BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


lunedì 16 aprile 2012

MAI DALLA PARTE DI ISRAELE


L’ultima tendenza in Italia è quella di descrivere Israele come un Paese da prendere ad esempio. Le parole d’elogio vengono da ogni dove: da Fini a Monti, da Saviano a Travaglio, da Veltroni a Umberto Eco. Tutti questi “grandi pensatori” di casa nostra non hanno mancato di celebrare “l’unica democrazia del medio oriente”; hanno sottolineato come “questa democrazia sotto assedio si sta costruendo, si è costruita, ha raggiunto degli obbiettivi importanti, anche sul piano dell’accoglienza”; lo hanno eletto come “amico dell’Occidente contro la minaccia araba”.
Parole che fanno accapponare la pelle; parole che lasciano perplessi e che suscitano una domanda: ma questi signori sono così ciechi ed ignoranti o, più semplicemente, sono solo dei grandissimi paraculo? Un interrogativo lecito, almeno per chi conosce un minimo la storia di questo Stato. Uno Stato che è una pura invenzione politica, perché privo dei tipici elementi "ontologici": non esiste una comunanza di sangue , né un territorio d’origine, né un popolo preciso. Niente di niente. Stiamo parlando, infatti, di un popolo che non esiste più dal 722 a.C., anno della dominazione assira, seguita da quella babilonese, poi da quella persiana e da quella romana. Parliamo di una terra che ha smesso di chiamarsi “Judea” dal 135 d.C., allorché l’imperatore Adriano la nominò “Provincia Syria Palaestina”, ossia “terra dei Filistei”, un popolo di probabilissima origine indoeuropea. Sin da questa epoca risalente, non vi è traccia di un popolo o di uno stato ebraico. Le prime tracce si rinvengono soltanto nel XIX secolo, quando nasce il sionismo: il movimento ebraico per la nascita dello Stato di Israele. A cavallo tra ‘800 e ‘900 inizieranno i primi acquisti di terreni da parte dei coloni semiti. E’, però, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale che inizia a prendere davvero forma la “Terra Promessa”, a causa della caduta dell’Impero Ottomano e del mandato, conferito alla Gran Bretagna, di creare uno Stato ebraico. Cominciano subito le prime rivendicazioni da parte dei coloni: gli ebrei, guidati da Vladimir Jabotinskij, nel 1929 marciano sul Muro del Pianto chiedendo il riconoscimento dell’esclusiva proprietà della Città Santa in capo ai figli di Davide. Seguono anni di violenti scontri tra arabi ed ebrei. Questi ultimi faranno sovente ricorso al terrorismo come strumento di lotta: nel 1931, infatti, nascono le organizzazioni terroristiche Lohamei Herut Israel e Irgun Zvai Leumi, che faranno esplodere bombe in luoghi pubblici, uccideranno mediatori ONU e compiranno ogni sorta di atrocità contro la popolazione civile. A causa dei numerosi attentati, la Gran Bretagna rimetterà nelle mani delle Nazioni Unite il mandato per la creazione dello Stato d’Israele. 
Nel 1947 viene emanata la famosa Risoluzione dell’Assemblea Generale n.181, con cui nasce formalmente uno Stato Ebraico. E’ l’alba della guerra arabo-israeliana del 1948, che causerà l’esodo di 700 mila profughi arabi, cui sarà impedito di far ritorno in patria dopo la guerra, in aperto contrasto con l’art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Seguiranno la guerra per il Canale di Suez, la Guerra dei Sei Giorni, lo Yom Kippur, le due Intifade, la guerra col Libano. Conflitti che Israele combatterà avendo sempre al suo fianco le potenze occidentale, (gli USA, la Francia, e la Gran Bretagna), causando la morte di quasi 30.000 arabi contro le circa 5000 ebraiche.  
Una storia, come si può ben vedere, fatta di violenza e alleanze trasversali, spesso condotta con metodi contrari alle leggi internazionali, di guerra ma non solo; dei metodi criminali, dunque, che di certo Israele non ha messo da parte. Da decenni, infatti, prosegue una vera e propria pulizia etnica contro la popolazione palestinese, compiuta nel silenzio assordante della comunità internazionale: missili su scuole, ospedali ed abitazioni civili; bombe al fosforo bianco, (vietate dalle Convenzioni Internazionali); uccisioni preventive di presunti terroristi di Hamas senza lo straccio di un processo; blocco dei valichi, che soffocano l’economia palestinese ed impediscono l’approvvigionamento di viveri e medicinali; bambini usati come scudi umani; espropriazione di terre coltivabili per la costruzioni del celebre muro; diritti speciali per i cittadini israeliani e pochissimi diritti riconosciuti a quelli palestinesi…
Questo è ciò che Israele quotidianamente compie nei confronti della popolazione palestinese, che – va detto- sicuramente non è composta da soli terroristi di Hamas. La rete è piena di prove in tal senso: video, interviste,  relazioni internazionali e quant’altro. Basta una semplice ricerca. Se non vi basta, potete leggere ciò che da qualche tempo hanno preso a fare e a dire intellettuali di livello mondiale per denunciare le violenze di Israele ed il suo tentativo di pulizia etnica. José Saramago, in tempi non sospetti, fece affermazioni chiare ed inequivocabili: “Gli ebrei non meritano più comprensione per le sofferenze patite durante l'Olocausto. Vivere nell'ombra dell'Olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni”. A chi lo accusò di antisemitismo, rispose in una lettera congiunta, in cui, parlando dell’operato di Israele, disse: “[…]accuse e solenni promesse, servono solo da distrazione per evitare che il mondo presti attenzione ad uno stratagemma militare, economico e geografico di lungo termine il cui obiettivo politico non è niente di meno che la liquidazione della nazione palestinese. Questo bisogna dirlo forte e chiaro perché lo stratagemma, solo per metà manifesto, ed a volte occulto, avanza molto rapidamente nei giorni che passano e, secondo la nostra opinione, dobbiamo riconoscerlo quale è, incessantemente ed eternamente, ed opporci ad esso”(fonte).
Per la causa palestinese si è speso anche Nelson Mandela, il quale nel gennaio del 2009 scrisse una lettera ad un articolista del New York Times, (consultabile per intero qui), in cui disse: “Thomas, se vedi i sondaggi fatti in Israele negli ultimi trent’anni, scoprirai chiaramente che un terzo degli israeliani è preda di un volgare razzismo e si dichiara apertamente razzista. Questo razzismo e’ della natura di: ‘Odio gli arabi’ e ‘Vorrei che gli arabi morissero’. Se controlli anche il sistema giudiziario in Israele, vi troverai molte discriminazioni contro i palestinesi. E se consideri i territori occupati nel 1967, scoprirai che vi si trovano già due differenti sistemi giudiziari che rappresentano due differenti approcci alla vita umana: uno per le vite palestinesi, l’altro per quelle ebraiche. Ed inoltre, vi sono due diversi approcci alla proprietà ed alla terra. La proprietà palestinese non è riconosciuta come proprietà privata perché può essere confiscata. […]Israele ha privato milioni di palestinesi della loro proprietà e della loro libertà. Ha perpetuato un sistema di gravi discriminazioni razziali e di disuguaglianza. Ha sistematicamente incarcerato e torturato migliaia di palestinesi, contro tutte le regole della legge internazionale. In particolare, esso ha sferrato una guerra contro una popolazione civile, in particolare bambini”.
Di recente, anche il Nobel per la poesia Gunter Grass ha deciso di alzare la voce contro Israele, scrivendo una poesia dal titolo: “Quello che va detto”, (qui la traduzione), in cui il poeta tedesco confessa:
Mi sento oppresso dal peso della menzogna
e costretto a sottostarvi, avendo ben presente la pena in cui si incorre
quando la si ignora:
il verdetto di 'antisemitismo' è di uso normale.
Versi e confessioni che gli sono valsi un veto: quello di non poter entrare in Israele. Una sorte simile ma ancor più atroce, invece, è toccata al premio Nobel per la pace Maguire: espulsa perché aveva cercato di rompere il blocco di Gaza, dopo sei giorni di carcere. Blocco ed espulsione toccati in questi giorni anche agli attivisti filo-palestinesi di “Flytilla”, tra cui l’italiano Vauro. Non si può certo che Israele sia incoerente da questo punto di vista!

Direi che simili gesti, simili scelte politico-militiari e simili atti di guerra si commentano da soli, senza bisogno che io aggiunga altre parole. Aggiungo solo che quanto ho scritto fino ad ora mi induce a ritenere Israele un pericolo per gli equilibri economici e politici dell’intero bacino medio-orientale. Anzi, vi dirò di più: Israele è forse il peggior nemico dell’Occidente, del quale rappresenta l'esatta negazione. Un nemico che, in quanto tale, più che avvicinato, va isolato e combattuto senza tregua su tutti fronti, smarcandosi dalla solita retorica e dai soliti tentativi di riallacciare le denunce contro l'operato d'Israele all’Olocausto degli anni ’40, (come puntualmente avviene!), con il quale, invece, non hanno niente a che vedere. Dobbiamo farlo; dobbiamo per forza di cose sostenere il popolo palestinese perché riacquisti la sua sovranità, la sua indipendenza e il suo diritto all’autodeterminazione. Non tanto e non solo per mera solidarietà, ma perché ce lo impongono la nostra cultura, la nostra coscienza, la nostra civiltà, i nostri valori e le nostre idee. Boicottiamo Israele, dunque. Più che un motto. Praticamente un imperativo morale. Categorico ed occidentalissimo.

Roberto Marzola.


4 commenti:

  1. "mai dalla parte di israele" ???
    posso essere d'accordo, non smanio di simpatia per chi sbandiera la stella di davide.
    Però dico a tutti: Attenti!!!
    Biasimare israele non può diventare una scusa per lodare automaticamente e in maniera acritica qualsiasi iniziativa che si oppone ad israele.
    Cerchiamo di non trasformarci in utili idioti a supporto di organizzazioni terroristiche come Hamas o Hezbollah; perchè se è vero che odiano israele, e spesso ne hanno buini motivi, non sono certo degli amanti di quelli che definiscono "crociati", cioè noi occidentali e i Cristiani in genere. La sorte e le peripezie dei palestinesi di religione cristiana che vivono nei territori amministrati dall'ANP e da Hamas dovrebbe pur insegnarci qualcosa.

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    1. Non sono certo filo-islamico. Mica sono impazzito!
      Intendo solo dire che il popolo palestinese non è formato da soli terroristi di Hamas e che ha diritto ad un proprio Stato, ad essere autonomo, a darsi leggi, a vivere in pace. Dico solo che i bambini palestinesi dovrebbero aver diritto di andare in scuole decenti, senza correre il rischio di non rientrare a casa; che i malati palestinesi hanno il diritto di essere curati in un ospedale degno di essere chiamato tale, senza dover rischiare di perire non per le ferite o per la malattia, bensì per un missile israeliano; che i lavoratori palestinesi dovrebbero poter pescare senza che le loro barche vengano confinate entro un miglio dalla costa sotto la minaccia delle motovedette israeliane, poter coltivare senza che i terreni agricoli vengono espropriati in men che non si dica, e lavorare senza che le fabbriche vengano rase al suolo dai razzi; che i presunti terroristi hanno diritto di essere giudicati da un giudice terzo ed imparziale, quando invece vengono uccisi come ratti in mezzo alla strada, nelle loro case, spesso mentre sono con i loro familiari; che i palestinesi hanno diritto alla casa e alla proprietà come tutti...

      Dico solo queste e tante altre cose. Poi è chiaro che se la discussione si sposta sull'Islam...beh, è un altro paio di maniche!

      Saluti!

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    2. Caro amico
      Come non darti ragione, tutto ciò che hai detto è vero e sacrosanto.
      Però è altrettanto vero che la maggioranza della popolazione Palestinese che risiede nella Striscia di Gaza ha optato per Hamas, piuttosto che per l'OLP; e non possiamo negare che, se da un lato la politica israeliana è criminale, dall'altro sono anche certi dirigenti palestinesi che trascinano il loro popolo in una spirale di violenza senza fine; gli uni usano i bambini come scudi umani mentre gli altri se ne fottono dei bambini usati come scudi. Se nessuna delle due parti si rende disponibile per la ricerca di una soluzione di compromesso, dove forzatamente entrambe dovranno cedere su qualcosa, non se ne verrà mai fuori.E questo a prescindere dalle simpatie religiose verso l'Islam o Javè.

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    3. Sai, caro Giorgio, leggendo le notizie che vengono dalla Palestina mi sono chiesto più volte cosa avrei fatto se fossi stato io un palestinese. Forse mi sarei arruolato tra i terroristi di Hamas; forse mi avrebbero ammazzato mentre per rabbia lanciavo un sasso contro il regolare esercito israeliano, come purtroppo è avvenuto a tanti giovanissimi palestinesi.

      Su una cosa non solo assolutamente d'accordo: sul compromesso. A mio avviso, le istituzioni internazionali dovrebbero semplicemente intimare ad Israele di rientrare nei territori originariamente disgnati nella relazione 181 e ad abbandonare tutti quelli occupati con le armi, specialmente quelli espropriati ai contadini palestinesi. Su quelle terre deve nascere il libero stato della Palestina, formalmente riconosciuto e tutelato dalle stesse istituzioni internazionali. Ci avevano provato tempo fa; non se ne è saputo più niente... Aspettiamo fiduciosi!

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