Quante critiche ad Umberto Bossi e a suo figlio! Ovviamente,
se le storie sui conti privati della sua famiglia messi a carico della Lega
sono vere, direi che se le è proprio cercate e meritate. Una cosa, però, mi dà
enormemente fastidio, forse più dei privilegi e dei privilegiati: la
sfacciataggine.
Mi riferisco alla faccia tosta che, come al solito, mostrano
i compagni: da 15 anni a questa parte ne hanno dette di tutti i colori sul
conto del leader leghista; prima del sodalizio con Berlusconi, invece, era
tutto rose e fiori. Non ci credete? Forse allora non sapete che Umberto Bossi è
un prodotto di sinistra. Il suo impegno politico nasce sotto l’insegna della
falce e martello: prima il circolo comunista de “il Manifesto”, poi il Partito
di Unità Proletaria per il comunismo e infine il Partito Comunista Italiano.
Solo negli anni ’80 cambia idea ed inizia a maturare propositi autonomisti e
secessionisti.
L’idillio vero e proprio con la sinistra dei salotti buoni
d’Italia, però, avviene nel 1994 con il cd. “ribaltone”: la Lega Nord presenta
una mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi, mandandolo sotto nelle
votazioni presso le Camere e costringendolo a lasciare il posto al governo Dini
nel gennaio 1995, (a quel governo che, tanto per intenderci, portò a compimento
la riforma dell’abuso d’ufficio giusto in tempo per salvare il deretano di
Prodi, indagato proprio per abuso d'ufficio per la vicenda SME). I compagnucci
d’Italia vanno in brodo di giuggiole. Si spellano le mani dagli applausi.
Pensate, ad esempio, che Giorgio Bocca in quel periodo scrive: «Bossi ha il genio dei narratori popolari per
i paragoni che fa, le immagini che crea. Del resto è un movimento nato tra le
montagne del Bergamasco... ». La dose viene rincarata da Enzo Biagi, il
quale parla di Bossi come di «un politico
fine con un grandissimo istinto (...) Diceva Tolstoj che i Napoleoni non
nascono a caso». Ma è un po’ tutta la sinistra italiana, non solo quella
della carta stampata, a strizzare l’occhio al senatùr. Lo vede come l’uomo della
provvidenza, l’uomo giusto per stroncare il nascente pericolo berlusconiano.
Allora, tutto gli è concesso e tutto gli è perdonato: le sparate secessioniste,
le battute volgari, i discorsi contro l’immigrazione, (solitamente visti di cattivo
occhio a sinistra), e tutti gli altri aspetti caratteristici che hanno contraddistinto
Bossi in questi anni, allora non contavano nulla. Già, allora...
Come al solito, insomma, certi signori soffrono di una
carenza di memoria storica. Non ricordano o fanno finta di non ricordare le
benedizioni, gli occhietti languidi e le effusioni. Adesso Bossi è solo uno dei
tanti nella lista dei nemici e, come tale, pronto per essere oggetto di ogni
sorta d’insulto. Come durano poco gli amori a sinistra: finiscono sempre per
lasciare spazio all’odio. E’ successo ieri, succede di nuovo oggi. Tutto
cambia: gli uomini, le stagioni politiche, le stagioni... Tranne i compagnucci di casa nostra, (o almeno buona parte di essi): loro restano sempre i soliti vigliacchetti. Poveracci!
Roberto Marzola.
Caro Roberto
RispondiEliminaA ulteriore supporto della tua tesi riporto di seguito le parole non di qualche giornalista schierato ma di un nume politico della sinistra.
Facendo un semplice copia/incolla da Wikipedia, dove certamente non si manifestano idee leghiste o destrorse si può leggere:
""Intervistato da il manifesto il 31 ottobre 1995 l'allora segretario del PDS Massimo D'Alema affermò che «la Lega c'entra moltissimo con la sinistra, non è una bestemmia. Tra la Lega e la sinistra c'è forte contiguità sociale. Il maggior partito operaio del Nord è la Lega, piaccia o non piaccia. È una nostra costola, è stato il sintomo più evidente e robusto della crisi del nostro sistema politico e si esprime attraverso un anti-statalismo democratico e anche antifascista che non ha nulla a vedere con un blocco organico di destra»
L'idea dalemiana della lega come «costola della sinistra» non fu subito condivisa da molti .......e per questo ha lasciato una forte eco.
Ancora nel 2009 D'Alema ritornando su quella dichiarazione, ha rivendicato che «era un'analisi giustissima. Adesso che gli operai votano Lega lo dicono tutti, io l'ho detto 15 anni fa».
Va tuttavia precisato che nel 1995 PDS e Lega erano alleati nel comune sostegno al governo Dini e che D'Alema sperava di stabilizzare il rapporto a sostegno nell'allora emergente Ulivo di Romano Prodi, come il segretario pidiessino aveva già proposto al congresso leghista l'11 febbraio 1995.
Lo stesso D'Alema poi non mancherà di spiegare ai lettori francesi di Le Monde nel 1998 che «La Lega è un partito razzista. I leghisti sono antifascisti, ma razzisti» ovvero «una strana forma di lepenismo non fascista del Nord»."" ...fine citazione
Non faccio commenti, perchè le mie parole potrebbe sembrare condizionate dalle mie opinioni ma, per fortuna, le dichiarazioni sopra citate parlano da sole.