascio morale e materiale dell’Italia.
Vi saluto tutti, amici e nemici, e vi prometto che, se di là si sta peggio che di qua, vi scriverò. Ma se non riceverete niente, vuol dire che si sta meglio.
                                                                                                                    Francesco Montanari”>
 Il mio articolo così continuava: <I 20 miliardi furono consegnati all’A.N.P.I. e, da uomo coerente, Montanari, il 22 febbraio 1996 si dette alle fiamme ponendo atrocemente fine alla sua vita.
P.S. Da perfetti vigliacchi, ma coerenti, a parte un paio di quotidiani, i “mass-media” ignorarono il “fatto Montanari”>.
Sin qui le parti più salienti di quanto scrissi nel novembre del 2000. A metà aprile di quell’anno ricevetti una lettera dalla Direzione di “Nuovo Fronte” a firma di Livio Valentini, nella quale, in merito al “caso Montanari”, si legge: <(…). Senonché, giunto alla storia di Otello Montanari (in arte “Cincino”), mi disse che (lo scrittore Gian Paolo Pansa, nda) non era stato lui a lanciare la famosa frase. Inoltre, in occasione di una prolusione pubblica, tenuta una quindicina di giorni prima in Emilia, riguardante il suo ultimo libro, aveva incontrato il Montanari (vecchio, ma vivo e vegeto) col quale aveva avuto anche una discussione. Insomma ho rimediato una figuraccia, perché quella nota errata poteva inficiare anche la verità delle altre cose che raccontavo. Quella storia non me la sono inventata; l’ho ripresa da un articolo apparso sul n° 205 (novembre 2000) di “Nuovo Fronte”, che allego in copia.
Conoscendo la serietà del giornale, mi pare difficile che il sig. Giannini si sia inventato tutto, penso ad una omonimia (ma in tal caso non si tratterebbe di Francesco Otello Montanari, né sarebbe stato deputato)>.
Confermo tutto quel che scrissi, a parte che Francesco Montanari (“Cincino”) non fu deputato comunista (anche se sul sito http://digilander.libero.it/tricolore1/comuitalia.htm, attesta essere stato deputato comunista), ma questo, ai fini del gesto del capo partigiano, ha poca importanza. La lettera di Livio Valentini dimostra, una volta di più, la capacità dei comunisti di nascondere la verità. Infatti il Montanari incontrato da Livio Valentini doveva essere Otello Montanari (non Francesco, tanto meno “Cincino”). Ma questi non poteva non sapere che era esistito un suo omonimo e che fu proprio lui a lanciare quella frase che incriminava la maggior parte della “Resistenza”, ma soprattutto che era stato autore di un gesto tanto eclatante.
Francesco “Cincino” Montanari aveva 76 anni, era nato a Ravenna, ma abitava a Cesena. La notte del 22 febbraio 1996 salì su una vecchia “Ritmo” acquistata pochi giorni prima e la parcheggiò in San Mauro in Valle (una frazione di Cesena) dove si dette fuoco. Il suo corpo fu divorato dalle fiamme, ma rimasero intatte alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, libri che aveva posto accanto alla macchina prima dello stoico gesto. A maggior documentazione riporto uno stralcio di una lettera inviata a “Il Giornale” il 15 marzo 1997 dal signor Italo Tassinari di Padova che aveva fatto parte della stessa brigata partigiana di Montanari: <Ero amico intimo di Francesco “Cincino” Montanari, amico sino a recensire il suo ultimo libro “Qui il più pulito ha la rogna” (…). Anche Cincino Montanari era un capo partigiano che combatteva per  una Resistenza diversa e che non indusse mai ad atti come quello di Codevigo, dove la 28^ Brigata Garibaldi del Pci, comandata dal cosiddetto “eroe rosso” Boldrini, medaglia d’oro al Vm (figuriamoci) senatore della Repubblica per meriti resistenziali, passò per le armi circa 300 giovani nelle “radiose giornate” 10, 11 e 12 maggio 1945, cioè dopo la fine della guerra (…). Cincino, prima di suicidarsi, venne a trovarmi di domenica nella mia casa di Bellaria, in quel di Rimini, per salutarmi. Un addio semplice: “Caro amico Italo – mi disse – ti porto dieci copie del mio libro, diffondilo. Mi ucciderò mercoledì prossimo, perché in questo merdaio di grassatori e tangetocrati non voglio più vivere (…). Questa Italia nata dalla Resistenza, un parto che forse era meglio fosse stato aborto…”>.
Questa è la storia, per dovere di spazio molto concisa, di un grande uomo che è un onore avere avuto come avversario; non nemico. Perché poche cose ci dividevano da Lui.
   Cosa voleva dire “Cincino” con quel gesto? Chi scrive queste note può intuirlo. Forse, per iniziare, voleva denunciare se stesso come fuori legge. Fuorilegge proprio in quanto ex partigiano, perché il partigiano, dalle Convenzioni Internazionali dell’epoca non era riconosciuto come legittimo combattente, di conseguenza ogni uccisione da parte del partigiano di un fascista, o di un supposto tale, era un assassinio. Quanti furono gli assassinati nel periodo delle gloriose giornate? La cifra esatta non si sa e, forse, non si conoscerà mai. Pino Romualdi ha scritto: <Si parla di trecentomila persone, di mille famiglie interamente distrutte, di settemila donne e di molti fanciulli assassinati. I rapporti riservati che arrivano dalle province sono paurosi. Ma il governo tace>. Anch’io ricordo, ma ero un bambino, che si parlava di trecentoventimila assassinati. Ma se “il governo tace” qualcuno alla Camera parlò. In un verbale della Camera dei Deputati risulta che, nel corso di una seduta, l’onorevole Selvaggi si rivolse al Ministro degli Interni per chiarire, finalmente, quanti fascisti vennero uccisi dai partigiani a guerra conclusa. Si alzò imperiosamente l’onorevole Scotti del P.C.I. e, interrompendo il Ministro, urlò: <Sono trecentomila, li abbiamo ammazzati noi e abbiamo fatto ben!>.
   Ad ogni anniversario della “liberazione” si festeggia a San Paolo a Roma, in quanto dicono (sic!) che in quella località ebbe inizio la lotta di liberazione. Come al solito si dice mezza verità omettendo l’altra mezza. È vero che a Piazza San Paolo a Roma si sparò contro i tedeschi, ma è altrettanto vero che furono i granatieri del generale Solinas ad ingaggiare battaglia, come è vero che a battaglia terminata il generale Solinas e buona parte dei suoi granatieri aderirono alla sorgente Repubblica Sociale Italiana. E mentre i fascisti di Solinas si battevano contro i tedeschi, i partigiani dove erano? Bah!
   Quali erano le finalità dell’eroico partigiano? Ce le illustra Giorgio Bocca (sì, sì lo so che era un fervente fascista, ma sapete, come vanno le cose del mondo? Giorgio Bocca ci spiega il perché degli attentati: <Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. Ė una pedagogia impietosa, una lezione feroce>. Questo è confermato anche dal democristiano Zaccagnini che lasciò scritto: <(…). La rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista, e quindi (l’assassinio) si giustificava>.   Ecco il motivo per cui mai, e sottolineo mai nessuno si presentò per salvare dei poveri ostaggi che stavano per essere uccisi. Alt! Un momento, uno ci fu, Salvo D’Aquisto, ma era notoriamente fascista e non fece nessun attentato, ma si presentò, si fece fucilare per salvare una dozzina di innocenti ostaggi. È ovvio, qualcuno osserverà: quale fascista sabotò l’iniziativa partigiana che pretendeva dopo l’attentato, una giusta rappresaglia. Salvo D’Aquisto, presentandosi e facendosi fucilare fece in modo di non far godere agli illustri sabotatori, il giusto riconoscimento: la fucilazione degli ostaggi.
   Come doveva svolgersi la lotta partigiana? Ce lo spiega Beppe Fenoglio ne Il partigiano Jhonny. <Alle spalle, beninteso, perché non si deve affrontare il fascista a viso aperto: egli non lo merita, egli deve essere attaccato con le medesime precauzioni con le quali un uomo deve procedere con un animale>. Eroico, vero? E voi andate a festeggiare simili persone? Avete un bel fegato!
   Evviva, sempre evviva la liberazione, che ci ha portato al governo i Berlusconi, i Fini, i Pertini, i Togliatti, i Secchia e mille e mille altri fior fiore di simili gentiluomini.
   Ah, se tornassero in vita i martiri delle rappresaglie…

Ho ricevuto una mail da un caro amico, di cui indico solo le iniziali. Dato che espone il mio pensiero sulla “fausta data” , lo propongo anche ai miei amici lettori.

25 Aprile

Io domani non festeggerò!
Non festeggerò perché non c’è nulla da festeggiare, non festeggerò perché ho tanti fratelli massacrati dai partigiani da ricordare, non festeggerò perché da quella data la mia Patria è diventata una colonia asservita al potere liberale, massonico e plutocratico mondiale, non festeggerò per non unirmi a coloro che dopo venti anni di “Osanna” passarono alle “radiose giornate” del “Crucifige” e che pretendono di rappresentare la parte migliore dell’Italia, non festeggerò perché il mio cuore piangerà sul bestiale massacro del mio Duce e sullo sconcio di Piazzale Loreto!
Se altri vogliono festeggiare come gli ex camerati che anche recentemente hanno voltato le spalle al loro passato chiarendo di quale miserevole pasta sono fatti, festeggino pure nella miseria delle loro piccole ed inutili anime.
Io domani piangerò i MIEI morti, io domani ricorderò i MIEI martiri, io domani Piangerò sulla MIA Patria ridotta a serva e schiava!
Io domani non festeggerò!!!

A.M.

P.S. Aggiungo solo che quanto scritto da A.M. potrebbe essere condiviso anche dall’ex partigiano Francesco Montanari.



 P.S. UN GRAZIE ALL'AMICO GIORGIO!

4 commenti:

  1. Ancora complimenti...per la puntualità la sensibilità e la costante ricerca della verità storica! Matteo Urbani

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  2. Caro Roberto
    Non è necessario che mi ringrazi, non ho fatto altro che segnalarti un articolo interessante.
    Piuttosto vorrei aggiungerti qualcosa di mio a riguardo di un riferimento contenuto nell'articolo.
    Si tratta della "Battaglia di Porta San Paolo" in quel di Roma.
    Si dà il caso che all'epoca mio padre vivesse a Roma, proprio nei pressi della piazza su cui si apre la famosa Porta San Paolo, e che abbia avuto l'opportunità di assistere alle suddetta "Battaglia" dalle finestre di casa, con grande terrore di mia nonna che cercava di allontanarlo dalle finestre per timore che qualche colpo vagante potesse ferirlo o peggio.
    Ci crederesti se ti dico che il resoconto che me ne fece lui, testimone diretto, contrasta in modo non trascurabile con i "resoconti ufficiali" che ci ammanisce la repubblica antifascista nata dalla resistenza?
    Secondo te a chi ho creduto io?
    A mio padre o agli "storici" antifascisti?

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  3. articolo fantastico..ignoravo una storia simile
    jacopo venanzi

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  4. Innanzitutto un grazie a Matteo e Jacopo.

    Riguardo Te, caro Giorgio, mi pare giusto dare a Cesare ciò che è di Cesare: l'articolo me l'hai segnalato Tu ed è giusto che la "paternità" sia tua. Sulla storia sono senza parole e non è la prima volta. Così come non è la prima volta che le versioni risultanti da fonte "fidata" siano completamente diverse da quelle che quotidianamente vorrebbero propinarci. Ci meravigliamo?

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