L’ultima tendenza in Italia è quella di descrivere Israele
come un Paese da prendere ad esempio. Le parole d’elogio vengono da ogni dove:
da Fini a Monti, da Saviano a Travaglio, da Veltroni a Umberto Eco. Tutti
questi “grandi pensatori” di casa nostra non hanno mancato di celebrare “l’unica democrazia del medio oriente”;
hanno sottolineato come “questa
democrazia sotto assedio si sta costruendo, si è costruita, ha raggiunto degli
obbiettivi importanti, anche sul piano dell’accoglienza”; lo hanno eletto
come “amico dell’Occidente contro la
minaccia araba”.
Parole che fanno accapponare la pelle; parole che lasciano
perplessi e che suscitano una domanda: ma questi signori sono così ciechi ed ignoranti o, più semplicemente, sono solo
dei grandissimi paraculo? Un interrogativo lecito, almeno per chi conosce un
minimo la storia di questo Stato. Uno Stato che è una pura invenzione politica,
perché privo dei tipici elementi "ontologici": non esiste una comunanza di sangue , né un
territorio d’origine, né un popolo preciso. Niente di niente. Stiamo parlando,
infatti, di un popolo che non esiste più dal 722 a.C., anno della dominazione
assira, seguita da quella babilonese, poi da quella persiana e da quella
romana. Parliamo di una terra che ha smesso di chiamarsi “Judea” dal 135 d.C., allorché l’imperatore Adriano la nominò “Provincia
Syria Palaestina”, ossia “terra
dei Filistei”, un popolo di probabilissima origine indoeuropea. Sin da questa
epoca risalente, non vi è traccia di un popolo o di uno stato ebraico. Le prime
tracce si rinvengono soltanto nel XIX secolo, quando nasce il sionismo: il movimento
ebraico per la nascita dello Stato di Israele. A cavallo tra ‘800 e ‘900
inizieranno i primi acquisti di terreni da parte dei coloni semiti. E’, però,
dopo la fine della Prima Guerra Mondiale che inizia a prendere davvero forma la “Terra Promessa”, a causa della caduta dell’Impero Ottomano e
del mandato, conferito alla Gran Bretagna, di creare uno Stato ebraico.
Cominciano subito le prime rivendicazioni da parte dei coloni: gli ebrei,
guidati da Vladimir Jabotinskij, nel
1929 marciano sul Muro del Pianto chiedendo il riconoscimento dell’esclusiva
proprietà della Città Santa in capo ai figli di Davide. Seguono anni di violenti
scontri tra arabi ed ebrei. Questi ultimi faranno sovente ricorso al terrorismo come strumento di lotta: nel 1931, infatti, nascono le organizzazioni terroristiche
Lohamei Herut Israel e Irgun Zvai Leumi, che
faranno esplodere bombe in luoghi pubblici, uccideranno mediatori ONU e
compiranno ogni sorta di atrocità contro la popolazione civile. A causa dei
numerosi attentati, la Gran Bretagna rimetterà nelle mani delle Nazioni Unite
il mandato per la creazione dello Stato d’Israele.
Nel 1947 viene emanata la
famosa Risoluzione dell’Assemblea Generale n.181, con cui nasce formalmente uno
Stato Ebraico. E’ l’alba della guerra arabo-israeliana del 1948, che causerà l’esodo
di 700 mila profughi arabi, cui sarà impedito di far ritorno in patria dopo la
guerra, in aperto contrasto con l’art. 13 della Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo. Seguiranno la guerra per il Canale di Suez, la Guerra dei
Sei Giorni, lo Yom Kippur, le due Intifade, la guerra col Libano. Conflitti che
Israele combatterà avendo sempre al suo fianco le potenze occidentale, (gli
USA, la Francia, e la Gran Bretagna), causando la morte di quasi 30.000 arabi
contro le circa 5000 ebraiche.
Una storia, come si può ben vedere, fatta di violenza e alleanze trasversali, spesso condotta con metodi contrari alle leggi internazionali, di guerra ma non solo; dei metodi criminali, dunque, che di certo Israele non ha messo da parte. Da decenni, infatti, prosegue una vera e propria pulizia etnica contro la popolazione palestinese, compiuta nel silenzio assordante della comunità internazionale: missili su scuole, ospedali ed abitazioni civili; bombe al fosforo bianco, (vietate dalle Convenzioni Internazionali); uccisioni preventive di presunti terroristi di Hamas senza lo straccio di un processo; blocco dei valichi, che soffocano l’economia palestinese ed impediscono l’approvvigionamento di viveri e medicinali; bambini usati come scudi umani; espropriazione di terre coltivabili per la costruzioni del celebre muro; diritti speciali per i cittadini israeliani e pochissimi diritti riconosciuti a quelli palestinesi…
Questo è ciò che Israele quotidianamente compie nei confronti della popolazione palestinese, che – va detto- sicuramente non è composta da soli terroristi di Hamas. La rete è piena di prove in tal senso: video, interviste, relazioni internazionali e quant’altro. Basta una semplice ricerca. Se non vi basta, potete leggere ciò che da qualche tempo hanno preso a fare e a dire intellettuali di livello mondiale per denunciare le violenze di Israele ed il suo tentativo di pulizia etnica. José Saramago, in tempi non sospetti, fece affermazioni chiare ed inequivocabili: “Gli ebrei non meritano più comprensione per le sofferenze patite durante l'Olocausto. Vivere nell'ombra dell'Olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni”. A chi lo accusò di antisemitismo, rispose in una lettera congiunta, in cui, parlando dell’operato di Israele, disse: “[…]accuse e solenni promesse, servono solo da distrazione per evitare che il mondo presti attenzione ad uno stratagemma militare, economico e geografico di lungo termine il cui obiettivo politico non è niente di meno che la liquidazione della nazione palestinese. Questo bisogna dirlo forte e chiaro perché lo stratagemma, solo per metà manifesto, ed a volte occulto, avanza molto rapidamente nei giorni che passano e, secondo la nostra opinione, dobbiamo riconoscerlo quale è, incessantemente ed eternamente, ed opporci ad esso”(fonte).
Una storia, come si può ben vedere, fatta di violenza e alleanze trasversali, spesso condotta con metodi contrari alle leggi internazionali, di guerra ma non solo; dei metodi criminali, dunque, che di certo Israele non ha messo da parte. Da decenni, infatti, prosegue una vera e propria pulizia etnica contro la popolazione palestinese, compiuta nel silenzio assordante della comunità internazionale: missili su scuole, ospedali ed abitazioni civili; bombe al fosforo bianco, (vietate dalle Convenzioni Internazionali); uccisioni preventive di presunti terroristi di Hamas senza lo straccio di un processo; blocco dei valichi, che soffocano l’economia palestinese ed impediscono l’approvvigionamento di viveri e medicinali; bambini usati come scudi umani; espropriazione di terre coltivabili per la costruzioni del celebre muro; diritti speciali per i cittadini israeliani e pochissimi diritti riconosciuti a quelli palestinesi…
Questo è ciò che Israele quotidianamente compie nei confronti della popolazione palestinese, che – va detto- sicuramente non è composta da soli terroristi di Hamas. La rete è piena di prove in tal senso: video, interviste, relazioni internazionali e quant’altro. Basta una semplice ricerca. Se non vi basta, potete leggere ciò che da qualche tempo hanno preso a fare e a dire intellettuali di livello mondiale per denunciare le violenze di Israele ed il suo tentativo di pulizia etnica. José Saramago, in tempi non sospetti, fece affermazioni chiare ed inequivocabili: “Gli ebrei non meritano più comprensione per le sofferenze patite durante l'Olocausto. Vivere nell'ombra dell'Olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni”. A chi lo accusò di antisemitismo, rispose in una lettera congiunta, in cui, parlando dell’operato di Israele, disse: “[…]accuse e solenni promesse, servono solo da distrazione per evitare che il mondo presti attenzione ad uno stratagemma militare, economico e geografico di lungo termine il cui obiettivo politico non è niente di meno che la liquidazione della nazione palestinese. Questo bisogna dirlo forte e chiaro perché lo stratagemma, solo per metà manifesto, ed a volte occulto, avanza molto rapidamente nei giorni che passano e, secondo la nostra opinione, dobbiamo riconoscerlo quale è, incessantemente ed eternamente, ed opporci ad esso”(fonte).
Per la causa palestinese si è speso anche Nelson Mandela, il
quale nel gennaio del 2009 scrisse una lettera ad un articolista del New York
Times, (consultabile per intero qui),
in cui disse: “Thomas, se vedi i sondaggi fatti in Israele negli ultimi trent’anni,
scoprirai chiaramente che un terzo degli israeliani è preda
di un volgare razzismo e si dichiara apertamente razzista. Questo razzismo e’
della natura di: ‘Odio gli arabi’ e ‘Vorrei che gli arabi morissero’. Se
controlli anche il sistema giudiziario in Israele, vi troverai molte
discriminazioni contro i palestinesi. E se consideri i territori occupati nel
1967, scoprirai che vi si trovano già due differenti sistemi giudiziari che
rappresentano due differenti approcci alla vita umana: uno per le vite
palestinesi, l’altro per quelle ebraiche. Ed inoltre, vi sono due diversi
approcci alla proprietà ed alla terra. La proprietà palestinese non è
riconosciuta come proprietà privata perché può essere confiscata. […]Israele
ha privato milioni di palestinesi della loro proprietà e della loro libertà. Ha
perpetuato un sistema di gravi discriminazioni razziali e di disuguaglianza. Ha
sistematicamente incarcerato e torturato migliaia di palestinesi, contro tutte
le regole della legge internazionale. In particolare, esso ha sferrato una
guerra contro una popolazione civile, in particolare bambini”.
Di recente, anche il Nobel per la poesia Gunter Grass ha
deciso di alzare la voce contro Israele, scrivendo una poesia dal titolo: “Quello
che va detto”, (qui la
traduzione), in cui il poeta tedesco confessa:
“Mi sento oppresso dal peso della menzogna
e costretto a sottostarvi, avendo ben presente la pena in cui si incorre
quando la si ignora:
e costretto a sottostarvi, avendo ben presente la pena in cui si incorre
quando la si ignora:
il verdetto di 'antisemitismo' è di uso normale”.
Versi e confessioni che gli sono valsi un veto: quello di
non poter entrare in Israele. Una sorte simile ma ancor più atroce, invece, è toccata al premio
Nobel per la pace Maguire: espulsa perché aveva cercato di rompere il blocco di
Gaza, dopo sei giorni di carcere. Blocco ed espulsione toccati in questi giorni anche agli
attivisti filo-palestinesi di “Flytilla”, tra cui l’italiano Vauro. Non si può certo che Israele sia incoerente da questo punto di vista!
Direi che simili gesti, simili scelte politico-militiari e simili atti di guerra si commentano da soli, senza bisogno che io aggiunga altre parole. Aggiungo solo che quanto ho scritto fino ad ora mi induce a ritenere Israele un pericolo per gli equilibri economici e politici dell’intero bacino medio-orientale. Anzi, vi dirò di più: Israele è forse il peggior nemico dell’Occidente, del quale rappresenta l'esatta negazione. Un nemico che, in quanto tale, più che avvicinato, va isolato e combattuto senza tregua su tutti fronti, smarcandosi dalla solita retorica e dai soliti tentativi di riallacciare le denunce contro l'operato d'Israele all’Olocausto degli anni ’40, (come puntualmente avviene!), con il quale, invece, non hanno niente a che vedere. Dobbiamo farlo; dobbiamo per forza di cose sostenere il popolo palestinese perché riacquisti la sua sovranità, la sua indipendenza e il suo diritto all’autodeterminazione. Non tanto e non solo per mera solidarietà, ma perché ce lo impongono la nostra cultura, la nostra coscienza, la nostra civiltà, i nostri valori e le nostre idee. Boicottiamo Israele, dunque. Più che un motto. Praticamente un imperativo morale. Categorico ed occidentalissimo.
Roberto Marzola.
"mai dalla parte di israele" ???
RispondiEliminaposso essere d'accordo, non smanio di simpatia per chi sbandiera la stella di davide.
Però dico a tutti: Attenti!!!
Biasimare israele non può diventare una scusa per lodare automaticamente e in maniera acritica qualsiasi iniziativa che si oppone ad israele.
Cerchiamo di non trasformarci in utili idioti a supporto di organizzazioni terroristiche come Hamas o Hezbollah; perchè se è vero che odiano israele, e spesso ne hanno buini motivi, non sono certo degli amanti di quelli che definiscono "crociati", cioè noi occidentali e i Cristiani in genere. La sorte e le peripezie dei palestinesi di religione cristiana che vivono nei territori amministrati dall'ANP e da Hamas dovrebbe pur insegnarci qualcosa.
Non sono certo filo-islamico. Mica sono impazzito!
EliminaIntendo solo dire che il popolo palestinese non è formato da soli terroristi di Hamas e che ha diritto ad un proprio Stato, ad essere autonomo, a darsi leggi, a vivere in pace. Dico solo che i bambini palestinesi dovrebbero aver diritto di andare in scuole decenti, senza correre il rischio di non rientrare a casa; che i malati palestinesi hanno il diritto di essere curati in un ospedale degno di essere chiamato tale, senza dover rischiare di perire non per le ferite o per la malattia, bensì per un missile israeliano; che i lavoratori palestinesi dovrebbero poter pescare senza che le loro barche vengano confinate entro un miglio dalla costa sotto la minaccia delle motovedette israeliane, poter coltivare senza che i terreni agricoli vengono espropriati in men che non si dica, e lavorare senza che le fabbriche vengano rase al suolo dai razzi; che i presunti terroristi hanno diritto di essere giudicati da un giudice terzo ed imparziale, quando invece vengono uccisi come ratti in mezzo alla strada, nelle loro case, spesso mentre sono con i loro familiari; che i palestinesi hanno diritto alla casa e alla proprietà come tutti...
Dico solo queste e tante altre cose. Poi è chiaro che se la discussione si sposta sull'Islam...beh, è un altro paio di maniche!
Saluti!
Caro amico
EliminaCome non darti ragione, tutto ciò che hai detto è vero e sacrosanto.
Però è altrettanto vero che la maggioranza della popolazione Palestinese che risiede nella Striscia di Gaza ha optato per Hamas, piuttosto che per l'OLP; e non possiamo negare che, se da un lato la politica israeliana è criminale, dall'altro sono anche certi dirigenti palestinesi che trascinano il loro popolo in una spirale di violenza senza fine; gli uni usano i bambini come scudi umani mentre gli altri se ne fottono dei bambini usati come scudi. Se nessuna delle due parti si rende disponibile per la ricerca di una soluzione di compromesso, dove forzatamente entrambe dovranno cedere su qualcosa, non se ne verrà mai fuori.E questo a prescindere dalle simpatie religiose verso l'Islam o Javè.
Sai, caro Giorgio, leggendo le notizie che vengono dalla Palestina mi sono chiesto più volte cosa avrei fatto se fossi stato io un palestinese. Forse mi sarei arruolato tra i terroristi di Hamas; forse mi avrebbero ammazzato mentre per rabbia lanciavo un sasso contro il regolare esercito israeliano, come purtroppo è avvenuto a tanti giovanissimi palestinesi.
EliminaSu una cosa non solo assolutamente d'accordo: sul compromesso. A mio avviso, le istituzioni internazionali dovrebbero semplicemente intimare ad Israele di rientrare nei territori originariamente disgnati nella relazione 181 e ad abbandonare tutti quelli occupati con le armi, specialmente quelli espropriati ai contadini palestinesi. Su quelle terre deve nascere il libero stato della Palestina, formalmente riconosciuto e tutelato dalle stesse istituzioni internazionali. Ci avevano provato tempo fa; non se ne è saputo più niente... Aspettiamo fiduciosi!