Il Gran Maestro Mario Monti è stato chiaro: “servono 4,2
miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva dal primo ottobre”. Inevitabili le reazioni esagitate degli
interpreti politici e l’ansia degli italiani, spaventati dalla possibilità di
ulteriori prelievi dalle loro tasche, vuoi sotto forma di IVA al 23%, vuoi
sotto forma di patrimoniale, (come proposto da quella “scienziata” della
Camusso, che vorrebbe colpire ancora una volta il ceto medio, vera spina
dorsale del sistema economico italiano!).
Ho sentito parlare di tutto e il contrario di tutto: taglio
dei microtribunali, sforbiciate alla sanità, riduzione del personale e via
discorrendo. Di alcune cose, però, non sento affatto parlare: tagli al
superfluo e ai privilegi. Perché il professore non comincia ad alzare un pochino lo sguardo
verso l’alto, giusto per distoglierlo un attimo dal popolino? Un primo passo
potrebbe essere sicuramente quello di snellire i costi della politica, laddove -si badi bene- per “politica” intendo non solo le due Camere, ma il sistema
complessivamente inteso, comprensivo degli organismi di governo locale. A tal proposito, uno studio della
Confcommercio del settembre 2011, (disponibile qui),
stimava in oltre 9,1 miliardi di euro il costo della rappresentanza politica e
ipotizzava quanto segue: “Il costo
complessivo vale in termini medi poco più di 59mila euro per ciascun
rappresentante eletto su base nazionale e locale (cioè 9.148,6 miliardi di euro
diviso per gli oltre 154mila membri di organi collegiali). Stimando una
proporzione di riduzione di eletti a qualsiasi livello pari a circa il 36,5%,
valore che proviene dalla spesso ipotizzata operazione di passaggio dagli
attuali 945 parlamentari a 600 rappresentanti, suddivisi in 400 deputali alla
Camera e 200 senatori presso il costituendo senato federale, si otterrebbe a
regime un risparmio di oltre 3,3
miliardi di euro all’anno”. Prosegue l’organismo di rappresentanza
delle imprese: “Per dare un senso a
queste cifre, si può ricordare che quei circa 3,3 miliardi di risparmi consentirebbero
una riduzione permanente di circa 7-8
decimi di punto della prima aliquota dell’Irpef (quella al 23%), con un
beneficio generalizzato per circa 31 milioni di contribuenti capienti. In alternativa, per esempio, si disporrebbe di risorse pari a oltre 2.900
euro all’anno per ciascuna famiglia che in Italia versa in condizioni di
povertà assoluta (un milione e 156mila famiglie nell’anno 2010, secondo l’ultima
indagine Istat). Probabilmente la più
grande, efficace e trasparente operazione di redistribuzione mirata mai
effettuata in Italia. ma quasi certamente priva, ad oggi, di condizioni
politiche per essere effettuata”. In pratica, avvicinandoci alle
indicazioni fornite dalla Confcommercio, sarebbe possibile ottenere già 3,3 dei
4,5 miliardi rincorsi da Monti, il tutto senza mettere assolutamente le mani
dei contribuenti italiani.
Ma c’è di più. Un altro scandalo tutto italiano, infatti,
sono i sindacati. Per chi non lo
sapesse, i sindacati italiani sono una vera e propria “ casta iperburocratizzata e autoreferenziale,
con organici e fatturati enormi, grandi patrimoni immobiliari (esenti da Imu) e
bilanci segreti contro ogni logica di trasparenza” (fonte).
Come se non bastasse, hanno finanziamenti enormi, sia privati (i cd. “finanziamenti diretti”, acquisiti
tramite le ritenute salariali), sia pubblici, (i cd. “finanziamenti indiretti”, tramite l'attività dei c.d. enti
parasindacali, quali patronati, CAF ed enti bilaterali). Ad oggi non è dato
sapere a quanto ammontino tali somme di capitale. Tuttavia, stando a quanto
scrive Stefano Liviadotti, (“L’altra
casta. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale. L’inchiesta
sul sindacato”), si può parlare di uno strapotere sindacale che “sacrifica il bene collettivo, mettendosi
ostinatamente di traverso a qualunque riforma rischi di intaccarne uno status
quo fatto di privilegi, di Caf che
assicurano una montagna di soldi esentasse, di patronati diventati vere e
proprie riserve di caccia con un giro di
affari annuo - ancora una volta esentasse - di diversi milioni di euro”.
In un articolo pubblicato su “Il Giornale” (“Sotto
le bandiere rosse una valanga di privilegi: la "casta" del sindacato”),
si prova a dar conto di queste cifre. Riguardo ai “mitici CAF”, ad esempio, si
calcola che per la mole di prestazioni svolte sì dal sindacato, ma pagate dallo
Stato, dalle casse pubbliche fuoriescano mediamente ben 300 milioni di euro l'anno. Stesso
discorso per i patronati: “Lo Stato
assegna ai patronati lo 0,226 dei contributi obbligatori incassati dall’Inps,
dall’Inpdap e dall’Inail. Altri 300 e passa milioni che servono per far
cassa”. A ciò si aggiunga anche l’immenso
patrimonio immobiliare che i sindacati vantano: la Cisl ha 5.000 sedi, la CIGL
3.000, mentre la UIL ha un capitale reale per un ammontare complessivo di 35
milioni di euro. Su tutto questo ben di Dio, i “tre dell’Ave Maria” non versano
nemmeno un centesimo di tasse in quanto, grazie ad una scelta legislativa del
tutto arbitraria, (vedasi la L. 504/1992), sono di fatto equiparati a delle
ONLUS. Insomma, a corti discorsi, sarebbe lecito aspettarsi di ricavare almeno
un miliardo di euro da una regolare tassazione e da una revisione del
funzionamento dei sindacati, anche qui senza alcuna conseguenza per gli italiani.
Restano almeno altri due argomenti da trattare, (e non sono
certo una novità!), vale a dire: i finanziamenti pubblici ai partiti e ai
giornali.
Riguardo ai finanziamenti pubblici ai partiti ci sarebbe
tanto da dire. Introdotti dalla legge Piccoli, modificati negli anni ’80 e poi
ancora nel 1993, nel 1997, nel 2002 e nel 2006, siamo arrivati al punto che
ogni singolo partito che ottenga l’1% del quorum ha il diritto di ottenere il
rimborso per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla
sua durata effettiva. Il vero scandalo è che, allo stato attuale, grazie alla
caduta del governo Berlusconi, i partiti incassano i rimborsi sia per la fine
della XV legislatura, (targata appunto Berlusconi), che per l’inizio della XVI,
(a firma Mario Monti), per giunta in tempi di profonda crisi economica. I dati disponibili e relativi all’ultima tornata elettorale, quella
del 2008, dicono che verranno versati ai partiti, nel corso dei 5 anni di
legislatura, ben 501.618.770 euro (fonte).
Ben mezzo miliardo di euro di soldi pubblici, che finiranno nelle casse di
contenitori politici svuotati di qualsiasi significato, lontani anni luce dalle
istanze popolari e buoni solo per prendere ordini dalla Merkel e dai suoi
compagni di merende.
Infine,
veniamo ai finanziamenti pubblici ai giornali. Le stime parlano di ben 850 milioni
di euro (fonte)
che ogni anno finiscono nelle casse della carta stampata, (e spesso alle
testate più impensate ed impensabili, guardate qui!).
Un’anomalia sicuramente tutta italiana, (dato che all’estero non mi risulta siano ipotizzabili
finanziamenti pubblici per l’editoria privata), che ho sempre ritenuto un'assurdità, dato che, fino a prova contraria, si è “scelto” di far parte
di un mercato di libera concorrenza. Da questa semplice considerazione
scaturisce la mia ferma convinzione che ogni testata debba reggersi da sola sul
mercato stesso, ingegnandosi nell’aumentare le vendite, nel trovare
finanziatori, nell’ospitare pubblicità, annunci e quant’altro. Una sorta di
bagno di umiltà per gli scribani di casa nostra, che porterebbe anche ad un prevedibile miglioramento del
servizio d’informazione, nonché la riduzione degli stipendi di autentici tromboni e
sputasentenze che avvelenano letteralmente il clima politico del Paese.
Insomma,
tirando le conclusioni a queste righe e a queste cifre, un governo degno di
tal nome e dotato di un minimo di forza politica potrebbe, se solo volesse,
trovare ben oltre i 4,5 miliardi di euro senza chiedere un centesimo agli
italiani, semplicemente applicando queste semplici misure. Il problema,
tuttavia, è proprio quello: parliamo di un governo tecnico, non politico, e
come tale destinato a servire interessi che, per definizione, non sono
popolari. Basti pensare semplicemente a come si è insidiato questo governo, ossia grazie a quella creatura misteriosa che risponde al nome di "spread".
Occorre
quindi ricominciare a pensare la politica, sin dal principio. Basta partiti,
basta fazioni, basta segreterie, basta ordini di scuderia.Si torni ad essere protagonisti in politica, nell'economia, nel sociale, in tutto, per essere -parafrasando l'Alfieri- "schiavi sì; ma schiavi almen frementi".
Roberto
Marzola.
Secondo il governo italiano, con la "spending review" il numero dei posti letto negli ospedali scenderà da 4 a 3,7 per ogni MILLE abitanti.
RispondiEliminaSecondo la testimonianza di Primo Levi nel suo libro "Se questo è un uomo", dedicato alla sua prigionia nel lager di Auschwitz, a pag 55 possiamo leggere che l'infermeria del campo di sterminio denominata Ka-Be era costituita da 8 baracche che "contengono permanentemente un decimo della popolazione del campo"
, cioè il DIECI "PER CENTO"
contro il TRE VIRGOLA SETTE "PER MILLE" che l'attuale repubblica democratica antifascista nata dalla resistenza assicura ai suoi cittadini.
Quante considerazioni potrebbero nascere da un simile confronto.
Le SS anzichè biechi assassini torturatori erano invece dei buoni samaritani se confrontati con il ns "democratico" governo?
Oppure la "toccante testimonianza di verità" fatta dal questo testimone oculare e vittima del nazismo, l'ebreo Primo Levi, è qualcosa da prendere molto con le pinze insieme a tutta la sua pubblicistica in merito?
Mah, sono perplesso!!