"Come volevasi dimostrare". Mi sembra l'esordio migliore per questo articolo, dopo che in quelli precedenti mi dicevo convinto che la fantomatica crescita annunciata da Monti fosse solo una delle tante parole date in pasto al vento e, aggiungerei, al popolino credulone. Dico "come volevasi dimostrare" perché basta leggere due notizie che destano molta preoccupazione.
La prima. La FIAT decide di voler rivedere il contenuto del piano "Fabbrica Italia". In sostanza, da Torino fanno sapere che la situazione a livello economico è parecchio cambiata e, stante il crollo del mercato dell'auto, è praticamente impossibile mantenere gli impegni presi due anni or sono. Ragion per cui i rampolli Elkann e Marchionne stanno pensando di chiudere gli stabilimenti italiani per andare a lavorare all'estero, ove il costo del lavoro è molto minore. Una vera e propria tragedia per l'economia nazionale, dato che verrebbe a mancare forse la maggiore industria del Paese, con la conseguente cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Un destino tragico che, tuttavia, era già stato annunciato qualche anno fa, quando il compianto prof. Giacinto Auriti disse che con l'allora istituenda Banca Centrale Europea la FIAT avrebbe abbandonato l'Italia. Cosa c'entra la casa del Lingotto con la BCE? Semplice. Il problema maggiore del marchio torinese -detta in parole povere, anzi poverissime- è la mancanza di soldi, causata da un alto costo del lavoro, (dovuto soprattutto all'accanimento fiscale tipicamente italiano), e ad una contrazione delle vendite, (spiegabile in larga parte con l'impennata dei prodotti petroliferi, spinta a sua volta dall'aumento delle accise per mano di Monti, e dai costi di manutenzione delle auto stesse, anch'essi aumentati a dismisura). Finché in passato la FIAT ha potuto godere del sindacato di maggioranza del pacchetto azionario della Banca d'Italia, non ha mai avuto problemi di liquidità. Ora che, invece, è uno dei tanti micro-azionisti della Banca Centrale Europea, la liquidità manca e si preparano le valigie per la fuga da Torino e dall'Italia. Coincidenza?
La seconda. Il governo Monti ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro un atto della regione Calabria, colpevole di aver approvato una legge atta a favorire la commercializzazione di prodotti locali. Secondo l'esecutivo al soldo delle grandi lobby economiche, (le quali, guarda caso, controllano l'intero processo di produzione agricola grazie ad alcune multinazionali, come ad esempio la Monsanto, che gestiscono da sole lo scambio delle sementi), una simile misura contrasta coi principi europei della libera circolazione delle merci, come se bastasse sul serio una semplice legge regionale per arginare il flusso di prodotti stranieri che, quotidianamente, invadono i nostri mercati. Non so a voi, ma a me la cosa puzza tremendamente di bruciato. L'impressione è che sia in atto l'ennesimo tentativo di preparare il campo alle multinazionali, che saranno così le uniche a poter sfamare i popoli, magari con dei prodotti "aggiustati" in laboratorio, tanto abbondanti ed economicamente vantaggiosi quanto nocivi e di scarsa qualità.
Mi dite come, con certe premesse, Monti possa avere il coraggio di parlare di "ripresa" ? Come si può far ripartire un Paese, se i primi due settori dell'economia vengono a crollare? Chi lavorerà più e, soprattutto, dove lavorerà? Che ne sarà delle nostre eccellenze, agroalimentari, motoristiche e simile? Resteremo solo col nostro immenso patrimonio paesaggistico e artistico, sperando magari che i turisti di passaggio ci lascino le briciole dei loro panini, o a breve inizieremo a svendere pure quelli, come già in parte sta facendo la Grecia? Rispondete voi, se ne siete capaci; io, francamente, mi sento semplicemente preso per il culo e la cosa mi fa tremendamente incazzare.
Roberto Marzola.
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