Facciamoci una domanda: come mai il debito pubblico non cala? Già, perché questo fantomatico "debito pubblico", che crea e disfa i governi secondo il volere dei mercati, è passato da un valore pari al 120,1 % sul Prodotto Interno Lordo dell'età berlusconiana all'attuale 126,1% (dati Eurostat), proprio sotto la guida di quei tecnici così cari agli stessi mercati.
Una domanda più che lecita, se si considera che i guru di "La Repubblica", "Corriere della Sera", "Sole 24 ore" e compagnia bella, fino a qualche tempo fa, ci volevano far credere che la colpa fosse tutta di Berlusconi e delle sue pessime frequentazioni internazionali, (su tutte Putin e Gheddafi). Eppure, defenestrato l'uomo di Arcore, rimpiazzato -come sanno tutti- dalla squadra Monti, il debito pubblico, (che in teoria avrebbe dovuto calare sensibilmente per un discorso di "fiducia dei mercati), è aumentato di un secco 6% in soli 10 mesi.
Poi hanno iniziato a farci due palle così con la storia dell'evasione fiscale. Sono cominciati i controlli a tappeto in tutta Italia, in particolare a Cortina e in Costa Smeralda; sono addirittura nati i provvedimenti e le proposte più assurde, come il divieto di prelevare più di 1000 € o l'ipotesi di pagamenti obbligatori per tutti gli importi superiori ai 150 €. Eppure nulla di tutto questo ha funzionato neanche lontanamente, ma è semplicemente servito per rallentare ulteriormente i consumi e a danneggiare i lavoratori che a Cortina e in Costa Smeralda svolgevano le loro oneste attività.
Adesso, quasi disperatamente, i tecnocrati e i loro fedeli servitori dei media stanno cercando di sparare l'ultima cartuccia: il male assoluto sono gli sprechi. E allora via coi tagli: una potatina alla sanità e una sforbiciata all'istruzione; una limata agli ammortizzatori sociali e un colpo d'ascia ai servizi in generale. Naturalmente, nemmeno una leggera levigata ai privilegi dei politici, perché Monti e soci non possono certo rischiare di risvegliare un minimo d'appetito nei politicanti e, quindi, pensano a cullarli ancora nella bambagia. Ma il debito pubblico non sembra volerne sapere e sale, sale e sale ancora, a spese ancora dei poveri cristi, oppressi dal debito, dall'inflazione, dalla disoccupazione ed ora, proprio a causa dei taglia, anche dal disfacimento dello stato sociale.
Allora, dico io: non è che per caso ci stanno prendendo per il culo? Non sarà ora di cercare veramente la verità, di rompere le catene e di vedere chi muove le statuette poste sul fondo della caverna e cosa c'è oltre a loro? Perché magari non focalizziamo l'attenzione sulla moneta, sulle banche e sulla finanza? Vuoi vedere che sono loro i veri mali da rinchiudere nuovamente nel vaso di Pandora, rappresentato stavolta dal controllo pubblico e/o dalla nazionalizzazione? Coraggio, un po' di curiosità, un po' di coraggio: basta scrivere la parola "signoraggio" su Google o su Youtube, per sentirne delle belle. "Fatti non foste a viver come bruti, ma..."
Roberto Marzola
Dopo una lunga gestazione nasce un blog giovane,ponderato e politically Scorrect: senza peli sulla lingua,senza freni.Un viaggio a 300 all'ora sulla realtà passata e contemporanea,per scalzare dal loro scranno i baroni della politica, della morale,della storia e,più in generale,della cultura! Questo blog lotta con ARIES OFFICINA NAZIONAL POPOLARE.
BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE
Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.
Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.
Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!
giovedì 25 ottobre 2012
lunedì 22 ottobre 2012
FORNERO: TORNI SULLA TERRA!
"I giovani di oggi non siano troppo choosey (difficili, pignoli, ndr), all'inglese, e prendano le prime offerte e poi da dentro guardarsi intorno". Queste sono state, oggi, le parole pronunciate da Elsa Fornero, il ministro del lavoro di un paese in cui ormai il 34% dei giovani non riesce a trovare lavoro. Ad onor del vero, l'ex docente dell'Università di Torino ha provato successivamente a correggere il tiro, dicendo che, in fondo, i ragazzi del giorno d'oggi sono disposti ad accettare qualsiasi offerta di lavoro, rimarcando però che non devono essere "schizzinosi".
ho seguito con attenzione le Sue dichiarazioni odierne e ci terrei proprio a risponderle.
Non so ai miei coetanei, ma a me la parola "schizzinoso" dà un fastidio tremendo. Difatti, sembra quasi che l'impietoso dato sulla disoccupazione giovanile in Italia, (le ricordo: 33,9% !), sia causato solo da un certo atteggiamento di noi fanciulli in cerca di una prima occupazione, come se il mercato del lavoro grondasse di offerte ed opportunità che i giovani non vogliono cogliere al volo. Mi permetto di darle un consiglio, caro Ministro: torni sulla terra e faccia il suo lavoro! Provveda a sostenere le aziende e le metta in condizioni di fare buon uso della loro esperienza, inventiva e professionalità, anziché spingerle ad andare all'estero e/o permettere che siano raggiunte dall'abbraccio mortale delle sue amiche banche. Agisca di concerto con il suo collega Profumo, perché si possa avere una riforma scolastica e, soprattutto, accademica che sia in grado di formare dei professionisti già al conseguimento del titolo di studio, non dopo anni di spesi appresso materie inutili ed inconsistenti e di tirocini privati, in cui si è praticamente degli schiavi al soldo di gente navigata. E si preoccupi di come garantire l'accesso immediato di queste figure professionali al mondo del lavoro, cercando pure di proteggere e incentivare quelle aziende e quei professionisti che siano disposti ad investire sui giovani e a premiarne il talento.
In poche parole, faccia il suo lavoro! A chiederglielo sono tutti quei ragazzi tra i 15 e i 30 anni, che non sanno più dove sbattere la testa e che sono costretti a (soprav) vivere sulle spalle dei genitori, spesso loro malgrado. Sono tanti e tutti hanno dei sogni, delle aspettative e delle capacità che andrebbero realizzate e premiate.
Si dia da fare in fretta, quindi, perché i bisogni di questi giovani non possono certo aspettare. In più, se le è possibile, gradiremmo che lavorasse in silenzio, perché delle sue lacrime e delle sue sparate, (come del resto di quelle del suo compare Mario Monti, che -ricordo- disse: "ah, che monotonia il posto fisso!"), ne abbiamo ormai piene i c******i!
Firmato,
un giovane per niente affatto "schizzinoso".
Roberto Marzola.
***
Caro Ministro,ho seguito con attenzione le Sue dichiarazioni odierne e ci terrei proprio a risponderle.
Non so ai miei coetanei, ma a me la parola "schizzinoso" dà un fastidio tremendo. Difatti, sembra quasi che l'impietoso dato sulla disoccupazione giovanile in Italia, (le ricordo: 33,9% !), sia causato solo da un certo atteggiamento di noi fanciulli in cerca di una prima occupazione, come se il mercato del lavoro grondasse di offerte ed opportunità che i giovani non vogliono cogliere al volo. Mi permetto di darle un consiglio, caro Ministro: torni sulla terra e faccia il suo lavoro! Provveda a sostenere le aziende e le metta in condizioni di fare buon uso della loro esperienza, inventiva e professionalità, anziché spingerle ad andare all'estero e/o permettere che siano raggiunte dall'abbraccio mortale delle sue amiche banche. Agisca di concerto con il suo collega Profumo, perché si possa avere una riforma scolastica e, soprattutto, accademica che sia in grado di formare dei professionisti già al conseguimento del titolo di studio, non dopo anni di spesi appresso materie inutili ed inconsistenti e di tirocini privati, in cui si è praticamente degli schiavi al soldo di gente navigata. E si preoccupi di come garantire l'accesso immediato di queste figure professionali al mondo del lavoro, cercando pure di proteggere e incentivare quelle aziende e quei professionisti che siano disposti ad investire sui giovani e a premiarne il talento.
In poche parole, faccia il suo lavoro! A chiederglielo sono tutti quei ragazzi tra i 15 e i 30 anni, che non sanno più dove sbattere la testa e che sono costretti a (soprav) vivere sulle spalle dei genitori, spesso loro malgrado. Sono tanti e tutti hanno dei sogni, delle aspettative e delle capacità che andrebbero realizzate e premiate.
Si dia da fare in fretta, quindi, perché i bisogni di questi giovani non possono certo aspettare. In più, se le è possibile, gradiremmo che lavorasse in silenzio, perché delle sue lacrime e delle sue sparate, (come del resto di quelle del suo compare Mario Monti, che -ricordo- disse: "ah, che monotonia il posto fisso!"), ne abbiamo ormai piene i c******i!
Firmato,
un giovane per niente affatto "schizzinoso".
Roberto Marzola.
mercoledì 17 ottobre 2012
NEGAZIONISMO: IL VERO CRIMINE E' CRIMINALIZZARE
"Negazionismo": un termine erroneo e fuorviante, giacché a proposito della Shoah nulla si nega, ma tutto si vuol scoprire, a cominciare dai criteri di ricerca e argomentazione storica.
Una legge che punisca il negazionismo: l'ennesimo odioso reato d'opinione; l'ennesimo provvedimento liberticida, imposto da una lobby non governativa ma assai influente, tanto da riuscire a far trasformare in legge ogni suo capriccio.
Mi sembra la premessa migliore per descrivere il ritorno di fiamma del reato di negazionismo, auspicato da Monti (fonte), dalla Finocchiaro (fonte), da Schifani (fonte) e, naturalmente, dal burattinaio Riccardo Pacifici (fonte). Una richiesta che muove dal sensazionalismo legato all'anniversario della deportazione di Roma, (sulla quale ci sarebbe da dire e a proposito della quale consiglio, giusto per avere un senso generale della questione, di leggere "Noi Fascisti e gli Ebrei", di Giorgio Pisanò); una richiesta che si fa più forte dopo che in Europa si riaffaccia il vento del nazionalismo e la voglia di liberazione da insopportabili domini oscuri, dopo che lo Jobbik e Alba Dorata sono realtà ormai concrete, dopo, insomma, che anche gli ultimi sondaggi in Italia (da prendere sempre con le pinze) attestano Forza Nuova al 6%.
Circostanze strane, sinistre, che mi fanno davvero pensare alla nascita di un'autentica psico-polizia, nonché ad uno stato divenuto sul serio Leviatano. Già, perché se la logica non è anch'essa un reato, imporre un divieto di negare qualcosa significa imporre una verità precostituita per legge, il che è assai ben più illiberale e aberrante di quanto non venga rimproverato ai cd. "regimi totalitari" di ieri, (in primis al Nazismo e al Fascismo), o ai moderni stati fondamentalisti islamici, finiti anch’essi nel mirino delle moderne e “pacifiche” democrazie. Resto, difatti, dell'idea che le opinioni e le teorie scientifiche, (perché anche la storia, in fondo, dovrebbe essere una scienza, non una materia di speculazione politica), debbano essere affrontate con opinioni e teorie scientifiche uguali e contrarie, non con la legge penale. I dati con i dati, i fatti con i fatti, i personaggi con i personaggi, e così via, come il metodo scientifico insegna e pretende.
Penso che porre dei paletti al sapere e alla ricerca riporti l'Europa ed il mondo ad un'epoca ancestrale, quando affermare che la Terra fosse tonda anziché piatta e che fosse quest’ultima a girare attorno al Sole e non viceversa, costava abiure, scomuniche, processi e roghi. Una realtà che non può tornare a trovare spazio nell'epoca dei cd. "costituzionalismi", dove l'individuo è (dovrebbe?) essere davvero libero da contingenze e controlli esterni alla sua auto-coscienza. Un sistema culturale e politico, insomma, che non dovrebbe affatto tollerare che, (come ricordava di recente Fabrizio Fiorini su “Rinascita”), Horst Mahler, Alex Möller, Pedro Varela, Ernst Zündel, Sylvia Stolz, Vincent Reynouard, Gerd Honsik conoscano il carcere per aver scritto libri e saggi capaci di rendere un’immagine dell’Olocausto così come lo conosciamo, o che Robert Faurisson, David Irving, Carlo Mattogno, Claudio Moffa e David Cole finiscano alla sbarra o vengano aggrediti, (come successo, ad esempio, più volte a Robert Faurisson), per aver raccolto informazioni d’archivio, confrontato fatti, numeri e dati e per averli poi trasfusi in dei libri, senza alcun fine ideologico ma solo per amor di verità.
E’ mio fermo proposito rifiutare questa grande ipocrisia, questo evidente stridore tra principi scritti che inneggiano alla libertà e all’importanza del sapere, e le incriminazioni che affliggono chi di quei valori e di quegli ideali ha fatto una bandiera di vita e un fine esistenziale. Voglio dirmi assolutamente contrario al desiderio inquisitorio di questi signori, alla loro tentazione di veder imprigionati tutti i loro avversari, nonché alla logica e al sistema del pensiero unico. Pretendo coerenza, pretendo verità, pretendo moralità e giustizia. Esigo libertà. La libertà di leggere, di studiare, di consultare fonti e archivi, di pervenire alle mie conclusioni e convinzioni motivate e di condividerle, senza che nessuna autorità o istituzione sia lì pronta a censurarmi e a farmi cambiare idea a forza di condanne o, magari, costringendomi a guardare certe immagini e facendomi risultare sgradito ciò che amo fare a suon di ospedali psichiatrici, farmaci e legacci, proprio come avveniva al protagonista di “Arancia Meccanica”. E voglio che questa libertà sia per tutti, allineati e non, omologati e non.
So cosa potrebbero costarmi queste mie parole e queste mie convinzioni, ma non me ne curo. Preferisco seguire l’esempio di quegli uomini e di quelle donne i cui nomi appaiono poche righe sopra. Vorrei unirmi a loro e dare il mio piccolo contributo, per combattere la violenza e l’assurdità del sapere a senso unico. E a loro voglio, infine, dirigere il mio pensiero. A loro che hanno scelto di rischiare tutto perché gli uomini possano essere, in un domani magari non troppo lontano, veramente liberi. Onore!
Roberto Marzola.
Una legge che punisca il negazionismo: l'ennesimo odioso reato d'opinione; l'ennesimo provvedimento liberticida, imposto da una lobby non governativa ma assai influente, tanto da riuscire a far trasformare in legge ogni suo capriccio.
Mi sembra la premessa migliore per descrivere il ritorno di fiamma del reato di negazionismo, auspicato da Monti (fonte), dalla Finocchiaro (fonte), da Schifani (fonte) e, naturalmente, dal burattinaio Riccardo Pacifici (fonte). Una richiesta che muove dal sensazionalismo legato all'anniversario della deportazione di Roma, (sulla quale ci sarebbe da dire e a proposito della quale consiglio, giusto per avere un senso generale della questione, di leggere "Noi Fascisti e gli Ebrei", di Giorgio Pisanò); una richiesta che si fa più forte dopo che in Europa si riaffaccia il vento del nazionalismo e la voglia di liberazione da insopportabili domini oscuri, dopo che lo Jobbik e Alba Dorata sono realtà ormai concrete, dopo, insomma, che anche gli ultimi sondaggi in Italia (da prendere sempre con le pinze) attestano Forza Nuova al 6%.
Circostanze strane, sinistre, che mi fanno davvero pensare alla nascita di un'autentica psico-polizia, nonché ad uno stato divenuto sul serio Leviatano. Già, perché se la logica non è anch'essa un reato, imporre un divieto di negare qualcosa significa imporre una verità precostituita per legge, il che è assai ben più illiberale e aberrante di quanto non venga rimproverato ai cd. "regimi totalitari" di ieri, (in primis al Nazismo e al Fascismo), o ai moderni stati fondamentalisti islamici, finiti anch’essi nel mirino delle moderne e “pacifiche” democrazie. Resto, difatti, dell'idea che le opinioni e le teorie scientifiche, (perché anche la storia, in fondo, dovrebbe essere una scienza, non una materia di speculazione politica), debbano essere affrontate con opinioni e teorie scientifiche uguali e contrarie, non con la legge penale. I dati con i dati, i fatti con i fatti, i personaggi con i personaggi, e così via, come il metodo scientifico insegna e pretende.
Penso che porre dei paletti al sapere e alla ricerca riporti l'Europa ed il mondo ad un'epoca ancestrale, quando affermare che la Terra fosse tonda anziché piatta e che fosse quest’ultima a girare attorno al Sole e non viceversa, costava abiure, scomuniche, processi e roghi. Una realtà che non può tornare a trovare spazio nell'epoca dei cd. "costituzionalismi", dove l'individuo è (dovrebbe?) essere davvero libero da contingenze e controlli esterni alla sua auto-coscienza. Un sistema culturale e politico, insomma, che non dovrebbe affatto tollerare che, (come ricordava di recente Fabrizio Fiorini su “Rinascita”), Horst Mahler, Alex Möller, Pedro Varela, Ernst Zündel, Sylvia Stolz, Vincent Reynouard, Gerd Honsik conoscano il carcere per aver scritto libri e saggi capaci di rendere un’immagine dell’Olocausto così come lo conosciamo, o che Robert Faurisson, David Irving, Carlo Mattogno, Claudio Moffa e David Cole finiscano alla sbarra o vengano aggrediti, (come successo, ad esempio, più volte a Robert Faurisson), per aver raccolto informazioni d’archivio, confrontato fatti, numeri e dati e per averli poi trasfusi in dei libri, senza alcun fine ideologico ma solo per amor di verità.
E’ mio fermo proposito rifiutare questa grande ipocrisia, questo evidente stridore tra principi scritti che inneggiano alla libertà e all’importanza del sapere, e le incriminazioni che affliggono chi di quei valori e di quegli ideali ha fatto una bandiera di vita e un fine esistenziale. Voglio dirmi assolutamente contrario al desiderio inquisitorio di questi signori, alla loro tentazione di veder imprigionati tutti i loro avversari, nonché alla logica e al sistema del pensiero unico. Pretendo coerenza, pretendo verità, pretendo moralità e giustizia. Esigo libertà. La libertà di leggere, di studiare, di consultare fonti e archivi, di pervenire alle mie conclusioni e convinzioni motivate e di condividerle, senza che nessuna autorità o istituzione sia lì pronta a censurarmi e a farmi cambiare idea a forza di condanne o, magari, costringendomi a guardare certe immagini e facendomi risultare sgradito ciò che amo fare a suon di ospedali psichiatrici, farmaci e legacci, proprio come avveniva al protagonista di “Arancia Meccanica”. E voglio che questa libertà sia per tutti, allineati e non, omologati e non.
So cosa potrebbero costarmi queste mie parole e queste mie convinzioni, ma non me ne curo. Preferisco seguire l’esempio di quegli uomini e di quelle donne i cui nomi appaiono poche righe sopra. Vorrei unirmi a loro e dare il mio piccolo contributo, per combattere la violenza e l’assurdità del sapere a senso unico. E a loro voglio, infine, dirigere il mio pensiero. A loro che hanno scelto di rischiare tutto perché gli uomini possano essere, in un domani magari non troppo lontano, veramente liberi. Onore!
Roberto Marzola.
lunedì 15 ottobre 2012
ASCOLI: IL QUADRO CON MUSSOLINI DEVE SPARIRE
Alla fine l'A.N.P.I. l'ha spuntata: il quadro, risalente al 1939, del pittore Aldo Castelli, raffigurante un Mussolini idealizzato, deve sparire dall'aula magna dell'Istituto Tecnico Commerciale per geometri di Ascoli Piceno. Ad avviso dei figli e nipoti dei partigiani sarebbe "troppo pericoloso per la formazione dell'individuo".
Ci rendiamo conto? Un disegno che vuole essere un inno alla formazione, alla cultura e al sapere diventa, per coloro che hanno l'ardore di definirsi come "i fautori della democrazia e del libero pensiero in Italia", addirittura una minaccia per dei ragazzi di età normalmente compresa tra i 15 e i 19 anni, i quali si suppone che un minimo di coscienza storico-politica l'abbiano già ricevuta durante l' "antifascistissima" scuola dell'obbligo. Ragazzi che, in più d'un caso, hanno pure protestato contro la scelta del preside, sollecitata appunto dall'A.N.P.I., di rimuovere l'opera, giacchè, a loro avviso, questa stava bene nel suo contesto originale (fonte).
Non le proteste, non il buon senso e nemmeno il tanto decantato insegnamento dei "Padri Costituenti", (i quali hanno scritto nella costituzione le seguenti parole: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"; "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"), hanno potuto arginare la barbarie e la furia iconoclasta di certi signori. Insomma, dopo Bolzano, (ove si voleva censurare un bassorilievo raffigurante Mussolini), siamo davanti ad una nuova manifestazione di quella turba psichica, di quell'odio cieco e rancoroso e di quell'ignoranza senza precedenti che risponde al nome di "antifascismo militante". Una vera e propria patologia, che non deve essere sottovalutata né deve trovare alcun gioco di sponda da parte delle istituzioni, in quanto foriera di una mentalità e di un atteggiamento ben più dannosi per la formazione di un ragazzo di quanto non possa esserlo un'opera d'arte, (si legga: qualsiasi opera d'arte), perché, appunto, distoglie gli studenti dai problemi veri e li educa all'odio e all'avversione politica. Tuttavia, credo che queste siano solo le considerazioni di una "carogna fascista" e, come tali, non debbano trovar posto nella "repubblica nata dalla resistenza", dove, notoriamente, possono avere cittadinanza solo sentimenti di bassa lega. Eccovene un'altra conferma.
C.V.D.
Roberto Marzola.
Ci rendiamo conto? Un disegno che vuole essere un inno alla formazione, alla cultura e al sapere diventa, per coloro che hanno l'ardore di definirsi come "i fautori della democrazia e del libero pensiero in Italia", addirittura una minaccia per dei ragazzi di età normalmente compresa tra i 15 e i 19 anni, i quali si suppone che un minimo di coscienza storico-politica l'abbiano già ricevuta durante l' "antifascistissima" scuola dell'obbligo. Ragazzi che, in più d'un caso, hanno pure protestato contro la scelta del preside, sollecitata appunto dall'A.N.P.I., di rimuovere l'opera, giacchè, a loro avviso, questa stava bene nel suo contesto originale (fonte).
Non le proteste, non il buon senso e nemmeno il tanto decantato insegnamento dei "Padri Costituenti", (i quali hanno scritto nella costituzione le seguenti parole: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"; "L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"), hanno potuto arginare la barbarie e la furia iconoclasta di certi signori. Insomma, dopo Bolzano, (ove si voleva censurare un bassorilievo raffigurante Mussolini), siamo davanti ad una nuova manifestazione di quella turba psichica, di quell'odio cieco e rancoroso e di quell'ignoranza senza precedenti che risponde al nome di "antifascismo militante". Una vera e propria patologia, che non deve essere sottovalutata né deve trovare alcun gioco di sponda da parte delle istituzioni, in quanto foriera di una mentalità e di un atteggiamento ben più dannosi per la formazione di un ragazzo di quanto non possa esserlo un'opera d'arte, (si legga: qualsiasi opera d'arte), perché, appunto, distoglie gli studenti dai problemi veri e li educa all'odio e all'avversione politica. Tuttavia, credo che queste siano solo le considerazioni di una "carogna fascista" e, come tali, non debbano trovar posto nella "repubblica nata dalla resistenza", dove, notoriamente, possono avere cittadinanza solo sentimenti di bassa lega. Eccovene un'altra conferma.
C.V.D.
Roberto Marzola.
lunedì 8 ottobre 2012
VENEZUELA: QUEL CHE CONTA ' IL TONFO DEL F.M.I.
Hugo Chavez, presidente del Venezuela, può piacere o non piacere. Di lui s'è detto tutto il contrario di tutto: c'è chi lo considera un satrapo antisemita e chi, invece, l'ultimo dei grandi leader; chi lo ritiene il padre del moderno socialismo e chi un chiacchierone a cui è soltanto antipatico lo Zio Sam.
Da oggi, però, c'è un "piccolo", (si fa per dire), dato di fatto su cui concentrare l'attenzione: Hugo Chavez l'ha spuntata di nuovo, avendo vinto le elezioni per la quarta volta, con olte il 54% dei suffragi in suo favore. Una sconfitta piuttosto netta, dunque, per lo sfidante Henrique Capriles, un discendente di stirpe ebraica, spudoratamente sostenuto dal Fondo Monetario Internazionale. Dobbiamo riflettere sull'esito di queste votazioni, soprattutto noi europei. In Venezuela, infatti, abbiamo un capo di stato che fa del sociale il suo cavallo di battaglia, alzando le pensioni, allungando le ferie, aumentando i salari minimi e mettendo sotto controllo statale la PDVSA, (ossia la principale holding petrolifera del paese), ed un popolo che sceglie di seguirlo, di credere alla sua concezione statualistica, non mercatistica, della politica; qui in Europa, invece, possiamo osservare solo tanti piccoli burocrati, i quali, in nome dell'austerity, non fanno altro che parlare di "andamento dei mercati", "fiducia dei mercati" e "condizioni dei mercati", senza mai nominare il popolo, senza mai pensare a quella che, tradizionalmente, si definisce "econonomia reale". Un fenomeno da cui si può cogliere una grande lezione: per sottrarsi all'inabissamento del capitalismo moderno, rappresentato in toto dalla crisi mondiale, bastano proprio un leader, (capace di avere idee diverse dal normale, tanto in politica interna quanto in politica estera, ed imbevute di patriottismo e giustizia sociale), e un popolo, (che sia disposto a credere e a ribellarsi alla tirannide finanziaria). "Uno Stato, un Popolo, un Capo", disse Qualcuno tempo fa; evidentemente, un progetto d'azione valido ancora oggi, con buona pace dello spread, delle borse e di tutte le altre entità virtuali imposte dai signori dei mercati.
Roberto Marzola
Da oggi, però, c'è un "piccolo", (si fa per dire), dato di fatto su cui concentrare l'attenzione: Hugo Chavez l'ha spuntata di nuovo, avendo vinto le elezioni per la quarta volta, con olte il 54% dei suffragi in suo favore. Una sconfitta piuttosto netta, dunque, per lo sfidante Henrique Capriles, un discendente di stirpe ebraica, spudoratamente sostenuto dal Fondo Monetario Internazionale. Dobbiamo riflettere sull'esito di queste votazioni, soprattutto noi europei. In Venezuela, infatti, abbiamo un capo di stato che fa del sociale il suo cavallo di battaglia, alzando le pensioni, allungando le ferie, aumentando i salari minimi e mettendo sotto controllo statale la PDVSA, (ossia la principale holding petrolifera del paese), ed un popolo che sceglie di seguirlo, di credere alla sua concezione statualistica, non mercatistica, della politica; qui in Europa, invece, possiamo osservare solo tanti piccoli burocrati, i quali, in nome dell'austerity, non fanno altro che parlare di "andamento dei mercati", "fiducia dei mercati" e "condizioni dei mercati", senza mai nominare il popolo, senza mai pensare a quella che, tradizionalmente, si definisce "econonomia reale". Un fenomeno da cui si può cogliere una grande lezione: per sottrarsi all'inabissamento del capitalismo moderno, rappresentato in toto dalla crisi mondiale, bastano proprio un leader, (capace di avere idee diverse dal normale, tanto in politica interna quanto in politica estera, ed imbevute di patriottismo e giustizia sociale), e un popolo, (che sia disposto a credere e a ribellarsi alla tirannide finanziaria). "Uno Stato, un Popolo, un Capo", disse Qualcuno tempo fa; evidentemente, un progetto d'azione valido ancora oggi, con buona pace dello spread, delle borse e di tutte le altre entità virtuali imposte dai signori dei mercati.
Roberto Marzola
venerdì 5 ottobre 2012
DEDICATO A NANNI DE ANGELIS
5 ottobre 1980: Nazzareno De Angelis, detto Nanni, viene
trovato impiccato nella sua cella, dove era ingiustamente detenuto per un’assurda
accusa di un coinvolgimento diretto nella strage di Bologna. Suicidio: questa è
stata la versione ufficiale. Una versione che non può convincere perché falsa,
in quanto Nanni era innocente. Il 2 agosto del 1980, infatti, fu ripreso da
alcune emittenti televisive mentre disputava una partita di football
americano. Immagini arrivate troppo
tardi, perché il 3 ottobre una pattuglia della Polizia aspettava il giovane
Nanni in piazza Barberini, a Roma. Fu letteralmente massacrato di botte, senza
che vi fosse una ragione plausibile. Fu ricoverato in ospedale, dove gli
vennero riscontrate lesioni di ogni tipo su tutto il corpo. E' importante sottilineare, però, come il suo stato psicologico fosse tutto sommato sano e privo di propositi suicidi. Due
giorni dopo, la tragedia. L’autopsia disposta dalla Magistratura evidenziò che “Nanni De Angelis fu sottoposto a un duro
linciaggio con escoriazioni, ematomi e fratture multiple su tutto il corpo.
Inoltre i medici rilevarono anche che l’ospedale San Giovanni aveva dichiarato
Nanni ‘in stato di incoscienza’, prova di ‘uno stato di sofferenza del sistema
nervoso centrale’. In più, l’autista dell’ambulanza, Salvatore Serrao,
testimoniò che non gli fu mai consegnata alcuna certificazione medica, né copia
della cartella clinica”[1].
Non serve un genio per capire cosa sia successo. Credo che
sia possibile affermare, infatti, che le democraticissime istituzioni
antifasciste abbiano aizzato i propri cani da guardia in divisa contro un
povero ragazzo, identificato come “nemico pubblico numero uno”. Un nemico
ovviamente di comodo, dipinto come il nero emblema del male più oscuro per
coprire il marcio della politica italiana, la corruzione dilagante e le
scabrose relazioni internazionali con organizzazioni terroristiche, (vedi il
Mossad). Una vita giovane, candida e immacolata che viene spezzata nel modo più
brutale possibile, senza remora alcuna, come nemmeno il più spietato dei
criminali avrebbe osato fare; un delitto feroce, che resta ancora oggi impunito, senza che nessuno
s’indigni o chieda di far emergere la verità.
A noi, quindi, non resta che il ricordo di un ragazzo che si
è macchiato della gravissima colpa di credere in un’idea e in un sistema di
valori. E allora voglio anch’io ricordare Nanni De Angelis. Me lo immagino un
po’ come in quel suo famoso disegno: un
elfo senza tempo e senza età, rifugiatosi in un’oasi di pace, fatta di “verdi prati che di rugiada brillano nel sol”,
e di “alti alberi tutt’intorno”, dove
di tanto s’arrampica per comporre delle dolci melodie col suo flauto. Incurante
del tempo e degli uomini malvagi e corrotti, trascorre le sue giornate sotto un
sole amico e le notti accanto al crepitio del fuoco. Scorrazza tra lande
immacolate, cinte da vette maestose e bagnate da acque limpidissime. Niente può
disturbare la sua quiete; nessuno può raggiungerlo. Solo di tanto in tanto
qualcosa lo raggiunge: è un caldo soffio, un lieto zefiro, originato dal
pensiero di quanti ancora lo portano nella mente e in fondo al cuore. Di
quanti, insomma, continuano a credere nelle sue idee; di quanti camminano su
quegli stessi sentieri; di quanti proseguono la battaglia contro il mondo
moderno.
Riposa in pace, dunque, Piccolo Attila e lascia a noi l’ultimo disperato tentativo di sovvertire le sorti della battaglia. Condurremo la tua e la nostra lotta anche nel tuo nome, fino a che avremo sangue nelle vene, prima di ricongiungerti a te in quell’oasi di pace. Ad majora, Camerata!
Riposa in pace, dunque, Piccolo Attila e lascia a noi l’ultimo disperato tentativo di sovvertire le sorti della battaglia. Condurremo la tua e la nostra lotta anche nel tuo nome, fino a che avremo sangue nelle vene, prima di ricongiungerti a te in quell’oasi di pace. Ad majora, Camerata!
martedì 2 ottobre 2012
LA BATTAGLIA PER LA LIBERTA' DI PENSIERO
Da qualche giorno non faccio altro che riflettere sul tema della libertà di pensiero. Lo faccio perché mi invitano a tali considerazioni le dinamiche del presente: il caso Sallusti, la situazione riguardante il mondo arabo, (dalla Libia alla Siria, passando per l'Iran), la questione israelo-palestinese ecc. Fenomeni sicuramente diversi tra di loro, ma accomunati da una circostanza: dire liberamente ciò che si pensa su di essi può costar caro. Difatti, se prendi le difese del direttore de "Il Giornale", come minimo ti senti dare dell'ignorante e del "servo del nano"; se, invece, sostieni che Gheddafi, Al Assad e Ahmadinejad sono vittime della tirannide mondialista, sei un "complottista che vive fuori dal mondo"; se, infine, ti schieri dalla parte del popolo palestinese, denunciando le angherie subite da quest'ultimo o l'uso strumentale e pretestuoso che Israele fa dell'Olocausto o della "minaccia nucleare iranania" per aggredire altre genti, sei addirittura un "negazionista antisemita". E in questo caso rischi pure la galera, se dovessero mai essere accolte le richieste di Pacifici e compagni.
Una circostanza che ti fa domandare: ma non eravamo liberi di dire e di pensare? Non avevamo tutti il diritto di "manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", (art. 21 Cost.) ? Non vivevamo nell'epoca del neoilluminismo, impregnata dal celebre pensiero attribuito a Voltaire"disapprovo quel che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo"?
A me non pare proprio. Mi sembra, piuttosto, che ad esprimere pubblicamente un convincimento non conforme, per quanto motivato, si rischia almeno la scomunica da parte dell'oligarchia del pensiero e della cultura, se non si dischiudono le porte del carcere. Una vera e propria classe dominante e di controllo, che si arroga il diritto di autorizzare Tizio a dire una certa cosa e di tappare la bocca, invece, a Caio, tenendo come unico criterio il grado rispondenza del pensiero o del concetto alla verità rivelata dall'alto.
Siamo, insomma, al cospetto di una tecnica di controllo delle masse, orchestrata da pochi e loschi individui, contrastata da un manipolo sempre più ristretto di uomini, paragonabili, a mio avviso, a quel Prometeo che osò rubare il fuoco, (fuoco della verità in questo caso), agli dei. Con la differenza, però, che gli uomini di allora accettarono di buon grado e seppero far tesoro del dono del figlio di Giapeto e Climene, mentre quelli odierni si sentono addirittura minacciati dai frutti di chi, coraggiosamente, invoca la libertà di studiare, di ricercare, di riflettere e di comunicare. Che gli dei, (giusto per rimanere in tema), possano aver pietà di loro!
Roberto Marzola
Una circostanza che ti fa domandare: ma non eravamo liberi di dire e di pensare? Non avevamo tutti il diritto di "manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione", (art. 21 Cost.) ? Non vivevamo nell'epoca del neoilluminismo, impregnata dal celebre pensiero attribuito a Voltaire"disapprovo quel che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo"?
A me non pare proprio. Mi sembra, piuttosto, che ad esprimere pubblicamente un convincimento non conforme, per quanto motivato, si rischia almeno la scomunica da parte dell'oligarchia del pensiero e della cultura, se non si dischiudono le porte del carcere. Una vera e propria classe dominante e di controllo, che si arroga il diritto di autorizzare Tizio a dire una certa cosa e di tappare la bocca, invece, a Caio, tenendo come unico criterio il grado rispondenza del pensiero o del concetto alla verità rivelata dall'alto.
Siamo, insomma, al cospetto di una tecnica di controllo delle masse, orchestrata da pochi e loschi individui, contrastata da un manipolo sempre più ristretto di uomini, paragonabili, a mio avviso, a quel Prometeo che osò rubare il fuoco, (fuoco della verità in questo caso), agli dei. Con la differenza, però, che gli uomini di allora accettarono di buon grado e seppero far tesoro del dono del figlio di Giapeto e Climene, mentre quelli odierni si sentono addirittura minacciati dai frutti di chi, coraggiosamente, invoca la libertà di studiare, di ricercare, di riflettere e di comunicare. Che gli dei, (giusto per rimanere in tema), possano aver pietà di loro!
Roberto Marzola
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