Tira una brutta aria. Da quando si è insidiato il governo
Monti, le tasse si sono inasprite di brutto: ICI, IMU, accise sui carburanti
ecc. Non ci sarebbe neanche bisogno di ricordarlo, perché tanto ce ne siamo accorti tutti alla fine di ogni mese. Ce lo ricorderemo ancora meglio tra qualche
settimana, tra la primavera e l’estate, quando dovremo pagare il primo acconto
ICI; il massimo della “goduria”, (si fa per dire!), verrà però in inverno,
quando dovremo pagare la parte restante.
Della pressione fiscale esagerata ed esasperante si è
accorta pure quella “simpaticona”, (anche qui si fa per dire!), della
Marcegaglia, che chiede al governo un piano per la riduzione delle tasse, le
quali, a suo dire, pesano “per il 45% sul Pil e per chi le paga siamo ad
una pressione fiscale del 60%, uno dei livelli più alti in Europa” (fonte);
se ne infischia, invece, la Camusso, che dallo scorso novembre, in pratica, non
ha mai abbandonato il sogno di una patrimoniale secca.
Intanto, mentre il governo continua a mazzolare i
contribuenti e mentre i rappresentanti sindacali degli imprenditori e dei
lavoratori bisticciano tra di loro, le borse crollano, (Finanza
online riporta che il Ftse-Mib tocca un nuovo minimo di giornata a 14.731
punti, con un ribasso che supera il 3%), lo
spread torna a far paura, (ormai sopra i 395 punti base, stando a quanto
affermato da Wall
Street Italia), e noi continuiamo a svenarci per fare la spesa, rifornire l’auto
e quant’altro. Siamo alla canna del gas. Diventiamo più poveri giorno dopo
giorno. La tanto millantata crescita non ci sarà, né potrà esserci finché
continueranno a percorrere questa strada.
E non è finita qua. Non date
retta al professor Monti: la crisi è tutt’altro che finita. Forse deve ancora
iniziare. Così come, forse, deve ancora iniziare la stretta fiscale e finanziaria vera e propria
attorno al nostro Paese. Se le cose vanno come è lecito prevedere, entro l’anno
entrerà in funzione il “patto salva-stati”, ed i nostri conti passeranno
in mano ad una autorità sovrastatale, dotata di autonomia d’azione, potere
imperativo e di immunità,( proprio come vi preannunciavo qui).
La vera crisi inizierà l’anno prossimo, quando ci saranno altri prelievi
coattivi dalle tasche degli italiani per salvare forse la Grecia o forse la
Spagna, il Portogallo o l’Irlanda. E allora sì che sarà l’inferno; allora sì
che non avremo più nemmeno il pane in tavola.
Allora, visto quali sono le
premesse, mi chiedo: perché non cominciare a fare qualcosa? Perché non iniziare
a dare qualche potente, chiaro ed inequivocabile segno di insofferenza comune?
Fino ad ora ognuno ha cercato di salvarsi come poteva, evadendo le tasse, ma non è questa la strada.
Vi esponete solo a controlli fiscali sempre più severi. Serve invece un qualcosa di
plateale e vigoroso: la rivolta fiscale.
Chiudiamo il portafogli. Niente più tasse significa niente più soldi nelle casse dello Stato. Non diamo più un centesimo fino a che
questo presenterà tutte le falle che prosciugano l’erario, a cominciare dal
fenomeno del signoraggio. Vengano le Fiamme Gialle, (poveracce!), a fare
qualche milione di verbali. Le vorrei proprio vedere: probabilmente non
avrebbero più nemmeno le risorse economiche per fare i controlli! Succederebbe
un finimondo: niente più stipendi pubblici, niente più servizi, niente più ospedali, né scuole. Nulla di nulla.
Crollerebbe tutto questo carrozzone, sommergendo Napolitano, Monti e tutti i
tecnici, nonché la Marcegaglia, la Camusso, i partiti conniventi eccetera. La
rivoluzione sarebbe cosa fatta, senza nemmeno sparare un colpo, senza nemmeno un corteo. L’Italia avrebbe la possibilità di un destino
diverso, più solido, più giusto.
Già, la speranza; poca cosa, forse. Ma volete
davvero mettere un Paese con la speranza di un futuro e un Paese, invece, con la certezza
di non avere un futuro? Non so voi, ma io scelgo la speranza.
Roberto Marzola.
In Irlanda ci stanno provando e ho il sospetto che a noi non resti altro da fare
RispondiEliminaIn Islanda si sono riappropriati della democrazia!
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