Come forse qualcuno di voi ricorderà, tempo fa scrivevo di come in Italia fosse scomparsa la parola "sociale". In poche parole, lamentavo la distanza sempre più marcata tra lo Stato e i cittadini, con gli ultimi letteralmente abbandonati ai loro destini, alle regole del mercato e al maremoto che sta scuotendo le borse di tutto il mondo.
Tale frattura non ha risparmiato nemmeno le calamità naturali, a causa di un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale da qualche giorno. Sto parlando del decreto contenente la riforma della Protezione Civile. Forse ne avrete già avuto notizia. Per farla breve, in base a questa nuova normativa lo Stato non sosterrà più la ricostruzione degli edifici privati colpiti da calamità naturali, i cui costi graveranno interamente sulla collettività. Come se non bastasse, poi, alle Regioni sarà definitivamente riconosciuta la possibilità di aumentare il costo del carburante di 5 centesimi qualora dovessero aver bisogno, per i motivi più disparati, di liquidità.
Intendiamoci: in Italia, purtroppo, le catastrofi naturali sono state una ulteriore occasione per sperperare quattrini pubblici. Basti pensare, ad esempio, che il disastroso terremoto che colpì l'Irpinia è costato allo Stato italiano più di 60 mila miliardi di vecchie lire. Cifra peraltro destinata a crescere, dato che l'erogazione di fondi è prevista fino al 2022. Una follia, che non può essere sostenuta né tollerata.
Stavolta, però, siamo andati troppo oltre, arrivando all'estremo opposto, vale a dire la totale indifferenza, il più completo menefreghismo. Le popolazioni dell'Emilia-Romagna, forse, riusciranno a godere della vecchia disciplina, in quanto il decreto ha un regime transitorio di 90 giorni; ma cosa sarà per i prossimi sciagurati? L'Italia, purtroppo, è un Paese ad alto rischio sismico. Per giunta, ogni anno capita sempre di sentire di episodi di alluvioni, frane e smottamenti che spazzano via strade, negozi e imprese. E allora che faranno quelle famiglie? Cosa ne sarà di quei lavoratori e di quelle aziende? Chi darà loro una mano? Chi li aiuterà a rialzarsi dopo la catastrofe?
Domande che hanno una sola risposta possibile: si dovranno arrangiare da sé. Perchè? Perché, ieri, una classe politica inetta e corrotta non ha saputo controllare che i soldi pubblici venissero erogati con parsimonia e gestiti per lo scopo per cui erano stati sborsati, mentre oggi una ancor più incapace e venduta ha deciso che il rigore imposto dall'Europa è più importante delle vite di tanti poveri disgraziati. Con l'aria che tira, insomma, c'è solo da confidare nel buon Dio; bisogna solo auguarsi che Madre Natura sia clemente e non scagli la propria furia contro di noi. Resta la speranza insomma. Peccato che, come recita un certo proverbio, chi visse sperando non abbia fatto proprio una fine onerovole. Evidentemente, vista la nostra assoluta indolenza e la nostra ignavia, ci meritiamo anche questo. Tanto per restare sul proverbiale: "chi è causa del suo mal pianga se stesso". Non c'è davvero bisogno di aggiungere altro.
Roberto Marzola.
Dopo una lunga gestazione nasce un blog giovane,ponderato e politically Scorrect: senza peli sulla lingua,senza freni.Un viaggio a 300 all'ora sulla realtà passata e contemporanea,per scalzare dal loro scranno i baroni della politica, della morale,della storia e,più in generale,della cultura! Questo blog lotta con ARIES OFFICINA NAZIONAL POPOLARE.
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Mio padre diceva:
RispondiEliminachi vive sperando, muore ca@@@do...ci siamo intesi...
Siamo soli quaggiù...anche Dio (sempre se c'è) si è dimenticato di noi.