BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


domenica 30 ottobre 2011

LA RABBIA E L'ORGOLIO DI EZRA POUND

Un sentito ringraziamento a Graziano D'Angelo, dottore in lingue, per avermi aiutato nella traduzione dei passi più difficili.

Solo materiale autentico su questo blog: nessuna patacca e nessuna versione concordata o aggiustata dai fatti che si raccontano. La verità e nient'altro che quella, per quanto brutale, scomoda, difficile da affrontare e digerire. Questo è lo spirito che anima questo spazio, piccolo ma in crescita costante.

Stavolta, vi propongo un documento particolarmente interessante. Si tratta di alcune dichiarazioni spontanee rese da Ezra Pound ad un agente dell'FBI in data 8 maggio 1945, vale a dire cinque giorni dopo essere stato arrestato a Genova dai partigiani e consegnato alle forze alleate, (un'altra prova di che razza di cagnolini ammaestrati fossero questi partigiani!). Naturalmente, quella che segue è la traduzione letterale di quelle dichiarazioni. L'orginale*,  è stato ritrovato negli archivi britanici di Kew Gardens, da poco desecretati. Traspare un Pound dannatamente orgoglioso, seppur in odore di pena capitale per essere stato incriminato di tradimento. Un uomo che non ha paura di rinvedicare con forza la genuinità delle sue idee, la convizione piena del suo operato e la buona fede delle proprie azioni neanche davanti a quelli che potrebbero essere i suoi uccisori.

Una condanna capitale che non arriverà, malgrado Pound non abbia fatto niente per migliorare la propria posizione. Purtroppo. Dico "purtroppo" perché la sorte che toccherà all'autore dei "Cantos", (primo poema lirico made in U.S.A.), sarà ben peggiore di un'esecuzione capitale: dopo l'arresto, verrà confinato in un campo di prigionia amaricano in Italia, (precisamente a Metato, presso Pisa), dove trascorrerà momenti terribili in cella di sicurezza, da lui chiamata con licenza poetica "gabbia di gorilla". Subirà un vero e proprio tracollo psicologico che gli varrà anni di ospedale psichiatrico, prima di spegnersi nel 1972 a Venezia, dopo aver subito l'ulteriore umiliazione di un mancato premio Nobel, in quanto sostenitore di "idee che  sono decisamente in contrasto con lo spirito del Premio Nobel" *.

Questo è il vero spirito delle moderne democrazie o "daneistocrazie", come era solito chiamarle lui, ossia dominio dei prestatori di denaro, degli usurai: accuse infami, segregazione  fisica, morale ed intellettuale e, dulcis in fundo, diffamazione di tutti i potenziali nemici ed avversari. Ironia di una sorte tremenda toccata ad un uomo che si diceva contrario alla censura e alla negazione della libertà di pensiero e di opinione; una sorte causata proprio da chi dice, (già, dice!), di aver dato a tutti la libertà personale, di pensiero e di opinione. Vigliacchi!

Roberto Marzola.
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SEGRETO
Roma, Italy
31 maggio, 1945

Capitano Sidney Henderson
Ufficio del Procuratore Generale
Quartier generale delle Forze Alleate
A.P.O. 512, ESERCITO DEGLI STATI UNITI
RE: EZRA LOOMIS POUND
Stimabile Capitano Henderson:

Sperando sia di Vostro interesse, qui trovate allegata copia delle dichiarazioni firmate rilasciate dal soggetto a Genova. 

Ramon Arrizabalaga dei “Counter Intelligence Corps”, 92° divisione, è anch’egli in possesso di queste informazioni.

Distinti saluti,

Frank L.Amprim



Rilascio la presente dichiarazione a Frank. L. Amprim, agente speciale dell' F.B.I. degli Stati Uniti d’America, al fine di integrare le precedenti dichiarazioni fatte da me allo stesso Frank Amprim. Sono stato informato da Frank Amprim che non sono tenuto a fare questa dichiarazione se non lo voglio. Questa dichiarazione è volontaria. Sono stato anche informato da Frank Amprim che questa dichiarazione può essere usata contro di me in tribunale. Nessuna minaccia o promessa di nessuna natura mi è stata fatta da nessuno, né direttamente, né indirettamente. 

Il mio nome completo è Ezra Loomis Pound e risiedo temporaneamente a Sant’Ambrogio 60, piccolo paese vicino Rapallo, Italia.

Circa il tempo in cui l’esercito di Hitler stava invadendo la Danimarca,  io incotrai un gentleman tedesco di nome Barone Dinklage al campo di tennis di Rapallo. Abbiamo parlato di economia. Quindi mi ha accennato che avrei dovuto trasmettere alla radio. Fece l’errore di dire che “sarei stato ben pagato”. Non è mia intenzione stare o sembrare di stare sotto qualsivoglia controllo straniero.


Ho sempre combattuto contro la censura, persino in tempo di guerra. Chiunque ha il diritto di criticare le cause fondamentali di tutte le guerre in cui  l’umanità è stata e continua ad essere coinvolta. Naturalmente, nessuno ha il diritto di passare al nemico informazioni di natura militare. Per esempio, quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, io ho criticato il presidente Roosevelt, perchè ritenevo che egli avesse ricevuto informazioni imprecise e incomplete e che fosse stato malamente influenzato.


Io non sono un antisemita e distinguo tra l’usuraio ebreo e l’ebreo che lavora onestamente per vivere.


Hitler e Mussolini erano persone semplici di origini contadine. Penso che Hitler fosse un santo e che non volesse niente per se stesso. Ritengo che egli sia stato spinto verso l’antisemitismo e che la cosa lo abbia rovinato. E’ stato questo il suo errore. Quando si osserva il pasticcio in cui l’Italia versa attualmente dopo aver defenestrato Mussolini, si capisce perchè qualcuno ha avuto fiducia nei suoi sforzi.


Le politiche di Winston Churchill sono costituite da somma ingiustizia  unita a somma brutalità. Basti considerare, ad esempio, i bombardamenti contro obiettivi non militari.


Molti degli uomini che andarono nel nord Italia nell’autunno del ’43 con la Repubblica Sociale Italiana erano gente onesta che non poteva sopportare la meschinità di Badoglio. Il maresciallo presumibilmente trasse del denaro dalla resa agli Alleati. I documenti che riproducono le ricevute dei pagamenti sono stati pubblicati. Così come sono disponibili lettere manoscritte concernenti i debiti esteri di Vittorio Emanuele III. E queste sono state scritte dal re in persona.


Io certamente non ho mai trasmesso alcun messaggio di spionaggio alla radio italiana in nessun tempo. Non mi è mai stato chiesto di farlo da nessuno. Comunque, durante il regime di Badoglio una frase come “Tutti i cavalli del re e tutti gli uomini del re” sarebbe stata annunciata spesso sulla EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche, ndr). Secondo me questo era un messaggio in codice, ma non ho prove su questo. Io non ho mai usato quella frase. 

Io seppi di essere stato incriminato per tradimento da una Giuria federale negli U.S.A. nel luglio del 1943, quando i tedeschi mandarono a Roma una fotocopia statica di un articolo della rivista "Time' in tal senso. Penso che questo articolo fu mandato a Roma dai tedeschi prima dell’autunno del 1943. Ulteriormente, circa nel luglio del 1943 il Ministero italiano per la cultura popolare sottopose alla mia attenzione un’intercettazione radio, fatta dal loro personale della sezione radio. Questa intercettazione radio ha affermato che io ero stato incriminato per tradimento da una Giuria federale negli U.S.A. Sono subito andato all’ambasciata svizzera a Roma per scoprirlo. Lì mi tolsero il mio passaporto, dicendo che era scaduto. Tramite l’ambasciata svizzera a Roma ho mandato una lettera,passando per l’ambasciata Americana in Svizzera, al Procuratore Generale, sottolineando che non ero stato invitato dal Governo italiano a parlare alla radio italiana, ma che avevo richiesto la prerogativa. Nella lettera al Procuratore Generale degli USA dichiarai le condizioni su cui ero d’accordo a trasmettere. La lettera suddetta conteneva la seguente dichiarazione passata da Paresce, capo della sezione Radio del Ministero Italiano della cultura popolare, e poi annunciata alla radio italiana: 


Conformemente al principio fascista di libertà d’opinione da parte di quelli autorizzati ad avere un’opinione, al Dr. Pound è stata garantita la libertà della nostra radio. Non gli è stato chiesto di dire niente che fosse contrario alla propria coscienza o ai suoi doveri come cittadino americano”.


Non ho mai ricevuto una risposta del Procuratore Generale degli U.S.A.


Durante l’autunno del 1943, mentre ero a Salò, Italia, incontrai un uomo chiamato Schwartz, che era un ex professore tedesco. Stava lavorando per il Ministero tedesco della propaganda  e aveva un registratore portatile con sé. Gli garantii un’intervista e feci due registrazioni per la causa non solo di questa guerra, ma per una serie di guerre di tanti anni. Non fui pagato per questo lavoro. Non so se sia mai andato sulla radio tedesca. 


Ho letto la dichiarazione di cui sopra, consistente in due pagine battute a macchina e questa è la verità. Ho siglato (Autenticato?) ogni cambiamento che ho voluto fare e ho posto le mie iniziali o firma alla fine di ogni pagina. 

Ezra Loomis Pound.

giovedì 27 ottobre 2011

28 OTTOBRE 1922: UNA MARCIA PER IL FUTURO



Balla Giacomo - La marcia su Roma - 1932
Dicono che la storia sia ciclica, un continuo susseguirsi di corsi e ricorsi. Non lo so. Nessuno forse può saperlo, dato che bisognerebbe vivere secoli e secoli per poterlo constatare. Io posso solo dire che, talvolta, pone delle coincidenze davvero incredibili.
Non so voi, ma personalmente trovo una certa somiglianza tra la situazione che ha preceduto l’avvento del Fascismo e quella odierna.  Prima dell’ottobre del ’22, infatti, lo stato liberale viveva un momento di pesante crisi sistematica, con effetti che si sentivano soprattutto nell’economia: enorme debito pubblico, (allora dovuto, principalmente, alla guerra; oggi, magari fosse causato solo dalla partecipazione alle “missioni di pace”!), disoccupazione, inflazione e riconversione produttiva, forte esposizione debitoria delle imprese verso le banche, malcontento diffuso tra la popolazione. Una situazione davvero difficile da tutti i punti di vista, che la politica di allora non seppe affatto fronteggiare. Alla luce di tali premesse, si può facilmente prevedere quale fu la reazione delle masse: la protesta violenta, la furibonda manifestazione di insofferenza per un quadro economico-sociale davvero estenuante. Aggravato poi dell’operato delle forze di sinistra, che non persero occasione per cercare di volgere la situazione in proprio favore. Fecero leva, in maniera cinica e sfrontata, sul diffuso malcontento popolare per dare avvio ad una stagione di forti proteste, culminate in mobilitazioni contadine, occupazioni di campi e fabbriche, scioperi, picchetti e violenti scontri, al solo scopo di prendere con la forza un ruolo di primo piano nella vita politica del Paese. E’ il cd. “biennio rosso”, il sogno della “rivolta proletaria” che provava a muovere i primi passi anche in Italia. Quale sia stato il prezzo, quanto sangue sia stato versato a causa di quelle folli idee ormai lo sappiamo tutti o, almeno, dovremmo saperlo bene.
Praticamente, la stessa situazione di oggi. Certo, diverse e più complesse sono le cause dell’odierno debito pubblico, della disoccupazione, dell’inflazione e di tutto il resto, ma il male resta sempre lo stesso: la difficoltà delle famiglie a far fronte alle necessità quotidiane. Identica poi è la reazione della folla, stremata dalle rinunce di oggi e angosciata dalla semplice idea di un domani, che invade Roma, ma solo per devastarla. Così come accomunabile è l’operato delle forze di sinistra, che cercano ancora oggi di aizzare il popolo contro il padrone di turno per avere libero accesso alla stanza dei bottoni. Insomma, nella clessidra della storia è scorsa la sabbia di quasi cento anni, eppure davvero poco sembra essere cambiato. 
Le pur numerose analogie, tuttavia, finiscono qui. Non so se a questa constatazione mi porta il mio pessimismo o, piuttosto, una semplice osservazione della scena contemporanea. Manca, purtroppo, il genio politico di Mussolini, capace di interpretare i bisogni e le richieste delle masse, di stroncare sul nascere i propositi di “sovietizzazione” del nostro Paese, (ancora oggi tutt’altro che sopiti!), nonché di proporre un sistema alternativo, dai profili completamente nuovi. Certo, sull’operato delle Camicie Nere vi furono delle ombre, (anche se molte meno di quelle descritte dalla pseudo-storia tardoresistenziale), e nessuno lo nega; ma furono travolte dalla radiosa luce della vera rivoluzione socialista nazionale.  Manca anche una classe politica degna di tal nome. Sfido chiunque a trovare nella casta dei giorni nostri qualcuno che non dico operi, ma almeno parli di soluzioni concrete e reali per gli strati più sofferenti della società. E’ tutto un chiacchiericcio sterile ed insensato su “misure urgenti per il Paese” ,( che non vengono mai chiarite, né precisate), sulla necessità di un “nuovo governo” e, soprattutto, su una “nuova legge elettorale”. In altre parole, le difficoltà del ceto medio-piccolo vengono tirate in ballo solo come pretesto, una specie di maschera, utile per apparire belli e premurosi , mentre le preoccupazioni reali sono ben altre: quelle elettorali e partitiche. Manca, infine, qualsiasi proposito di unità da parte del popolo italiano, unito solo dalla disperazione e dalla rabbia. E come potrebbe essere altrimenti, dopo decenni di lobotomia democratica, cattomunista e internazionalista, che ha chirurgicamente eliminato dalle menti degli italiani qualsiasi senso di identità, di appartenenza e di nazionalismo? 
Ecco dunque la necessità  di ripensare a quel capolavoro politico che fu la Marcia su Roma, di meditare sullo spirito di quella folla rivoluzionaria che sfidò l’inadeguata classe dirigente solo per dare un futuro al proprio Paese. Un progetto difficile, un compito arduo che presentava così tanti e tanto grandi rischi, ma che incontrò l’approvazione della folla festante, accalcata nelle stazioni e nelle strade mentre aspettava il “passaggio della compagnia”. Una “compagnia” estremamente variegata, fatta di legionari fiumani, fascisti, nazionalisti, popolari, democratico-sociali nittiani, giolittiani, salandrini, indipendenti filofascisti, tenuta insieme da un unico collante: l’amor di Patria. La storia ci dice che quello fu l’inizio di un’epoca di traguardi inimmaginabili per l’Italia,(pur con tutti i suoi lati problematici), fatta di grandi conquiste sociali, record in tutti i fattori produttivi, crescita demografica, culturale e sociale e progresso materiale e spirituale, che solo l’esito di un’infausta guerra, (creata ad arte dalla masnada liberal-democratica), ha rischiato di cancellare . Un meccanismo quasi perfetto, guidato da un condottiero fiero e geniale, che portò l’Italia ad erigersi sopra le altre. Volete un esempio? Vi basti pensare che nel biennio ’29- ‘31, i peggiori anni della tremenda crisi, mentre il “mondo libero” razionava il pane, in Italia si votava il plebiscito per il Fascismo, si inaugurava l’ “Opera Nazionale Balilla” ed i “Campi Dvx” erano sparsi per tutta l’Italia, si apriva l' “Accademia d'Italia”, (che annoverava tra le sue fila Mascagni, Fermi, Marinetti, Pascarella, Romagnoli e Guglielmo Marconi), si mandavano ben 8 idrovolanti alla conquista di Rio de Janeiro, si dava il via alla bonifica dell’Agro Pontino e alle grandi riforme fasciste e si riceveva in pompa magna il “mahatma” Gandhi. Mica male per il “male assoluto” !
Con tutto questo voglio dire che gli italiani d’allora, partendo da una situazione tragica, seppero riscoprirsi popolo, abbatterono il muro delle divisioni ideologiche, sposarono l’ideale di Patria, affrontarono la crisi e costruirono un impero, sebbene a costo di immensi sacrifici e sovrumane rinunce. Quelli di oggi, ahimè, sono incapaci di andare al di là di Berlusconi e si recano in piazza, al comando degli autori della crisi, per spaccare vetrine e gridare insulti alla polizia. Solo una piccola parte d’Italia lotta, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle responsabilità della crisi e per proporre soluzioni operative, senza però incontrare il sostegno della massa, che anzi etichetta ed osteggia, con l’unico risultato che a prosperare sono soltanto i soliti noti e  con buona pace di tutti gli altri. 
Come sono lontani quei tempi, in cui si era disposti a rinunciare a tutto in nome di un ideale, a stringersi attorno ad una bandiera, ad indossare una camicia per lanciare un messaggio: “coraggio Italia, coraggio italiani!” .  Sono andati, forse per sempre. Resta solo il vuoto dei tempi moderni, il nichilismo presente, il lamento di giovani, adulti e vecchi. Una situazione destinata a divenire cronica, a causa dell’assenza di qualsiasi proposito di reazione, (che non sia una semplice esternazione di malcontento), fatto di proposte e soluzioni concrete. Pertanto, vi prego:  non ditemi più che la storia è fatta di corsi e ricorsi perché tanto non ci credo. Pone solo delle somiglianze; ma per il resto è semplicemente un declino costante, una caduta nell’abisso, illuminata sporadicamente da un lumicino di speranza. Flebile, quasi invisibile, ma presente. A noi il compito di far divampare quel lumicino, di riaccendere quella fiamma. Non sarà facile, sarà anzi doloroso, ma dobbiamo provarci. Per noi e per l’Italia. Eja, eja, alalà!
Roberto Marzola.

martedì 25 ottobre 2011

SARKO’: “MA CHE TE RIDI?” E VOI ALTRI COSA RIDETE?


Permettetemi un’espressione dialettale, almeno nel titolo. Una discesa nel volgo, un contatto diretto con l’indole vera, autentica e senza peli sulla lingua tipica dei marchigiani veraci. Concedetemelo per fare una semplice domanda al presidente francese Sarkozy: ma che te ridi? Già che ci siamo: cosa ridono tutti gli altri?
E’ la domanda più spontanea che mi sia venuta dopo aver assistito al triste siparietto a cui ha dato vita con una Merkel piuttosto imbarazzata, (che ha preferito girare il capo dall’altro parte), al suono di una semplice domanda: ha fiducia nelle misure prese dal governo italiano? Sarkozy ha risposto con faccia di bronzo e sorriso canzonatorio.
Tanto è bastato alla sinistra italiana per andare in brodo di giuggiole: il presidente francese ci sberleffa; sicuramente deve aver ragione sul fatto che siamo un popolo di idioti e pagliacci. Grasse risate. Viva la Francia. “Allons enfants de la Patrie le jour de gloire est arrivé!” eccetera eccetera. Cantiamolo tutti. Canzoniamo il nostro Paese. Lasciamo che gli altri ci etichettino come eterne caricature. Fate tutto quel che volete signori. Entrino e s’accomodino: noi siamo qui a farci prendere in giro. Prendetevi pure la libertà di dire tutto su di noi, tanto a noi cosa ce ne frega?
Sarà stato questo lo spirito che ha animato i nostri patrioti durante il Risorgimento e la Prima Guerra Mondiale, che ha alimentato le speranze e i sogni unitari di tutti quei nostri poeti ed intellettuali nazionalisti, (praticamente da Dante fino a Foscolo e D’Annunzio), che ha ispirato Mameli nella composizione dell’Inno? Evidentemente sì. Deve essere per forza così, dato che dal 17 marzo di quest’anno questi gaudenti signori si sono arrogati il diritto di spiegarci cosa voglia dire patriottismo, Patria, Nazione e Popolo, pur essendo arrivati a certi concetti con almeno mezzo secolo di ritardo, a causa degli effetti della sbornia internazionalista e bolscevica. Una bella lezione, non c’è che dire!
A parte gli scherzi e le provocazioni, mi domando e dico: era così difficile rispondere per le rime a Sarkozy? Dirgli: “Non ti permettere di ficcare il naso in casa nostra e pensa ai fatti tuoi, che a criticare i nostri governanti, semmai, pensiamo noi?”. Oppure, (ed era la domanda di partenza): “cosa avrai da ridere?”.
Sì, perché a pensarci bene Sarkozy e la Francia hanno ben poco da ridere. Qualche tempo fa avevo già scritto delle difficoltà politiche del Presidente della Repubblica francese, incalzato dall’opposizione di centro-sinistra e, soprattutto, dall’astro nascente di Marine Le Pen. Difficoltà a cui, evidentemente, cerca di sopperire con qualche bomba in Libia,  un’uscita da guascone e un alone di mistero sulla nascita del figlio avuto con Carla Bruni. Non sono, però, solo i conti elettorali a preoccupare Sarkozy. Sono ben altri quelli che lo preoccupano o che, almeno, dovrebbero tenerlo in ambasce. L’economia del suo Paese, infatti, frena. Nel secondo trimestre del 2011 l'Insee, l'ufficio di statistica transalpino, ha rilevato una crescita nulla[1]. Da tempo, poi, si vocifera della debolezza della stessa economia francese, pur classificata da “Standard & Poor” con la tripla A, dato che sul fronte del deficit “la Francia presenta la situazione più traballante del ristretto club degli Stati dell’eurozona che possono vantare la tripla A (Germania, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Lussemburgo): il deficit rappresentava ancora il 7,1% del Pil a fine 2010. Se tutto va bene passerà al 5,5% alla fine di quest’anno (contro il 3,7% degli olandesi o il 2% dei tedeschi), per poi scendere al 4,6 nel 2012 e al 3 nel 2013[2], ammesso però che abbia una crescita economica decente e, con l’aria che tira, c’è poco da essere fiduciosi, anzi gradassi.
La vera spina nel fianco di Sarkozy, tuttavia, sono le banche, autentici giganti dai piedi d’argilla, che hanno investito praticamente dappertutto: in Italia, (circa 400 miliardi di titoli), ma anche in Grecia, dove i tre maggiori istituti di credito francesi, (Bnp Paribas, Societè Generale e Credit Agricole), rischiano di lasciare sul campo diversi quattrini, a causa delle arcinote difficoltà finanziarie della Grecia stessa [3]. Moody’s aveva già lanciato l’allarme lo scorso settembre, e da allora minaccia di abbassare il rating anche per la Francia.
Alla luce di tutto questo, non mi pare proprio che ci sia molto da ridere oltralpe. Anzi, direi che ci sarebbe da essere preoccupati. La proverbiale “grandeur" francese non mi sembra cosa di questo secolo e non ci farei molto affidamento, dato che la Francia si è tolta giusto qualche sfizio calcistico e poco altro.
Perché, allora, dobbiamo farci umiliare da simili personaggi? Perché dobbiamo accollarci sempre e comunque l’immagine tragicomica della caricatura, dei mandolinisti mangia spaghetti? Perché non rispondere per le rime, soprattutto quando si potrebbe facilmente obiettare che, pur nella tempesta, l’Italia è sicuramente più al riparo della Francia, grazie soprattutto ai risparmi e ad un sistema bancario più solido e meno esposto?
Sarebbero risposte semplici da dare. Eppure stiamo zitti. Perdonatemi, ma non capirò mai il senso di tanta piaggeria, questa sindrome di inferiorità onnipresente, questa continua rinuncia a sentirsi Paese vivo, fiero, orgoglioso e compatto, in grado di poter competere con chiunque e di superare ogni ostacolo economico, politico e sociale, con o senza l’aiuto dell’unione affaristica europea. Anzi, sono io che non vi perdono per tutto questo e ve ne faccio una colpa. State facendo davvero malissimo al Paese e non ve ne rendete conto, ( o almeno spero).C'è bisogno di cambiare mentalità ed iniziare a sentire l’orgoglio di essere italiani sempre e comunque, perché la percezione del nostro Paese all’estero non dipende da ciò che combina il Berlusconi di turno, ma comincia proprio da noi italiani. Siamo infatti noi l’essenza del nostro Paese, (così come la sua principale fonte di sventura); non i nostri rappresentanti istituzionali, che vengono ben dopo. Finché continueremo a permettere a chicchessia di sparare a zero nei nostri confronti, unendoci persino nei cori di scherno e disapprovazione, resteremo quel piccolo Paese di provincia, fatto di gente modesta, subdola e approfittatrice, sempre pronta a vendersi per un piatto di lenticchie. Questo, purtroppo, siamo nell’immaginario collettivo europeo, da ben prima ancora che arrivasse Berlusconi. Ci portiamo addosso gli strascichi di millenni di invasioni barbariche e di dominazioni straniere, cui si è aggiunta l’infamia del tradimento durante la seconda guerra mondiale che, sebbene si tenda a minimizzare, pesa tantissimo sulla nostra immagine di Popolo e di Nazione. Perché non riusciamo a capirlo? Perché non ci ribelliamo a così tante etichette infami?
Provate a ragionarci su, ad interrogarvi come faccio io. Magari provate a darmi qualche risposta. Io non so trovarne francamente. Provo solo rabbia e pena verso questa massa di oche giulive che ridono. Ma di cosa ridono? Di loro stessi e della loro dabbenaggine. Pensate che bello!
Roberto Marzola.


[1] Rilevazione: agosto 2011. Fonte: “Il sole 24 ore”. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-08-12/francia-crescita-zero-091928.shtml?uuid=Aa8tfjvD
[2] http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/10/debito-la-francia-teme-di-finire-nel-mirino-sarkozy-rientra-a-parigi/150869/
[3] http://www.soldi-web.it/news-1/mercati/banche-tre-big-francesi-sotto-la-lente-di-moodys-pesa-la-grecia

domenica 23 ottobre 2011

GHEDDAFI,SADDAM, OSAMA BIN LADEN: “MAMMA LI DEMOCRATICI!”

Mamma li turchi” era il grido di paura e disperazione che si levava nell’Italia meridionale tra il 1400 e il 1600, quando erano frequenti le scorrerie dei pirati ottomani che compivano qualsiasi atto di barbarie. Oggi, se ne potrebbe fare una parafrasi e arrivare a dire “mamma li democratici” per descrivere altre barbarie: quelle commesse dalle forze comandate dai liberal-democratici nei vari Paesi del mondo.
Ormai è una costante: laddove vi sia un “dittatore che viola i diritti umani”, le forze democratiche e liberali intervengono militarmente in nome degli altissimi ideali di cui sono gli unici detentori. Basta un semplice sospetto e null’altro che, puntualmente, si ripetono scene raccapriccianti, come le ormai consuete folle esaltate da una regia più o meno occulta ed i macabri assassinii che ne sono la risultante. Di esempi se ne potrebbero fare a iosa, dato che la storia del novecento ne è piena : Mussolini, Ceausescu, Saddam e Gheddafi.

Oggi, vorrei dedicare qualche riga proprio al Colonnello Gheddafi,per onorare la memoria di un uomo chiaramente discutibile, con più di un lato oscuro, ma ben lontano dall’essere il criminale che viene dipinto in questi giorni. Non un santo insomma, ma neanche la reincarnazione del diavolo.
Salito al trono nel ’69 dopo aver deposto con un vero e proprio colpo di stato il re Hasan I, ha guidato il proprio Paese pur senza ricoprire alcun ruolo ufficiale, se non quello di “Guida e Comandante della Rivoluzione”. Si è sempre distinto per la sua politica di unione nel mondo arabo e per la sua ostilità al sionismo internazionale e ad Israele. In Italia abbiamo imparato a conoscerlo bene, perché praticamente tutta la classe politica di Casa nostra gli ha leccato il culo in almeno un’occasione. E’ stato sicuramente una grande guida per il suo Paese, fino a qualche mese fa,ovvero fino quando non è stato investito dalla “Primavera Araba”. Come sono andate le cose da quel momento in poi lo sapete tutti. L’hanno scritto tutti i media, che ci hanno mostrato tutto sulla caduta del “perfido” dittatore. Non hanno risparmiato nessuna immagine neanche degli ultimi istanti della sua vita e di quella dei suoi figli. Tutti morti ammazzati senza processo, senza un’accusa formalizzata che non fosse quella di “aver schiavizzato un popolo” e “ucciso i nostri figli”. Quando e come? Quanti e quali figli? E, soprattutto, perché? Domande più che legittime, ma destinate a non trovare risposta. Disinformazione sistematica; censura democratica.
Sì, perché ci sono davvero diverse cosine che i media non dicono, fatti ed eventi che l’informazione ufficiale tace in maniera sistematica, al fine di sedurre, (come al solito!), l’opinione pubblica, di indurla ad essere benevola nei confronti della task force composta, principalmente, di inglesi e francesi.
Così, non ci dicono nulla sulle ragioni politiche ed economiche dell’aggressione: sionismo nel primo caso, (per chi non lo sapesse, infatti, Gheddafi è stato uno dei principali attori nella lotta al sionismo internazionale, tanto nel periodo ’69-’88, ossia l’anno di Lockerbie[1], ma anche nel 2009, quando difese il presidente sudanese Al Bashir da un mandato di cattura contro i secessionisti del Darfur[2], finanziati da Israele), e ingenti quantitativi di petrolio nel secondo caso, (che devono far parecchia gola a Sarkozy e soci, ansiosi di controllare una delle più grandi scorte mondiali di petrolio e derivati).
Non ci dicono nulla neanche della finanza libica. La politica finanziaria e bancaria di Gheddafi, infatti, è stata descritta spesso come una valida alternativa a quella cd. “laica”. A tal proposito, basti sapere che le banche libiche concedevano prestiti non gravati da interessi e che il Paese africano non ha debito pubblico[3], notoriamente generato dal fenomeno del signoraggio bancario. Normale che la lobby degli usurai mondiali sia andata su tutte le furie e abbia messo in moto la sua potente macchina d’assalto contro questa terribile minaccia alla prima occasione buona!
Tacciono anche sul fatto che, contrariamente a quanto ci hanno fatto credere, la Libia di Gheddafi era una democrazia diretta, vale a dire una forma di stato in cui il popolo sovrano, anziché farsi rappresentare, ha il diritto, garantito costituzionalmente, di proporre e votare direttamente le leggi attraverso appositi strumenti di consultazione e partecipazione popolare. Organismi in tal senso sono il Congresso popolare di base, permanente, il Congresso generale del popolo e il grande Congresso nazionale che si riuniva una volta all’anno. Alla faccia della dittatura!
Non ci hanno detto nulla, infine, delle violenze dei ribelli, vale a dire su tutti quei fatti, qualificabili come veri e propri crimini contro l’umanità, commessi proprio dai ribelli libici, dai "buoni" di turno. E non è un dato secondario, posto che queste violenze sarebbero state la causa della dura repressione posta in essere da Gheddafi. Se così fosse, infatti, molti dei cosiddetti “crimini” di Gheddafi si trasformerebbero in atti di autodifesa, legittimi sia alla luce del diritto penale nazionale che delle convenzioni internazionali in materia di conflitti interni. In rete esiste un’ampia documentazione video di tutte le violenze poste in essere dagli oppositori di Gheddafi. Perdonatemi, ma non ve le indico direttamente per non dar adito a facili sensazionalismi. Vi dico solo che basta una ricerca di cinque minuti con Google e Youtube. Ciò che, invece, voglio indicarvi, giusto per dimostrare che non sto parlando di cose inventate, è la notizia di relazioni curate da organismi umanitari, (come ad esempio “ Physicians for Human Rights”), in cui si denunciano tutti i brutali crimini commessi dai ribelli, in particolare a Misurata, città simbolo della resistenza contro il Colonnello Gheddafi, da portare a conoscenza del Tribunale penale internazionale dell’Aja[4]. La stessa Amnesty International, inoltre, ha depositato oltre 100 pagine di documentazione, in cui dice che i ribelli hanno compiuto crimini contro l’umanità su vasta scala, proprio come quelli contestati a Gheddafi [5]. Con una differenza però: Gheddafi li ha pagati con la vita; i suoi aguzzini la passeranno liscia come al solito.

Insomma, un altro cruento fatto di sangue, buono per mettere un macigno su un capitolo di storia recente più torbido delle limacciose acque del Lago Averno, oltreché per tappare la bocca a Gheddafi stesso, giusto per evitare che potesse svelare altri loschi e, pertanto, scomodi retroscena politici; un’altra campagna di disinformazione di massa, idonea come sempre per far credere che tutto sia stato fatto alla luce del sole, con la benedizione delle normative e degli organismi internazionali. Nulla di tutto ciò o, comunque, ben poco sta realmente così. Siamo alle solite: in nome della democrazia e della libertà si compiono alcuni dei  crimini più atroci contro l’uomo. Ma c’è di peggio: dopo questi crimini, i soprusi, le infrazioni alle norme di diritto internazionale e il sangue innocente versato, non ci saranno né libertà, né democrazia. C’è da scommetterci: ai “tremendi dittatori”,(che magari avevano assicurato il bene dei loro Paesi), subentreranno i fedeli burocrati delle potenze usuraie per installare tutte le strutture e sovrastrutture di controllo della politica, dell’economia e, non ultima, dell’opinione pubblica. Un’autentica dittatura, insomma, travestita però da democrazia. Nessuno sarà più libero, più tutelato, più ricco o più felice di ieri; ma potrà essere spesa quella parola, si potrà dire "qui si rispettano le libertà fondamentali dell'individuo". Ma quali? Non è dato sapere. Ciò che conta è parlare, far credere di aver sconfitto ancora una volta il "male assoluto". Il resto, non conta!

Roberto Marzola.

venerdì 21 ottobre 2011

MA CHI SONO QUESTI “NEOFASCISTI”? RIFLESSIONI SUI NEOFASCISTI DI IERI ED OGGI

Scrivo questo articolo quasi a chiusura di una sorta di percorso tematico iniziato con il post “Neofascisti: coscienza e dovere” e proseguito con gli altri a proposito degli eventi di Roma, (in cui sono stati tirati in ballo,per presunti sabotaggi verso la “pacifica” manifestazione di protesta contro la crisi, proprio i “neofascisti”). C’è una sorta di filo comune che lega tutti questi articoli, idoneo a descrivere un        piccolo-grande mondo della realtà politica,sociale e culturale italiana, quello del neofascismo appunto, su cui in questi giorni si è detto di tutto, più per pregiudizio che per conoscenza.
A tal proposito, è tornato in auge il solito  teoremino da quattro soldi, sempre buono per far credere alla gente che trattasi di “giovani ammaestrati”, “educati all’odio” e, in quanto tali, “violenti”, “schiavi del potere”, magari della borghesia. Gli schemi mentali della nostrana «intelligencija»,(non a caso uso un termine russo!), non sono mai stati capaci di andare oltre, di arrivare ad un risultato diverso: è stato così  ieri per il Fascismo, (definito “la guardia bianca della borghesia”, teoria sbugiardata dallo stesso Mussolini[1]); è stato ed è così per il neofascismo, che nell’immaginario collettivo proposto da questi signori gioca sempre il ruolo del cane da guardia del potente di turno: ieri della D.C., oggi di Berlusconi.
Tutte balle!
Non parlerò di Fascismo, perché non c’è bisogno di addentrarmi in lunghe e complesse analisi storiche. Bastano le parole del Duce, pesanti come macigni, riportate a piè di pagina a sbugiardare la solita propaganda antifascista. A me preme parlarvi di quei ragazzi, da sempre rifiutati dalla politica che conta, (persino da coloro che da questo ambiente provengono),che hanno scelto di porsi come continuazione di quegli stessi ideali che il Fascismo ha portato avanti per tutta la sua breve ma intensa storia. Quasi una sorta di passaggio di consegne, un’investitura diretta, un affidamento di ideali che non possono e non devono morire, in quanto frutto dell’indole e della stessa essenza italiana ed europea. Parlo di tutti quei valori, di quei costumi, di quel modo di intendere la vita,la politica e la società che derivano direttamente dalla Tradizione, di cui ho già parlato.
Ebbene, questi ragazzi, partiti dall’orizzonte fascista, sono andati oltre la semplice nostalgia per un passato tanto onorevole quanto sfortunato ed osteggiato. Hanno esplorato orizzonti politici nuovi, solcato sconosciuti mari della coscienza, accarezzato gli altissimi ed ignoti cieli del pensiero. Sono riusciti ad andare al di là delle categorie politiche,culturali e sociali comuni, ben oltre gli schemi rigidi del pensiero democratico, il mondo dei binomi: destra-sinistra, fascismo-antifascismo, cominismo-capitalismo,bene-male.
Tutto questo venne rifiutato dalla politica di allora, (proprio come oggi). Nacque così un movimento “terzaforzista”, volto a superare questa sorta di pantano democratico, fatto di alternative secche ed autoescludenti. Si scelse di concentrarsi su una realtà diversa, trascendente rispetto alla politica stessa. Nacque, cioè, il concetto di “metapolitica”. Proprio come Aristotele aveva creato la “metafisica” per descrivere ciò che trascende la natura, questi giovani proposero un concetto nuovo, di ricerca teoretica e pratica del cd. “fondamento non politico della politica”. Basta parlamentarismo. Partitocrazia al bando. Si rifuggono le logiche elettorali, la conta dei voti; in poche parole i “ludi cartacei”. Tutto passa in secondo piano. Si sceglie di lavorare su un qualcosa che sta prima rispetto a questa politica e che da essa è indipendente: lo spirito. Merito sicuramente degli insegnamenti di Evola, che propone la cura dello spirito e dalla Tradizione, sua estrinsecazione nel corso dei secoli, come strumento di lotta rispetto al delirante ed imperante materialismo moderno che tutto distrugge. Non c’era, (e non c'è ancora oggi), solo Evola negli zaini e sui comodini di questi ragazzi; si leggevano anche Pasolini e Marcuse, (come ricorda una persona di profondo spessore culturale che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare, pur con le distanze di vedute che ci sperano, uno che il neofascismo, inteso in questo senso, l’ha conosciuto da vicino); aggiungo: così come si leggevano Mircea Eliade, Oswald Spengler, Massimo Scaligero, Giuseppe Tucci e Pio Filippani Ronconi, René Guénon, Ezra Pound. Autori che hanno ben poco a che fare con la politica come viene ancora oggi intesa. Autori che parlano di spiritualismo, di mistica,persino di paganesimo ed esoterismo. Ma parlano anche di elitismo, cioè di un potere invisibile nelle mani di pochi, corrotto e corruttore, di rivolta e di rinascita di un mai domo spirito ancestrale, super-individuale, praticamente oltreumano.
Partendo da queste solidissime basi culturali, quei ragazzi di ieri accettarono di sfidare la modernità ed i suoi ritmi, tanto frenetici quanto umilianti per l’uomo. Si lanciarono in una critica feroce nei confronti di quest’ultima, cercando di valorizzare l’uomo, di riproporre la teoria della socializzazione dell’economia ed i valori corporativi, ammonendo sui pericoli dell’usura bancaria e del suo potere occulto, dichiarando guerra alle lobby massoniche ed economiche, sposando la causa ambientalista, difendendo l’identità culturale e nazionale, il sacrosanto diritto di ogni popolo a vivere in casa propria, in pace coi suoi simili, parlando la proprio lingua, secondo i propri usi e costumi, proponendo insomma un nuovo senso di comunità interna e di fratellanza dei popoli europei, basate su vincoli tradizionali e di sangue.
Questo è stato il neofascismo fino agli anni ’70. Purtroppo, è stato vituperato a causa dei soliti pregiudizi ideologici, nonché ostacolato da vecchi nostalgici, (come il povero Giorgio Almirante, grandissimo e stimabile politico, che però non capì fino in fondo la potenza di quei messaggi), e da giovani già vecchi, (come Gianfranco Fini che, a mio avviso, quei messaggi non li ha mai nemmeno ascoltati né capiti), che l’hanno rifiutato e bandito, confinandolo ai margini della politica.
Ma quelle idee e quello spirito non sono morti. Sopravvivono nei cuori e nelle menti di tanti giovani che, pur consapevoli di incamminarsi su di un sentiero ripido, tortuoso ed infame, hanno scelto di leggere ancora quegli autori, di superare quegli schemi ancora oggi imperanti, di rifiutare la dilagante mentalità consumistica  e capitalistica, per combattere quelle sacrosante battaglie, fatte di un idealismo folle, di un amore disperato per l’uomo, per la famiglia, per la società, per l’Italia e per l’Europa.  Mi ci metto anche io. Ci metto, anche e soprattutto, tutti gli altri ragazzi che ho avuto la fortuna di conoscere da quando ho intrapreso questa strada, a cui mi sento legato da vincoli di cameratismo, di fratellanza e di sangue. Siamo pochi e con poche armi, soli contro tutto e tutti, evenienza che sembra essere scritta nel destino di chiunque osi sfidare il libero pensiero ed il libero mercato, (o presunti tali). Una sorte infame, fatta di pochissime gioie, tanti dolori e tante delusioni, legate alla constatazione della quasi impossibilità del compito che ci siamo prefissati; alla visione del mondo che marcisce sotto i nostri occhi, dei giovani senza più speranza e dei vecchi che ormai attendono solo la morte; ai tradimenti di tanti che lasciano, (scarsamente compensati dalle gioie di chi sceglie di lottare), dal fanatismo di tanti presunti neofascisti,incapaci di pensare e di partorire un pensiero con la propria testa; alla fatica di essere costretti ad andare contro corrente, sempre e comunque, per necessità, non certo per miope scelta.
Altro che “odio, violenza e sudditanza verso i poteri forti” !

Il neofascismo è sì un mondo che propone battaglia; ma una battaglia proprio contro quei poteri forti, quelle oligarchie politico-finanziarie che hanno reso tutti schiavi e che ancora uccidono in nome della “democrazia”; una battaglia, però, fatta senza odio né violenza, con la sola forza del pensiero e della militanza. Una battaglia disperata, di pochi contro tanti. Non perché siano in tanti a comandare,(è vero il contrario),  ma perché bisogna combattere il comune pregiudizio da un lato e, dall’altro, la cricca di “camerieri e banchieri”.  Un compito arduo, una missione impossibile. Non ce ne lamentiamo, perché lo facciamo con amore e abnegazione; perché eravamo stati avvertiti: “il compito che ci siamo assunti non è da uomini, ma da eroi […]  Eroe è chi riesce a spezzare i vincoli condizionanti che lo legano, ora ad ora, alla grigia materialità del quotidiano, per seguire ad ogni costo la suprema armonia del cosmo, il sentiero della super-vita e della partecipazione al Grande Spirito. L’eroe è quindi portato a fare il proprio dovere, senza bisogno di alcuna costrizione, ed ha nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile che un pubblico impiegato seduto dietro a un bancone. Libero, non è chi non ha padrone, ma chi è padrone di se stesso, e quindi l’eroe è il solo tipo umano veramente libero”  [2].

E come piccoli eroi,pur con tutti i nostri affanni, i nostri difetti, i nostri cronici difetti, le nostre paure e i nostri rimpianti, tentiamo di rimboccarci le maniche per far fronte al dramma odierno, sperando di raggiungere prima o poi l’orecchio della gente comune ed onesta, insieme alla quale vogliamo combattere questo mondo, per costruire un domani migliore e libero, un nuovo avvenire, per noi stessi, per i nostri figli e per tutti quelli che verranno. Un mondo in cui l’uomo possa vivere secondo la sua natura umana,secondo il proprio spirito, in pace con se stesso e con gli altri, nonché con l’ambiente naturale che lo circonda. Su questa strada camminiamo e vogliamo continuare a camminare. Soli oggi, domani speriamo in tanti. “Stanchi, sporchi ma…FELICI”.
Roberto Marzola.           


[1]Quando si scrive che noi siamo la guardia bianca della borghesia, si afferma la più spudorata delle menzogne. Io ho difeso, e lo affermo con piena coscienza, il progresso dei lavoratori. Tra le cause principali del tracollo del fascismo io pongo la lotta sorda ed implacabile di taluni gruppi industriali e finanziari, che nal loro folle egoismo temevano ed odiano il fascismo come il peggior nemico dei loro inumani interessi. Devo dire per ragioni di giustizia che il capitale italiano, quello legittimo, che si regge con la capacità delle sue imprese, ha sempre compreso le esigenze sociali, anche quando doveva allungare il collo per far fronte ai nuovi patti di lavoro. L'umile gente del lavoro mi ha sempre amato e mi ama ancora”, Benito Mussolini, Testamento.

martedì 18 ottobre 2011

L’ASSURDITA’ DEI “BLACK BLOC FASCISTI”

Uno dei fermati: Fabrizio Filippi, "Er Pelliccia".
Un black bloc di buona famiglia.Il fratello è candidato alle comunali con una
lista vicina a Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola.
Lui da che parte starà? Sarà forse "fascista" ?

A Roma sembrano passati ancora una volta i barbari invasori: dopo i Visigoti di Alarico, i Vandali di Genserico, i Normanni di Roberto il Guiscardo e i Lanzichenecchi di Carlo V d’Asburgo, pochi giorni fa è toccato ai “Black Bloc”, novelli barbari e mercenari. Non è cambiato davvero niente: la città invasa, il patrimonio urbano, artistico e ambientale devastato, opere violentate, scontri armati nelle piazze, ressa e scempio ovunque.
Stavolta, però, ci sono le immagini, i giornali e i mass media in generale. Si può vedere in concreto chi ha fatto cosa o, almeno, si può tentare di risalire ai colpevoli per prendere i provvedimenti opportuni. Infatti, sono partite le prime indagini, volte a fare chiarezza circa le responsabilità degli scontri, grazie soprattutto all’aiuto delle telecamere sparse per le vie della Città Eterna, delle foto apparse sui mezzi d’informazione e persino delle immagini raccolte dai presenti, poi trasmesse alle Forze di Polizia. Indagini che iniziano a dare i primi frutti, stravolgendo tutte le teorie o, se preferite, le ricostruzioni di comodo fatte dai canali di informazione che vanno per la maggiore, vale a dire TV e giornali della sinistra italiana: da “La Repubblica” a “Il Fatto Quotidiano”; dal TG3 a Indymedia. Tutte queste voci “imparziali”, (ovviamente si fa per dire), avevano teorizzato la presenza di “fascisti infiltrati”, di una “regia fascista”, appositamente creata per salvare il sedere a Berlusconi e mandare all’aria la manifestazione del 15 ottobre . Quella, siccome organizzata dalle varie fazioni della sinistra più o meno antagonista, (solo per fare degli esempi:  Arci, , Unicobas, Cobas, Federazione Anarchica Italiana, Federazione della Sinistra, Il Popolo Viola, Legambiente, Partito comunista dei lavoratori, Rete dei Comunisti, Sinistra Ecologia Libertà, Sinistra Critica, Movimento 5 stelle di Beppe Grillo), è pacifica per definizione. Da quegli illuminati, profeti dell’autocontrollo, non ci si può mai aspettare un gesto sopra le righe, un moto violento o qualcosa di simile; nossignore, da certe gente ci si deve aspettare solo pace, cultura e progresso. Loro sono l’alternativa pura, casta, intelligente e preparata a qualsiasi governo, (sebbene eletto dai cittadini), che non sia del loro stesso colore. Come la caduta dell’attuale governo possa cambiare le carte in tavola, non è dato sapere; così come non è dato sapere quali sono le ricette che lor signori vogliono proporre come alternativa. Viene quasi da chiedersi se questa gente conosca i motivi che hanno spinto così tante persone in piazza, che non siano ovviamente l'antipatia per Berlusconi. 

A parte questo, dicevamo che le indagini degli inquirenti hanno mandato all’aria tutti i teoremi della sinistra italiana. Risulta, infatti, come la stragrande maggioranza degli indagati sia vicina alla stessa sinistra o, per lo meno, alle sue frange più estreme. Dodici arresti in tutta Italia; controlli nei centri sociali delle città di Milano, Napoli, Roma, Firenze, Palermo, Bologna, Torino, Rovereto e Ancona. E’ già emerso del  materiale interessante. Nel capoluogo dorico, ad esempio, sono stati sequestrati documenti, (definiti “interessanti” dagli stessi inquirenti), nelle abitazioni di sei simpatizzanti anarchici. «Tra di essi anche un ex militante del partito dei CARC (Comitati di appoggio alla resistenza per il Comunismo), movimento politico italiano extraparlamentare marxista e leninista, i cui sostenitori sarebbero stati invischiati in numerose vicende giudiziarie e sospettati di intrattenere legami con alcuni gruppi terroristici tra cui le Brigate Rosse.  Ma non è tutto. Nel corso dei controlli sarebbero spuntate fuori anche mazze da baseball, caschi e fumogeni, materiale che potrebbe essere stato utilizzato durante l'assalto di sabato. Nel frattempo si fa sempre più grave la posizione dei dodici ragazzi arrestati durante le violenze di piazza San Giovanni. Tutti giovanissimi, con un'età compresa tra i 19 e 30 anni, rischiano dai 3 ai 15 anni di carcere. Oltre all'accusa di resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale, gli inquirenti sospettano la premeditazione delle violenze, ipotesi che ha fatto scattare le misure cautelari in carcere»[1]. Questo è solo un  possibile esempio; uno di una lunga serie. Sono stati fermati altri sei ragazzi a Firenze per possesso di oggetti contundenti. Anche a Trento è stato sequestrato del materiale che potrebbe essere stato impiegato a Roma,  ancora una volta rinvenuto negli ambienti anarco insurrezionalisti. Alcuni dei fermati avrebbero anche dichiarato di essere giunti a Roma addirittura dopo una sorta di “percorso formativo”, tenutosi tanto ad Atene quanto in Val di Susa.

Si è scoperta l’acqua calda insomma! Non per vantarmi, ma l’avevo detto nel post precedente, prima ancora che partissero le indagini: in Italia le gesta dei “black bloc”, (un gruppo internazionale al soldo della elite finanziaria), arrivano a conseguenze estreme per il gioco di sponda puntualmente offerto loro dai no-global, anarchici e comunisti italioti di vario genere, vecchi e nuovi.

Mi vengono spontanee delle domande di fronte a tutto ciò:  come possono gli organizzatori dell’evento fingere di non sapere della partecipazione di questi signori?  Se davvero volevano che la manifestazione restasse pacifica, perché non hanno agito di concerto con la polizia? Cosa hanno fatto in concreto gli intervenuti per arginare l’azione di questi violenti? Perché gli stessi manifestanti si sono uniti ai “black bloc” nell’ingiuriare le forze dell’ordine, anziché aiutare queste ultime? Dobbiamo forse concludere che questa sinergia non sia affatto casuale, ma faccia parte di un disegno preciso?
Mi rispondo da solo, perché ormai sono quasi sicuro: a questi signori della crisi, degli stipendi inconsistenti, dei giovani disoccupati, delle famiglie sfrattate dalle loro abitazioni, dei risparmi evanescenti, delle borse a picco e di tutto il resto non importa un fico secco in realtà. La loro è solo sete di potere. Vogliono solo prendere la palla al balzo per fare fuori qualsiasi sorta di avversario politico, arrivando persino a dipingerlo per ciò che non è, accusandolo di ciò che loro stessi hanno fatto o, comunque, avallato e tollerato. E certe occasioni sono una manna in tal senso, in quanto offrono l'occasione di muovere pesanti accuse a tutti gli avversari, oltre a quella di poter dire di essere scesi in piazza con la gente stremata. Branco di pagliacci! Siete tutti conniventi, tutti colpevoli, sebbene facciate di tutto per fingervi indignati e sconcertati dalle "violenze fasciste".
Sto dicendo che qui, cari miei, c'è ancora gente che sogna la “rivoluzione proletaria” come negli anni '60-'70, i decenni della sbornia comunista, ed è disposta a tutto pur di riuscirvi. D'altronde, possono fare tutto ciò che vogliono, coperti e spalleggiati come sono dai loro compagni nelle redazioni dei giornali e delle TV; possono sempre dare la colpa a qualche fascista, a Berlusconi e alla Polizia. Il solito giochetto infame di lanciare il sasso e nascondere la mano. Il consueto viziaccio di sparare alle spalle e rifugiarsi sui monti. La solita arte della menzogna, studiata a tavolino, e data in pasto alle masse, neanche fosse il nuovo Vangelo. La stessa incapacità di sempre nel leggere la realtà. Davvero niente di nuovo. Speriamo solo che stavolta sia cambiata la gente; che quest'ultima smetta di credere alle fandonie di certi signori e si unisca, piuttosto, a chi descrive bene la crisi, a chi ne sa individuare le cause e prospetta delle possibili soluzioni per uscirne. A chi, in altre parole, ha capito la necessità di uscire da questa logica sterile, caotica e rissosa, di chi vuol mettere da parte lo spirito di appartenenza politica e parla di unire le forze contro il subdolo nemico usuraio per il bene del Paese, dei nostri giovani, di tutti noi. Mai come ora il tempo è stato denaro; mai prima d'ora è stato vita, futuro. Rendiamocene conto e CRESCIAMO. TUTTI!

Roberto Marzola.

domenica 16 ottobre 2011

A ROMA HA MANIFESTATO…L’IDIOZIA!


A Mario ed Romina, grazie per avermi ispirato!

Bella porcata la manifestazione di ieri a Roma! Non lo dico solo per gli scontri vergognosi e cruenti che si sono verificati, (di cui parleremo), né per le ormai solite illazioni di chi, non sapendo riconoscere il fallimento pluridecennale delle idee di cui si dice sostenitore, si ingegna per etichettare i facinorosi; lo dico, anche e soprattutto, per un altro motivo: questa era una manifestazione assurda fin dall’inizio e, spiace dirlo, tanti tontoloni, (per non dire di peggio), hanno abboccato all’esca. Si sono, cioè, realmente illusi che potesse essere una manifestazione pacifica e che le manifestazioni possano, oggigiorno, servire a qualcosa. Ammesso e non concesso che siano mai servite a qualcosa!
Signori, che sia la volta buona per aprire finalmente gli occhi? Vogliamo capire con chi abbiamo a che fare, sì o no?
Ebbene, vi dico una cosa: lasciate perdere la solita chincaglieria democratica, le categorie mentali obsolete, i vecchi schemi tipo “destra-sinistra”, “fascismo-antifascismo” e via discorrendo. Ferri vecchi, roba superata. Qui, piuttosto, stiamo assistendo ad una nuova e decisiva  fase per l’instaurazione del NUOVO ORDINE MONDIALE. E’ la profezia poundiana che si avvera: la grande usura mondiale, cullata e foraggiata dalle “dainestocrazie”,  si appresta a sottomettere il mondo intero. Inizio davvero a temere che sia tutto collegato, che faccia tutto parte di un piano di sviluppo, un percorso a tappe per la conquista del mondo: uscite vincitrici dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla Guerra Fredda, le potenze usuraie hanno messo radici ovunque, dettando la loro legge.Gli strumenti? L’alta finanza, il controllo delle banche e delle monete, il signoraggio, la speculazione finanziaria e petrolifera, le fondazioni, (vero Rockfeller?), le crisi mondiali, (e già, perché contrariamente a ciò che si dice, i soldi non “si bruciano”, ma passano di mano e vanno a finire laddove si vuole o dove fa comodo che finiscano) . Man mano, hanno aggiunto le pseudo rivolte “popolari”; ora anche le manifestazioni di piazza. E’ la vecchia e ormai collaudata tecnica del soggiogamento e sfruttamento delle masse. Pond l'aveva capito anni fa; noi stentiamo ancora a crederci. 
Insomma, a mio modesto avviso, c’è una sottile linea rossa che parte da Danzica e Yalta e arriva al Cairo e a Tripoli, passando per Wall Street, Marrakech, Bruxelles e per le altre sedi del vero potere mondiale, per il cui sviluppo la politica ha dato ampi contributi. Questa linea, anzi, questo filo di recente si è stretto intorno al collo dei Paesi dell’Occidente: ieri Londra, oggi Roma.
Cosa credete che sia stata,infatti,  la protesta di ieri a Roma? Una tappa del percorso, cui tutti gli intervenuti hanno dato una grossa mano. Non dite che non eravate state avvisati. In tanti l’avevano detto: non andate a Roma il 15 ottobre o farete il gioco di questi signori. E invece in tanti hanno partecipato ad una manifestazione che aveva per interlocutori Napolitano e Draghi: cameriere e banchiere. Tutto torna. Il primo, emblema di quella politica che prende ordini dalle lobby affaristiche; il secondo, proprio di quelle lobby che comandano. Una manifestazione di protesta, da cui non è emerso lo straccio di una soluzione. Soluzione che poteva consistere nel portare in piazza, nel rendere di pubblico dominio i temi del signoraggio bancario, della sovranità monetaria e del reddito di cittadinanza, unici strumenti idonei a portarci fuori dalla tempesta. Macché, neanche a parlarne! Solo frotte di gente affamata e accecata dall'odio politico. Intanto, però, ci stanno riducendo alla fame, pur di soddisfare la loro sete di denaro: manovre finanziarie una dietro l’altra, (puntualmente dettate da Trichet e Draghi, a cui la politica dice sempre e solo: “sissignore!”), buone per continuare a pompare denaro fresco nelle casse delle banche centrali, taglio degli stipendi, innalzamento dell’età pensionabile, flussi dei mutui e tutto il resto. E voi andate a Roma per incontrare il plauso di questi signori? Non vi rendete conto che vi hanno già preso per il culo, per i motivi di cui sopra, nel momento in cui avete deciso di andare,  e che vi hanno ulteriormente presi per il culo quando siete andati? Si sono inventati pure i “black bloc”! 
Già, chi sono questi signori? Ultimamente, a sentire la stampa italiana, sembrerebbe che si tratti di una sorta di appendice delle forze dell’ordine italiane, smaniose di mettere la mani, (anzi i manganelli), addosso alla pacifica folla dei dimostranti. Quella si sa, siccome è infarcita di signori di sinistra o, se preferite, di “medio-progressisti”, è innocente per definizione, sempre e comunque. Così si arriva a fantasticare di “agenti infiltrati” e di “agitatori di professione”, dimostrati con elementi probatori che fanno a dir poco ridere: un presunto “sbirro smascherato”, (poi scopertosi un minorenne che aveva fregato manette e manganello ad un agente della Guardia di Finanza), “stesse scarpe in dotazione a violenti e sbirri”, (peccato che si tratti di foto scattate non ieri a Roma, bensì qualche tempo fa dall’altra parte del mondo, in Canada, e che ritraggono agenti antisommossa di quel Paese), e altre banalità di questo tipo. Altri, addirittura, arrivano a dire che trattatasi di “fascisti al soldo del potere”: un rigurgito di una politica vecchia e stantia, anzi di chi non ha nemmeno idea di cosa sia la politica e di come vada il mondo.
In questo mare di cazzate, c’è un’unica, serpeggiante verità: si tratta effettivamente di gente infiltrata. Non certo sodali delle forze dell’ordine, ma braccia armate proprio di quelle lobby che comandano il mondo. Se così non fosse, non si spiegherebbe la sistematica presenza di questi violenti vestiti di nero ad ogni evento di rilevanza mondiale:  la protesta per la prima guerra del Golfo nel 1991, Seattle e Praga nel 1999, Genova nel 2001, Quebec nel 2007, Goteborg e Roma quest’anno. Ovunque lo stesso spettacolo, che in Italia viene però sistematicamente portato alle estreme conseguenze per l’avallo che a queste formazioni offre proprio la stessa folla dei dimostranti, fatta di anarchici, no-global ed esponenti dei centri sociali, che non perdono occasione per scagliarsi contro la polizia al grido di “fascisti di merda”, giusto per rispolverare quel mai sopito spirito da partigiani veterocomunisti.
Quindi, complicità su complicità, ideologica e materiale. Di cosa vi lamentate dunque? Avete fatto di tutto per rendere le cose facili a questi signori e ora dovete pagare pure i danni dei loro giochetti di potere. 
Vi faccio anche un’altra domanda e gradirei una risposta sincera: ma poi volete davvero cambiarlo questo porco mondo, o aspirate soltanto ad avere un posto fisso e,poi, del resto chi se ne frega? Perché non vorrei davvero che a fronte di un posto sicuro e, magari, malpagato, i soldi finiti, i mercati in subbuglio, le guerre in giro per il mondo e  tutto il resto passino in secondo piano. Perdonatemi, ma è una domanda lecita, dettata da una semplice costatazione a proposito dell'indole vigliacca ed opportunista del popolino italiota, oltre che dalle domande e dalle altre costatazioni con cui è iniziato questo articolo.
Tornate a casa, orsù, cari indignados italioti. Avete avuto i vostri spazi, recitato il vostro ruolino, obbedito agli ordini. Indignatevi pure, sputate veleno contro la polizia, contro Berlusconi, contro Maroni, contro chi volete; ma intanto preparate il portafogli, perché prima o poi verrà il momento di far fronte ai costi di tutto questo. E già che siete con le mani in quelle zone, sistematevi per bene il deretano, perché tanto è lì che la prenderemo tutti per l’ennesima volta, tanto per cambiare. Ma a questo penseremo poi. Intanto statevene tranquilli nelle vostre case, con la disperazione, le angosce e le difficoltà quotidiane, compensate, (si fa per dire), dal “letto, due soldi ed un voto”. Ci rivedremo alla prossima occasione, al prossimo appuntamento in piazza, con gli stessi slogan, le solite bandiere, le stesse facce, (vero Luca Cafagna?) e gli stessi motivi. Ammesso che ci sia un’altra occasione…IMBECILLI!

Roberto Marzola.

venerdì 14 ottobre 2011

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL FASCISMO IN ETIOPIA (MA NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE)

«Non capisco - disse - perché fare tanto gli schizzinosi riguardo l'uso del gas. Sono fortemente a favore dell'impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate». W. Churchill, riportato nella "Biografia ufficiale di Winston S. Churchill", di Martin Gilbert (Londra, Heinemann, 1976).  (grazie all'amico Giorgio per la segnalazione).

Strana bestia la Storia. O meglio, diventa tale quando se ne racconta una versione di comodo, poi stravolta dal reale rincorrersi degli eventi. E’ così che nasce lo stupore, la sorpresa. Peccato che non sempre nasca la rabbia per essere stati PRESI PER IL CULO (lasciatemelo dire).
Così capita che qualcuno, tempo fa, ci abbia raccontato che nella metà degli anni ’30 del 1900 c’erano grandi e potenti Stati che difendevano il “bene”, loro e delle povere genti africane; dall’altra parte c’era un piccolo stato malvagio ma in forte ascesa, unitosi da poco sotto un’unica bandiera, che portava morte e distruzione in Africa orientale, giusto per compiacere le diaboliche mire espansionistiche del suo cattivissimo condottiero.

Bene, questo è quello che ci hanno raccontato: l’ennesima frottola, buona solo per continuare ad alimentare il quanto mai falsato immaginario collettivo, che si regge sulla divisione del mondo in “buoni” e “cattivi”. In questo scenario, U.S.A., Inghilterra e Francia rivestono sempre la parte dei “buoni”; l’Italia e la Germania quella dei “cattivi”. 
Ma sarà poi vero? Facciamo la vecchia prova del nove, osservando ciò che realmente accadde.

Nel 1935 l’Africa appariva un continente piegato all’Europa: Francia e Inghilterra possedevano ampie porzioni del continente, conquistate con la spada nel corso dei decenni. Il resto se lo dividevano belgi,tedeschi,portoghesi,spagnoli e italiani. Pochissimi erano i Paesi indipendenti, (tra questi l’Etiopia). 
Inutile dire che il colonialismo bianco in quelle terre si macchiò di crimini atroci, (anche se il processo di decolonizzazione è riuscito a fare anche di peggio!) : basta pensare a Leopoldo II di Belgio che massacrò qualcosa come 10 milioni di indigeni nello Stato Libero del Congo; massacri analoghi si registrarono nel vicino Congo Francese. Si può parlare di veri e propri stermini anche da parte dei tedeschi con gli Herero , (65.000 persone, circa l’80% della popolazione totale), e degli inglesi nei confronti dei Boeri, (si stimano 30.000 civili morti nei campi di concentramento)[1]. Volendo, di crimini inglesi in Africa si può parlare anche a proposito della rivolta Mau Mau in Kenia, avutasi tra gli anni ’50 e ’60 del secolo, in cui i sudditi di sua maestà, pur di non perdere il potere coloniale, distrussero circa 10.000 villaggi ed uccisero circa 20.000 indigeni[2].
Questo è solo un assaggio di ciò che è avvenuto in Africa nel 1900. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma  non è questa la sede idonea. Mi preme solo sottolineare come di quanto appena ricordato si parli pochissimo. Non si dice, cioè, che Francia e Inghilterra hanno sottomesso ,passato per le armi, schiavizzato e depredato intere popolazioni africane per decenni e, ciò malgrado, nell’ideale collettivo passano per Paesi civilizzatori; l’Italia nel 1935 assoggetta militarmente uno degli ultimi Paesi indipendenti, (pur facente parte della Società delle Nazioni), proprio come avevano fatto gli altri Paesi europei, e diviene la bestia nera dello scacchiere politico internazionale: scattano le sanzioni economiche, ovvero l’embargo. “Niente più armi, niente crediti, niente materie prime, non si importano più merci italiane. Sembrano provvedimenti duri ma non sarà così. La rete delle sanzioni è piena di buchi: Germania e Stati Uniti non aderiscono e altri Paesi non le applicheranno con rigore. Sarà un embargo blando e distratto, ma intanto il 7 novembre le sanzioni sono ufficialmente decretate e il 18 dello stesso mese diventano operative. In Italia si afferma una parola magica che uscirà da molte bocche: autarchia[3].

Si sono scritte tante altre corbellerie a proposito delle operazioni fasciste nell'Africa Orientale. In particolare, Del Boca sostiene che l’Italia abbia sottomesso l’Etiopia solo grazie all’impiego massiccio dell’Iprite e di altri gas vescicanti e armi batteriologiche[4]. Di diverso avviso Petacco[5], il quale in maniera molto più prudente e credibile postula che i supposti bombardamenti furono così scarsi da non poter influenzare il corso della guerra. Diversi elementi sembrano andare a favore dello storico ligure: i telegrammi di Mussolini, (che autorizzavano il ricorso alle armi chimiche solo come extrema ratio), i supposti quantitativi di armamenti impiegati, la mancata dotazione dell’esercito italiano di protezioni specifiche contro questi gas, le testimonianze dei presenti. Ipotesi che, considerate unitamente, portano a concludere che,se questi gas sono stati effettivamente impiegati, hanno avuto un ruolo marginale. Probabilmente per il controllo dei territori occupati o a titolo di rappresaglia, ipotesi tollerate dal Protocollo di Ginevra del 1925, (l'uso, la produzione e lo stoccaggio di armi chimiche e batteriologiche è stato vietato solo nel 1993)[6]
Nulla si dice poi delle torture subite dai militari italiani caduti nelle mani del nemico, (oggetto spesso di riti tribali, incentrati sull’evirazione), né dell’impiego di armi proibite da parte degli etiopi, (come ad esempio di proiettili “dum-dum”, anche detti “ad espansione” o “a fungo”). Questo, tuttavia, non è un gioco a chi fu più crudele. Vi invito, pertanto, a ricercare nella rete la descrizione di questi trattamenti. Fatelo per cultura personale: la ricerca non è difficile! 
Ma ciò che non riceve mai la dovuta considerazione è la soppressione della schiavitù nel Tigrè da parte del governo Fascista. Non tuttia sanno, infatti, che il primo atto ufficiale compiuto da Emilio De Bono, nominato comandante delle truppe italiane in Etiopia, fu appunto la liberazione degli schiavi. Il 14 ottobre 1935 ad Adua promulgò il bando, scritto sia in italiano che in aramaico, con cui sopprimeva la schiavitù sotto qualsiasi forma, vietando la compravendita degli schiavi. In caso di mancato rispetto degli ordini in parola, si prospettavano sanzioni severe, riservate alla determinazione del Governo. Più precisamente, nel bando potete leggere:
Genti del Tigré, udite: Voi sapete che ove sventola Bandiera d’Italia, ivi è la libertà. Perciò nel Vostro Paese la schiavitù, sotto qualunque forma, è soppressa. Gli schiavi che sono attualmente nel Tigré sono liberati ed è vietata la compera e la vendita degli schiavi. Chi contravverrà alle disposizioni del presente bando sarà severamente punito, siccome trasgressore agli ordini del Governo. Dato ad Adua il 14 ottobre 1935 –XIII E.F. (3 tekemt 1928) DE BONO”.

E noi italiani saremmo i “cattivi”? Ma per favore! Questo è un segno di chiara emancipazione, di civilizzazione portata dal Fascismo in quelle terre, non solo un escamotage per giustificare l’intervento armato, (del resto le sanzioni c’erano già state, cosa poteva mai cambiare?). Una secca smentita a chi sostiene l’indole "barbara e crudele" del Fascismo, nonché la sua "impronta razzista"; un punto a favore per chi ne sottolinea la portata civilizzatrice, il suo messaggio innovatore e distensivo, evidenziato dalla parole della canzone simbolo del Ventennio, “Faccetta Nera”, che lanciava un messaggio di fratellanza verso le genti abissine, invitate a godere della radiosa luce del “Fascismo redentor”.
In un Paese normale, simili considerazioni dovrebbero portare ad un processo di profonda revisione del giudizio storico su ciò che è realmente stato il Fascismo in Italia, non certo per motivi ideologici o comunque politici, bensì per “obblighi di servizio” nei confronti della Storia. Una volta descritti in maniera fedele i fatti, ciascuno formi su quelli e solo su quelli la propria idea. Sarebbe già un bel passo avanti. Purtroppo, mi tocca ancora utilizzare il condizionale, perché in questo Paese la becera ideologia tardo-resistenziale e veterocomunista sembra ancora farla da padrona. “Quousque tandem abutere patientia nostra?”. Purtroppo non è dato saperlo e la menzogna riscuote ancora i suoi successi balordi. Speriamo sia solo questione di tempo, anche se ne è già passato troppo.

Roberto Marzola.


[4] Angelo Del Boca, La guerra d’Etiopia. L’ultima impresa del colonialismo
[5] Arrigo Petacco, “Faccetta nera”. Storia della conquista dell’impero
[6] Ronzitti “Il diritto dei conflitti armati”.

giovedì 13 ottobre 2011

RINCARO CARBURANTI: NON SE NE PUO’ DAVVERO PIU’ !


Continua la corsa al rialzo dei prodotti petroliferi. Salvo rarissime eccezioni, infatti, benzina e gasolio continuano ad aumentare di prezzo. Ormai la media nazionale si attesta  a 1,633 euro/litro per la verde  e a  1,534 euro/litro per il diesel.  Un furto in piena regola, che si ripete ogniqualvolta ci rechiamo al distributore.  Non credo affatto di esagerare, specie se consideriamo che per un pieno di 50 litri, (serbatoi di tale capacità ormai sono in dotazione a tante auto), si spendono circa 81,65 € per un’auto a benzina e 76,7 € per una a gasolio. Facciamo una equivalenza ricorrendo al compianto vecchio conio, (dato che ormai l’Euro ci ha completamente rimbecilliti, al punto tale che, seppur inconsciamente, consideriamo 100 € come 100.000 lire, sebbene si parli di grandezze in cui una è doppia rispetto all’altra!), giusto per rendere ancora più chiaro il concetto: quasi 159.000 lire nel primo caso, e poco più di 148.500 lire nel secondo. Una bastonata tremenda!
Il dato, già di per sé preoccupante, è aggravato da una semplice considerazione: l’aumento del prezzo dei carburanti innesca una reazione a catena, che comporta maggiori esborsi per l’acquisto di un “paniere”,  (si dice così in gergo economico, no?), estremamente variegato, in cui ricade di tutto: generi alimentari, elettronica, riscaldamento, illuminazione e via discorrendo. Tutto costa di più per il consumatore finale, il quale si ritrova con un potere d’acquisto sempre più ristretto.
Le cause di questi continui aumenti sono più o meno note: maggiorazione del costo del greggio, (il quale, a sua volta, risente delle complesse dinamiche socio-politiche che riguardano i Paesi produttori), aumento della domanda, (cui spesso fa eco, “stranamente”, una diminuzione della produzione), bolle speculative  e accise sempre crescenti.
Vorrei spendere due parole su quest’ultimo punto. Avete idea di quante e quali imposte gravino su un singolo litro di carburante? Eccovi un elenco, utile per vedere coi propri occhi un fenomeno che ha dell’assurdo:
·         1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935;
·         14 lire per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;
·         10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963;
·         10 lire per il finanziamento dell'alluvione di Firenze del 1966;
·         10 lire per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968;
·         99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976;
·         75 lire per il finanziamento del terremoto dell'Irpinia del 1980;
·         205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983;
·         22 lire per il finanziamento della missione UNMIBH in Bosnia Erzegovina del 1996;
·         0,020 Euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
·         0,0073 Euro in attuazione del Decreto Legge 34/11 per il finanziamento della manutenzione e la conservazione dei beni culturali, di enti ed istituzioni culturali.
·         0,040 Euro per far fronte all'emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011, ai sensi della Legge 225/92.
Prese singolarmente, queste accise pesano ben poco, dato che sono nell’ordine di millesimi di euro o pochi centesimi; ma, considerate tutte insieme, rappresentano un prelievo da quasi 27 centesimi di Euro per ogni litro. Non finisce qui: a questi 27 centesimi di euro, infatti, sommati alla vera e propria imposta di fabbricazione (definita per decreti ministeriali), viene aggiunta pure l’Iva del 21%.
Trasposte sul piano delle casse dello Stato, queste cifre dicono che quest’ultimo, mediamente, incassa qualcosa come 20 milioni di Euro al mese[1]. Un bel gruzzolo, non c’è che dire!


Come si può ben vedere, la questione appare estremamente composita, il che non rende certo facile pensare a delle soluzioni pratiche.
A tal proposito, tempo fa viaggiava in rete l’idea di boicottare due compagnie petrolifere scelte a caso. La diminuzione di introiti da parte di quest’ultime avrebbe dovuto costringerle ad abbassare i prezzi, pur di richiamare la clientela. Mosse da intenti concorrenziali, le altre compagnie avrebbero dovuto diminuire anch’esse il prezzo finale. Idea interessante e valida sulla carta, ma rivelatasi fallimentare perché si rivolge ad un soggetto indefinito, informe, difficile da governare e motivare: la massa.
L’ADOC, (Associazione per la Difesa e per l’Orientamento dei Consumatori), dal canto suo, proponeva di aumentare il numero dei benzinai e fare in modo che questi non si limitassero solo a vendere carburanti, ma anche altro. A ciò si univa la richiesta di eliminare le accise sui carburanti. Da quanto mi risulta,però, fino ad oggi la proposta dell’associazione è rimasta lettera morta.


Personalmente, non avendo conoscenze specialistiche, posso avanzare una proposta di buon senso, che non è certamente una soluzione operativa, bensì un orientamento di massima. Per cui dico che servirebbe un’azione coordinata, sul piano internazionale e nazionale. Per quanto concerne il primo, bisognerebbe aumentare il peso politico per stipulare contratti più convenienti, sia con le associazioni petrolifere internazionali, sia con i Paesi produttori. C’eravamo quasi riusciti con la Libia, poi lo zio Sam ci ha ordinato di stare a cuccia…
Per quanto riguarda, invece, la “piattaforma” nazionale, (tanto per fare un gioco di parole!), bisognerebbe cominciare ad affrontare il problema a monte, non a valle: vale a dire cominciando a tagliare in maniera netta la spesa dello Stato, cosa che consentirebbe di poter rinunciare all’enorme mole di entrate assicurate dalle accise sui prodotti petroliferi. Meno parlamentari, meno privilegi, meno indennità ed immunità, meno rimborsi ai partiti, meno finanziamenti ai giornali, meno soldi alle cooperative, meno opere pubbliche insensate, meno finanziamenti a cinema, teatri e via discorrendo, (e basta con questo piagnisteo “la cultura ha bisogno di soldi”, cazzate!). In altre parole: basta sprechi.
Una volta riusciti in questo arduo compito, si potrà davvero pensare a spazzar via tutti quegli inutili prelievi, fatti di balzi e balzelli, magari cominciando da quelli destinati pro Etiopia, Suez, Libano, Vajont, Irpinia, Firenze e compagnia bella, dato che la situazione pare proprio risolta da tempo. Sarebbe davvero una gran bella boccata d’ossigeno: quasi 27 centesimi, (circa 523 lire), in meno al litro, per un risparmio di oltre 13 euro, (25.000 lire), ogni pieno.  Allo stato attuale praticamente un sogno. Ma qui non dobbiamo dormire, anzi, dobbiamo essere più che vigili, quasi arditi oserei dire, perché la missione è di quelle sovraumane: sfidare l’immonda cloaca delle multinazionali petrolifere da un lato e, dall’altro, il “Leviatano” rappresentato dalla fiscalità dello Stato. Serve una risposta politica, pratica e non teorica. Bisogna studiare, poi agire. Chiacchierare nelle tv,su internet, sui blog, nei bar e nelle piazze serve a poco, se non a stimolare una presa di coscienza e un proposito d’azione, che deve iniziare quanto prima. Perché stavolta non possiamo davvero perdere. Uomo in piedi!
Roberto Marzola.


[1] Tutte le cifre sono attinte da: www.finanzautile.org ; www.lastampa.it ; www.ilsole24ore.com