Mirko Tremaglia si è spento poche ore fa nella sua Bergamo. Ha vissuto tutto sommato a lungo, anche se nell'ultima parte del suo viaggio ha conosciuto la malattia. Tuttavia, questa circostanza non gli ha impedito di portare avanti la missione in cui credeva, proprio come quando, in un passato non troppo lontano, era partito 17enne per difendere l'onore d'Italia al fianco del Duce, finendo prigioniero nel campo di Coltano presso Pisa; proprio come quando decise di aderire al Movimento Sociale Italiano, impegnandosi nellla sua campagna per il diritto di voto degli italiani all'estero; proprio come quando decise, dal 1995, di seguire Fini in tutte le sue scelte.
Ora, sebbene il voto agli italiani all'estero si sia rivelato un autogol pazzesco e, quel che è peggio, il leader del suo ultimo partito sia uno dei principali responsabili della consegna dell'Italia all'alta finanza, di quest'uomo si può e si deve ammirare una buona dose di coerenza. Basti pensare che rinfacciò allo stesso Fini, (dopo la sua uscita sul "male assoluto"), che l'antifascismo non può considerarsi un valore, ma un'espressione di risentimento e d'odio, da cui non può nascere nulla di buono. Orbene: se la coerenza, da sola, non basta a farne un politico eccezionale, è più che sufficiente per tramandare un'immagine di lui come di un buon uomo, onesto, cordiale e leale, doti sempre più rare nel mondo in cui viviamo.
Ed è proprio all'uomo che voglio rendere il mio piccolo omaggio, alla memoria di quel fanciullo che scelse di sfidare la morte sul campo di battaglia, anziché rifugiarsi clandestinamente in montagna; di quel ragazzo, poi divenuto uomo, che a neanche 30 anni fece la scelta coraggiosa di restare fedele ai principi appresi in gioventù, (pur con tutto quello che si può rimproverare al M.S.I.); infine, all'uomo anziano e malato si è impegnato direttamente in politica, piuttosto che ritirarsi a vita privata a godersi il vitalizio.Riposa in pace, dunque, Camerata Tremaglia e ricongiungiti sereno con tutti gli altri ragazzi di Salò, morti ieri per l'onore d'Italia, ma ancora vivi nei nostri cuori. E dì loro che NOI non li abbiamo dimenticati, né lo faremo mai. Presenti!
Roberto Marzola.
Dopo una lunga gestazione nasce un blog giovane,ponderato e politically Scorrect: senza peli sulla lingua,senza freni.Un viaggio a 300 all'ora sulla realtà passata e contemporanea,per scalzare dal loro scranno i baroni della politica, della morale,della storia e,più in generale,della cultura! Questo blog lotta con ARIES OFFICINA NAZIONAL POPOLARE.
BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE
Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.
Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.
Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!
venerdì 30 dicembre 2011
giovedì 29 dicembre 2011
NON SI FERMA L'ASSALTO MEDIATICO A CASA POUND
Non si ferma l'attacco a Casa Pound Italia da parte dei partiti e delle testate giornalistiche di centro-sinistra che, addirittura, ne vorrebbero la chiusura coattiva dopo i fatti di Firenze.
L'associazione di promozione sociale è diventata il nemico pubblico numero 1 della nuova lotta partigiana. Una lotta, si badi bene, non ad una singola organizzazione, ma ad un intero mondo cui Casa Pound viene ricollegata. Prova ne sia il fatto che di questa associazione si parla sempre e soltanto come "associazione di estrema destra", chiaro sintomo della volontà di colpire tutto l'universo politico e meta-politico filo-mussoliniano, oltre che di una scarsissima conoscenza del fenomeno.
Nessuno, infatti, mi toglierà mai la convinzione che i dipendenti di "Repubblica" e i tesserati del Partito Democratico, (democratico sì, ma solo a parole!), si esprimano per puro e sterile pregiudizio ideologico, più che per una piena consapevolezza della realtà politico-sociale e siano animati dal solo intento di far piazza pulita dell’avversario, chiunque esso sia. “Neofascisti”, “fascisti del terzo millennio”, “socialisti nazionali”, “nazional-popolari” ecc. per loro sono soltanto parole; il punto centrale resta lo stereotipo dell’individuo malvagio e frustrato, pronto a colpire il debole di turno. In altre parole, a questi signori non interessa che Casa Pound proponga una personale interpretazione degli ideali fascisti, che si impegni per una causa sacrosanta come il mutuo sociale, o che si prodighi in aiuti a favore del popolo Karen o di tanta povera gente in Africa; sono interessati, come al solito, soltanto all’etichetta, a darsi una legittimazione attraverso il consueto, ammuffito e polveroso antifascismo di maniera e a cercare di crearsi un consenso popolare mettendo in guardia le masse dai "pericoli per la democrazia".
E siccome vogliono colpire un intero mondo del quale faccio parte anche io, (pur non facendo parte di Casa Pound Italia, come di nessun altra associazione di carattere nazionale), mi permetto di dire la mia: basta con le risposte date a questa gente, con i conciliaboli con l’Annunziata e con le provocatorie richieste di chiusura del PD. Piaccia o non piaccia, quest’attenzione mediatica dà parecchia visibilità, sia all’associazione che alla faziosità dei “sinistri” di casa nostra. Rivolgetevi e rivolgiamoci, piuttosto, alla gente comune. Sappiate e sappiamo avvicinarla parlando il suo linguaggio e affrontando i suoi problemi, (senza inutili esibizioni di simboli, bandiere e gagliardetti), come l’occupazione, le pensioni e il caro vita. Fatevi e facciamoci vedere impegnati, attenti, seri e motivati più per senso del dovere e per amor di Patria, prima ancora che per appartenenza ad una certa associazione. Facciamo, (qui uso solo la prima persona plurale), vedere il nostro vero volto. Tanto, alla lunga, la verità verrà fuori da sé e travolgerà le arrugginite trappole ideologiche dei soliti noti; a breve si vedrà chi è veramente intenzionato a costruire un domani diverso per il nostro Paese e chi, invece, è semplicemente interessato a mantenere privilegi e posizioni di potere all’interno di questo sistema di cose, ormai marcescente. A patto, però, di non fare il loro gioco, di non cadere nei loro tranelli, ossia di non perder tempo a dar risposte sui media a questi signori che, ahimè, servono soltanto a fare audience e spettacolo. Bisogna soltanto aumentare l’impegno concreto, raddoppiare gli sforzi nelle strade, nei quartieri, sui luoghi di lavoro, nelle scuole e niente altro. La miglior risposta restano sempre i fatti, mentre le parole, si sa, se le porta via il vento. E voi, anzi tutti noi dobbiamo essere quel vento, quel soffio impetuoso che spazzerà via il puzzo di una politica incapace di risolvere i problemi della gente e buona solo per assecondare vizi e vezzi dei suoi rappresentanti. Saranno poi loro a cercarci, loro che “torneranno vigliacchi come sempre da noi con umiltà”.
Roberto Marzola.
martedì 27 dicembre 2011
LE 6 LEGGI REGALA-SOLDI ALLE BANCHE
Care lettrici e cari lettori,
oggi vi voglio sottoporre un pezzo molto illuminante scritto da Alfonso Luigi Marra, specializzato in cause contro le banche sin dal 1980. In questo breve ma illuminante scritto, l'avvocato napoletano ci spiega quali sono le recentissime leggi che regalano fior di quattrini dei cittadini alle grandi banche. Leggi più o meno recenti e "trasversali", (nel senso che di esse sono responsabili tutti i partiti politici), che servono a rimpinguare le grandi banche d'affari, vuoi per risarcirle dei loro affari sgangherati, (vedi la storia dei mutui americani o dell'acquisto del debito pubblico greco), vuoi per soddisfare la loro insaziabile sete di introiti.
E' un testo di carattere essenzialmente tecnico, ma che offre un quadro completo di quello che, a mio avviso, è il più grande crimine mai commesso ai danni del popolo. Vi allego anche un video, n cui i concetti contenuti nello scritto che segue sono ribaditi in maniera ancor più chiara. Va detto che potrebbe nascere un referendum popolare per chiedere l'abolizione di queste leggi.
Buona lettura-visione.
Roberto Marzola.
oggi vi voglio sottoporre un pezzo molto illuminante scritto da Alfonso Luigi Marra, specializzato in cause contro le banche sin dal 1980. In questo breve ma illuminante scritto, l'avvocato napoletano ci spiega quali sono le recentissime leggi che regalano fior di quattrini dei cittadini alle grandi banche. Leggi più o meno recenti e "trasversali", (nel senso che di esse sono responsabili tutti i partiti politici), che servono a rimpinguare le grandi banche d'affari, vuoi per risarcirle dei loro affari sgangherati, (vedi la storia dei mutui americani o dell'acquisto del debito pubblico greco), vuoi per soddisfare la loro insaziabile sete di introiti.
E' un testo di carattere essenzialmente tecnico, ma che offre un quadro completo di quello che, a mio avviso, è il più grande crimine mai commesso ai danni del popolo. Vi allego anche un video, n cui i concetti contenuti nello scritto che segue sono ribaditi in maniera ancor più chiara. Va detto che potrebbe nascere un referendum popolare per chiedere l'abolizione di queste leggi.
Buona lettura-visione.
Roberto Marzola.
MARRA: LE 6 LEGGI REGALA- SOLDI ALLE BANCHE
Sono 6 le leggi, 4 delle quali recentissime, con le quali sono stati regalati alle banche centinaia di miliardi di euro annuali. E poiché (non so se stupisce) nessun partito si è opposto, non resta che il
referendum.
-La più recente è il DL n. 70\13.7.2011 ('decreto sviluppo'), art. 8, secondo cui l'usura, che prima scattava quando il tasso medio veniva superato del 50%, scatta ora quando viene superato di 8 punti, o anche del 25% + 4 punti. Due criteri il secondo dei quali è in realtà 'fumogeno' ( serve a confondere), perché è un po' più vantaggioso per i cittadini solo con tassi molto alti, tipo 20%,come quelli dei crediti al consumo. Ma per fare invece l'esempio che interessa il maggior numero di
italiani, nei mutui a tasso variabile, ora in media del 2,79%, prima, per verificarsi l'usura, la banca
doveva praticare il 4,18%, mentre ora il 10,79%. Anche se, secondo la Banca d'Italia (un'illecita azienda privata di proprietà di quelle stesse banche che finge di controllare ), andrebbe applicato il criterio del 25% + 4 punti, per cui l'usura sui mutui inizierebbe 'solo' dal 7.48%, contro il 4,18% di
prima. Una posizione questa anch'essa rivolta a confondere, nel senso che Banca d'Italia ha per il momento indicato il criterio del 25% + 4 punti sapendo però che, di fatto, in sede penale, ove
occorra, le banche hanno sempre la possibilità di difendersi invocando il criterio del +8%. Un
innalzamento che, ora che la barriera del 'tasso soglia' è stata comunque elevata, innescherà un aumento strisciante del costo del den aro, e che serve inoltre alle banche per evitare le condanne per
usura, da ultimo sempre più frequenti.
-La seconda è la L. n. 10, art. 2, comma 61, del 26.2.11, con cui, in contrasto frontale con decenni di
giurisprudenza anche delle Sezioni Unite della Cassazione, si è stabilito che la prescrizione
decennale nelle cause contro le banche, che decorreva dalla chiusura del conto corrente, ora
decorra dall'annotazione dell'operazione. Significa che, ad esempio, in relazione a un conto durato
venti anni e chi uso nove anni fa potevi recuperare tutto, mentre ora puoi recuperare solo un anno,
ovvero solo le somme di cui la banca si è indebitamente appropriata tra oggi e dieci anni fa.
-La terza è il D. Lgs n. 11 del 27.1.2010 con il quale – ora che si stavano v incendo le cause sulla 'valuta zero', cioè sull'accredito immediato dei versamenti – è stato stabilito l'accredito al terzo giorno. Una guerra iniziata invero proprio da me nel 1980 (ottenendo il primo risultato positivo nel
2004) in base al semplice argomento che se Tizio dà a Caio un assegno di 1.000 euro il primo gennaio, e Caio lo versa subito sul suo conto, i 1.000 euro vengono stornati a Tizio il primo gennaio
e accreditati a Caio dopo alcuni (o molti) giorni, sicché, nell'intervallo, gli interessi va nno alla banca,
che non è mai stata proprietaria dei soldi.
-La quarta è il D Lgs 4.8.99, n. 342, art. 25, con cui si è stabilito che l'anatocismo (addebito trimestrale anziché annuale degli interessi) è legittimo purché venga praticato anche all'attivo,
'dimenticando' però l'enorme differenza tra tassi attivi e passivi. Una 'amnesia' che ha colpito anche
la Corte Costituzionale vanificando la sentenza in cui si dilunga a illustrare la legittimità del
'pareggiamento' senza però aggiungere (lo ha dato per scontato?) che sarebbe occorso anche il
'pareggiamento' quantitativo dei tassi. Una 'amnesia' che, dal 22.4.2000, data di entrata in vigore di
questo regime, al 31.12.2010, con un tasso attivo medio dell'0,87% e un tasso passivo medio del 13,32 (10,08% + l o 0,81% trimestrale = 3,24% annuo di commissione di massimo scoperto), ha causato – per ogni 100.000 euro – in dieci anni, un guadagno per i correntisti di 427 euro, ma un
guadano per le banche di 203.576 euro.
-La quinta è il decreto legislativo 385 del 1993, art. 50, con il quale si è stabilito che è sufficiente
una dichiarazione del direttore della banca (quindi 'di parte') per far diventare «certa, liquida ed esigibile» la somma scritta in fondo a un qualsiasi estratto conto bancario. Con la conseguen za, ove
si rompano i rapporti, che la banca, anziché dover iniziare un giudizio civile con citazione, cosa che
ti consentirebbe di difenderti adeguatamente, può depositare un ricorso per decreto ingiuntivo:
decreti ingiuntivi che spesso i giudici (sempre l arghi di manica con le banche per motivi meglio noti
a loro) rilasciano in forma esecutiva, sicché la banca può subito pignorarti quello che hai. Una norma assurda (solo le banche possono 'autocertificare' i propri crediti), oggi divenuta grottesca
perché quasi tutte le voci dell'estratto conto sono ormai oggetto di censura giurisprudenziale, per cui si sa a priori che il saldo, all'esito dei giudizi, risulterà errato.
-La sesta è l'art. 2 bis , comma 1 , legge n. 2 del 28.1. 2009, con il quale il nostro incredibile 'legislatore' , siccome la commissione di massimo scoperto, che in passato vigeva praticamente per prassi, è stata oggetto di clamoroso e generalizzato superamento giurisprudenziale, anziché
prenderne atto e vietarla, l'ha ri -introdotta per legge, per di più raddoppiandola quasi.
Alfonso Luigi Marra . (fonte: http://marra.it/contenuti/pdf/leggi.pdf)
sabato 24 dicembre 2011
E VENNE NATALE...
Eccoci qui, in prossimità del Natale. Ovunque mi giri c'è fervore e agitazione. Tutti si muovono come formiche impazzite. Si dimenticano per un momento la crisi e le continue rapine del novello Grinch Mario Monti per dar spazio alla festa. Ogni singola casa viene ripulita da cima a fondo per accogliere amici e parenti. Le tavole si imbandiscono con ogni ben di Dio. Si ripropone quello strano mix di una tradizione morente e di un consumismo sempre più spinto. Sorrisi e buoni propositi da ogni dove, alcuni sinceri e meditati, altri semplicemente di circostanza. Le Chiese vengono addobbate a festa per ricordare la nascita del Signore. Donne e uomini si preparano a riportare alla luce il vestito buono dimenticato per giorni e mesi nel profondo dell'armadio. Tutti devono essere impeccabili. Non sia mai che il Bimbo ci trovi senza giacca e cravatta, senza pelliccia e gioielli, senza acconciatura inappuntabile e profumo francese. Tutto deve essere perfetto, almeno una volta l'anno. Ai guai e ai pensieri volgeremo la mente dal 27, dopo aver preso qualche chiletto e dopo aver lasciato qualche spicciolo durante la tomboletta in famiglia.
Personalmente me ne andrò lontano da tutto questo, a portare la mia visita silenziosa a Padre Pietro Lavini presso l'Eremo di San Leonardo ai Sibillini. Si prevede una lunga salita, resa ancor più dura dall'annunciata abbondante nevicata prevista per stanotte fino a quote collinari. Mi accompagneranno degli amici fidati, un maglione di lana e una torcia lungo il cammino. Una dura prova non solo per il fisico, ma anche per lo spirito, nella speranza che si rinfranchi dall'usura quotidiana.
Riposiamoci, dunque, festeggiamo, ritempriamo corpo e spirito. Da domani ci aspetterà una lunga notte da vivere. Dovremo combattere e lottare, per far sì che il grande sole della povera gente non venga offuscato dalle tenebre delle incipienti forze oscure.
Auguri a tutti, credenti e non.
Roberto Marzola.
Personalmente me ne andrò lontano da tutto questo, a portare la mia visita silenziosa a Padre Pietro Lavini presso l'Eremo di San Leonardo ai Sibillini. Si prevede una lunga salita, resa ancor più dura dall'annunciata abbondante nevicata prevista per stanotte fino a quote collinari. Mi accompagneranno degli amici fidati, un maglione di lana e una torcia lungo il cammino. Una dura prova non solo per il fisico, ma anche per lo spirito, nella speranza che si rinfranchi dall'usura quotidiana.
Riposiamoci, dunque, festeggiamo, ritempriamo corpo e spirito. Da domani ci aspetterà una lunga notte da vivere. Dovremo combattere e lottare, per far sì che il grande sole della povera gente non venga offuscato dalle tenebre delle incipienti forze oscure.
Auguri a tutti, credenti e non.
Roberto Marzola.
giovedì 22 dicembre 2011
NOTTE DI SOLSTIZIO
Dedico questo scritto a tutti i ragazzi presenti ieri sera da Aries e, in particolare, a Matteo per il suo gran cuore, per la sua fede e per la sua passione!
Non sono mancato all'appuntamento col Solstizio d'inverno: molto di più di un semplice evento astronomico;lo definirei, piuttosto, un autentico viaggio a ritroso nelle radici dell'uomo e della Tradizione. Trattasi, infatti, di un culto dedicato al Sol Invictus, (ossia al sole che ogni anno vince le tenebre), le cui radici si perdono nella notte dei tempi. La sconfitta delle tenebre si celebrava tanto nell'antico Egitto e nella Siria, quanto in Arabia e a Roma. Ed è proprio tramite le ricorrenze dell'arcaico Sol Indiges e del Dies Natalis Sol Invictus a Roma che
l'abbiamo ereditato, cambiando semplicemente l'oggetto di culto: al sole abbiamo sostituito la figura di Gesù Cristo. Il Natale cristiano-cattolico, difatti, altro non è che una "forzatura" per far coincidere la nascita del Messia con la rinascita annuale del sole, culto evidemente assai radicato nel credo popolare e,pertanto, assai difficile da soppiantare.
Come comunità di "Aries", da ormai diverso tempo, riproponiamo questa antica ricorrenza, al fine di poterne apprezzare la spiritualità potente e profonda che poi, a ben guardare, è la stessa che anima la nostra Tradizione. Così, anche quest'anno, abbiamo acceso il fuoco sacro allo scoccar di mezzanotte. Due torce, portate dal membro più anziano e da quello più giovane, lo hanno acceso, una da est e una da ovest. Dalla pira posta alla base, si è accesa una grande croce celtica, la quale rappresenta il sole con il suo cerchio, la vita terrena con l'asse orizzontale e quella celeste con l'asse verticale. Ciascun membro ha poi esternato un suo pensiero, un sentimento ed un proposito davanti al fuoco e alla comunità riunita. Non sono mancati ovviamente, i rituali del vino, del pane e del sale, simboli del sangue, del lavoro dell'uomo e della fortuna. Al primo divampare delle fiamme l'aria si è subito caricata di magia e della forza di uno spirito ancestrale. Sono stati molti i brividi che hanno percorso le schiene di tutti noi, ma non per il freddo, (già dalle 20 eravamo sotto lo zero!); era la vera essenza dell'uomo che si mostrava ai presenti, che riaffiorava dal terreno, dagli alberi, dalle foglie e dal fuoco stesso. La natura tutta intorno sembrava parlare e caricarsi di mille e più significati. Il cielo scuro della notte, appena rischiarato da quel fuoco, si riempiva via via di un'infinità di altre fiammelle, unite tra di loro in modo da formare tanti strepitosi disegni, quasi come a voler rappresentare i fuochi che in tutta Europa si sono accesi per onorare la nascita del sole. La mente si è fatta leggera: liberatasi dagli opprimenti pensieri della materialità quotidiana, ha preso a volare in alto, quasi come a voler raggiungere quei fuochi sparsi per la volta celeste, facendo riafforare emozioni e sensazioni che si credevano dimenticate o, semplicemente, mai provate prima. Non credo si possa parlare di semplice suggestione. Semmai, si tratta di un ritorno allo stato di natura, in cui siamo liberi da tutti quei condizionamenti economico-sociali che hanno stravolto la nostra natura e il nostro vivere.
C'è davvero tutto nel Solstizio d'Inverno: una chiara indicazione su cosa davvero conti nella nostra vita,( la cura dello spirito, la presenza di persone care e la disponibilità di pochi ed essenziali beni materiali), e finanche un messaggio su quale sia il senso ultimo della nostra stessa vista: un semplice passaggio lungo il cerchio della croce, destinato forse a ripetersi come la vittoria del sole sulle tenebre. Un potente insegnamento che dal passato arriva a noi, uomini non più uomini, macchine svuotate di cuore e anima e schiave del profitto. Una lezione, insomma, da tenere bene a mente e da tramandare alle generazioni future; un monito a tornare semplicemente UOMINI.
Roberto Marzola.
Non sono mancato all'appuntamento col Solstizio d'inverno: molto di più di un semplice evento astronomico;lo definirei, piuttosto, un autentico viaggio a ritroso nelle radici dell'uomo e della Tradizione. Trattasi, infatti, di un culto dedicato al Sol Invictus, (ossia al sole che ogni anno vince le tenebre), le cui radici si perdono nella notte dei tempi. La sconfitta delle tenebre si celebrava tanto nell'antico Egitto e nella Siria, quanto in Arabia e a Roma. Ed è proprio tramite le ricorrenze dell'arcaico Sol Indiges e del Dies Natalis Sol Invictus a Roma che
l'abbiamo ereditato, cambiando semplicemente l'oggetto di culto: al sole abbiamo sostituito la figura di Gesù Cristo. Il Natale cristiano-cattolico, difatti, altro non è che una "forzatura" per far coincidere la nascita del Messia con la rinascita annuale del sole, culto evidemente assai radicato nel credo popolare e,pertanto, assai difficile da soppiantare.
Come comunità di "Aries", da ormai diverso tempo, riproponiamo questa antica ricorrenza, al fine di poterne apprezzare la spiritualità potente e profonda che poi, a ben guardare, è la stessa che anima la nostra Tradizione. Così, anche quest'anno, abbiamo acceso il fuoco sacro allo scoccar di mezzanotte. Due torce, portate dal membro più anziano e da quello più giovane, lo hanno acceso, una da est e una da ovest. Dalla pira posta alla base, si è accesa una grande croce celtica, la quale rappresenta il sole con il suo cerchio, la vita terrena con l'asse orizzontale e quella celeste con l'asse verticale. Ciascun membro ha poi esternato un suo pensiero, un sentimento ed un proposito davanti al fuoco e alla comunità riunita. Non sono mancati ovviamente, i rituali del vino, del pane e del sale, simboli del sangue, del lavoro dell'uomo e della fortuna. Al primo divampare delle fiamme l'aria si è subito caricata di magia e della forza di uno spirito ancestrale. Sono stati molti i brividi che hanno percorso le schiene di tutti noi, ma non per il freddo, (già dalle 20 eravamo sotto lo zero!); era la vera essenza dell'uomo che si mostrava ai presenti, che riaffiorava dal terreno, dagli alberi, dalle foglie e dal fuoco stesso. La natura tutta intorno sembrava parlare e caricarsi di mille e più significati. Il cielo scuro della notte, appena rischiarato da quel fuoco, si riempiva via via di un'infinità di altre fiammelle, unite tra di loro in modo da formare tanti strepitosi disegni, quasi come a voler rappresentare i fuochi che in tutta Europa si sono accesi per onorare la nascita del sole. La mente si è fatta leggera: liberatasi dagli opprimenti pensieri della materialità quotidiana, ha preso a volare in alto, quasi come a voler raggiungere quei fuochi sparsi per la volta celeste, facendo riafforare emozioni e sensazioni che si credevano dimenticate o, semplicemente, mai provate prima. Non credo si possa parlare di semplice suggestione. Semmai, si tratta di un ritorno allo stato di natura, in cui siamo liberi da tutti quei condizionamenti economico-sociali che hanno stravolto la nostra natura e il nostro vivere.
C'è davvero tutto nel Solstizio d'Inverno: una chiara indicazione su cosa davvero conti nella nostra vita,( la cura dello spirito, la presenza di persone care e la disponibilità di pochi ed essenziali beni materiali), e finanche un messaggio su quale sia il senso ultimo della nostra stessa vista: un semplice passaggio lungo il cerchio della croce, destinato forse a ripetersi come la vittoria del sole sulle tenebre. Un potente insegnamento che dal passato arriva a noi, uomini non più uomini, macchine svuotate di cuore e anima e schiave del profitto. Una lezione, insomma, da tenere bene a mente e da tramandare alle generazioni future; un monito a tornare semplicemente UOMINI.
Roberto Marzola.
martedì 20 dicembre 2011
MA CHE SENSO HA IL PARLAMENTO?
Premetto: non voglio limitarmi a dare scalpore o a lanciare qualche sterile provocazione per la rete. Voglio, piuttosto, provare a spostare la discussione su un tema essenziale per la vita di uno Stato: ha ancora un senso l'istituzione parlamentare?
Come ben noto, il Parlamento nasce addirittura nel 1130 con le Curiae Generales di Ruggero II a Palermo, ma è nella tradizione inglese che si fortifica e si propone alla modernità. Con Montesquieu entra addirittura nell'architetettura fondamentale dello Stato, divenendo depositario unico della funzione legislativa.
Da allora non ha mai perso la sua centralità. In molti casi, però, si è trattato di un'importanza più formale che sostanziale. Ne sia prova il fatto che, almeno in Italia, da qualche decennio si assiste ad una proliferazione di atti governativi al posto di quelli parlamentari. In ambito tecnico si descrive questo fenomento "ricorso alla legislazione d'emergenza" e lo si giustifica in base alla mutevolezza della realtà presente che, sempre più spesso, pone una serie di problemi da affrontare con necessità ed urgenza. Un'esigenza di celerità tecnico-amministrativa, insomma, che mal si concilia coi tempi lunghi dei lavori parlamentari. Con il Governo Monti, però, questo fenomeno ha subito una brusca accelerazione e, al tempo stesso, ha assunto una valenza politica. Infatti, la svergognata regia di Napolitano, (che, evidentemente, ha cambiato compagnie: dai compagni è passato ai banchieri!), ha posto le due camere in posizione di assoluta prostrazione ai voleri di Mr. Goldman Sachs - Trilateral - Bilderberg e del suo entourage. Mai un'obiezione, mai una proposta di modifica/integrazione ad un "dictum" del Governo. Solo la Lega ha fatto un po' di rumore, (ma, temo, a fini meramente elettorali e propagandistici). Per il resto, niente di niente. E' tutto un "sissignore" e tutto un "laudamus" rivolto al gran maestro Mario Monti. E, siccome la crisi è ben lontana dal finire, ho timore che questo sarà l'inizio di un'era in cui si farà un ampio ricorso ai governi tecnici, i quali succederanno sistematicamente a degli altri governi, (su base partitica e legittimamente eletti), che cadranno puntualmente per "non aver saputo affrontare la crisi" (cit.).
Arrivati a questo punto, quindi, mi e vi chiedo: ma non sarebbe meglio ripensare direttamente l'architettura costituzionale dello Stato? Non converrebbe sopprimere il Parlamento e pensare, magari, ad un Governo eletto direttamente dal popolo, (o dalle sue organizzazioni rappresentative, quali le corporazioni), e stretto a questo da un vincolo di mandato? Non mi pare un'eresia. I vantaggi sarebbero più di uno. Innanzittuto, è ipotizzabile un depotenziamento del ruolo dei partiti, dato che ad eleggere i membri dell'esecutivo sarebbe la cittadinanza stessa, (o, ripeto, le sue associazioni rappresentative come le corporazioni), la quale avrebbe anche il potere di rimuoverli se non mantengono fede agli impegni assunti. In più, verrebbe assicurata celerità nelle decisioni e nei provvedimenti, assunti stavolta in maniera cristallina e senza "oscuri" giochi di potere e, soprattutto, senza l'assurda scusa della crisi. Terzo punto: vi sarebbe una selezione dei candidati, dato che, per arrivare a fine legislatura, dovranno realizzare almeno in parte il programma elettorale, a meno che non vogliano essere revocati dagli stessi elettori. Dulcis in fundo, avremmo un bel risparmio di spesa, posto che scomparirebbero dal libro paga dello Stato più di 900 individui super-stipendiati e super-remunerati anche dopo la fine del loro incarico istituzionale. Mi chiederete: e delle aule parlamentari cosa ne sarà? Ne faremo dei musei o delle sale da cocktails come stanno già pensando di fare gli inglesi. Sicuramente uno spettacolo più decoroso dell'attuale prostituzione al governo dei banchieri e uno sfruttamento più intelligente e remunerativo dei beni immobiliari del Paese. Parliamone!
Roberto Marzola.
Come ben noto, il Parlamento nasce addirittura nel 1130 con le Curiae Generales di Ruggero II a Palermo, ma è nella tradizione inglese che si fortifica e si propone alla modernità. Con Montesquieu entra addirittura nell'architetettura fondamentale dello Stato, divenendo depositario unico della funzione legislativa.
Da allora non ha mai perso la sua centralità. In molti casi, però, si è trattato di un'importanza più formale che sostanziale. Ne sia prova il fatto che, almeno in Italia, da qualche decennio si assiste ad una proliferazione di atti governativi al posto di quelli parlamentari. In ambito tecnico si descrive questo fenomento "ricorso alla legislazione d'emergenza" e lo si giustifica in base alla mutevolezza della realtà presente che, sempre più spesso, pone una serie di problemi da affrontare con necessità ed urgenza. Un'esigenza di celerità tecnico-amministrativa, insomma, che mal si concilia coi tempi lunghi dei lavori parlamentari. Con il Governo Monti, però, questo fenomeno ha subito una brusca accelerazione e, al tempo stesso, ha assunto una valenza politica. Infatti, la svergognata regia di Napolitano, (che, evidentemente, ha cambiato compagnie: dai compagni è passato ai banchieri!), ha posto le due camere in posizione di assoluta prostrazione ai voleri di Mr. Goldman Sachs - Trilateral - Bilderberg e del suo entourage. Mai un'obiezione, mai una proposta di modifica/integrazione ad un "dictum" del Governo. Solo la Lega ha fatto un po' di rumore, (ma, temo, a fini meramente elettorali e propagandistici). Per il resto, niente di niente. E' tutto un "sissignore" e tutto un "laudamus" rivolto al gran maestro Mario Monti. E, siccome la crisi è ben lontana dal finire, ho timore che questo sarà l'inizio di un'era in cui si farà un ampio ricorso ai governi tecnici, i quali succederanno sistematicamente a degli altri governi, (su base partitica e legittimamente eletti), che cadranno puntualmente per "non aver saputo affrontare la crisi" (cit.).
Arrivati a questo punto, quindi, mi e vi chiedo: ma non sarebbe meglio ripensare direttamente l'architettura costituzionale dello Stato? Non converrebbe sopprimere il Parlamento e pensare, magari, ad un Governo eletto direttamente dal popolo, (o dalle sue organizzazioni rappresentative, quali le corporazioni), e stretto a questo da un vincolo di mandato? Non mi pare un'eresia. I vantaggi sarebbero più di uno. Innanzittuto, è ipotizzabile un depotenziamento del ruolo dei partiti, dato che ad eleggere i membri dell'esecutivo sarebbe la cittadinanza stessa, (o, ripeto, le sue associazioni rappresentative come le corporazioni), la quale avrebbe anche il potere di rimuoverli se non mantengono fede agli impegni assunti. In più, verrebbe assicurata celerità nelle decisioni e nei provvedimenti, assunti stavolta in maniera cristallina e senza "oscuri" giochi di potere e, soprattutto, senza l'assurda scusa della crisi. Terzo punto: vi sarebbe una selezione dei candidati, dato che, per arrivare a fine legislatura, dovranno realizzare almeno in parte il programma elettorale, a meno che non vogliano essere revocati dagli stessi elettori. Dulcis in fundo, avremmo un bel risparmio di spesa, posto che scomparirebbero dal libro paga dello Stato più di 900 individui super-stipendiati e super-remunerati anche dopo la fine del loro incarico istituzionale. Mi chiederete: e delle aule parlamentari cosa ne sarà? Ne faremo dei musei o delle sale da cocktails come stanno già pensando di fare gli inglesi. Sicuramente uno spettacolo più decoroso dell'attuale prostituzione al governo dei banchieri e uno sfruttamento più intelligente e remunerativo dei beni immobiliari del Paese. Parliamone!
Roberto Marzola.
domenica 18 dicembre 2011
LA CRISI UCCIDE. CRESCITA DEI "SUICIDI DA INSOLVENZA"
"Peggio della peste è l'usura" scrisse Pound in uno dei suoi capolavori, il Canto LXV "Contro Usura". Decenni più tardi, il compianto Giacinto Auriti, incamminatosi sul sentiero indicato dal maestro dell'Idaho, in una delle sue lezioni televisive ebbe a dire: " La gente si suicida per i debiti. Ogni giorno che vado a Roma passo sotto Pietrasecca, dove c'è quel ponte, e mi ricordo quella famiglia di quattro persone che si sono suicidate per i debiti. Questo grida vendetta a Dio!".
Lo stesso concetto, lo stesso identico problema descritto con forme differenti: la poesia nel primo caso, l'osservazione tecnico-scentifica nel secondo. Al di là delle osservazioni estetiche, bisogna dire che si è trattato di una vera e propria profezia sulla nascita di un'autentica malattia sociale: il suicidio da insolvenza. Auriti, a suo tempo, denunciò il funzionamento perverso del sistema bancario nel suo complesso che, in pratica, rende sempre più difficile far fronte ai debiti assunti. Una situazione straziante che inghiotte l'individuo in una spirale depressiva, dovuta ad un calo del reddito che, a sua volta, genera insicurezza economica e, quindi, insoddisfazione a livello psicologico e sociale. Alcuni individui riescono ad affrontare razionalmente il disagio; altri, invece, cedono alla disperazione e compiono il più estremo degli atti.
Questa correlazione appare più marcata in tempi di crisi economica: è la crescente disoccupazione che gioca un ruolo fatale in tal senso, aumentando l'inquietudine psicologica e l'angoscia di non poter onorare i debiti assunti. Se ne sono accorti anche alcuni istituti EURES. In un'ansa del 19 maggio, infatti, si può leggere che nel 2009 il tasso di suicidi è cresciuto del 5,6 % rispetto all'anno precedente. A crescere in maniera più che esponenziale, tuttavia, sono stati i suicidi per ragioni economiche: il 32% in più rispetto all'anno prima, con in media un suicidio al giorno tra i disoccupati.
Le intuizioni di Pound e Auriti sono altresì confermate anche da studi internazionali. "Diverse ricerche spalmate nel tempo hanno riscontrato un legame tra una situazione difficile dal punto di vista socio-economico e un aumento del consumo di psicofarmaci, dei problemi di salute mentale e dei suicidi. Per esempio, in Gran Bretagna tra il 1920 e il 1930, la disoccupazione produsse un aumento dei suicidi tra gli uomini. Un’analisi della crisi economica asiatica del 1997/98 ha indicato in circa diecimila i suicidi tra Hong Kong, Giappone, e Korea. Nel 2001, dopo la crisi che mise in ginocchio l’Argentina, la vendita di farmaci antidepressivi aumentò notevolmente. A Hong Kong il 24% di tutti i suicidi avvenuti nel 2002 riguardava le persone con indebitamento. Secondo una ricerca pubblicata su Psychiatry, negli Stati Uniti, dopo il settembre del 2008, quando si è verificata la bancarotta della banca Lehman Brothers (evento simbolo del crollo finanziario) è avvenuta una lievitazione delle prescrizioni di sonniferi, ansiolitici e antidepressivi" (fonte). Anche l'università di Cambridge ha svolto studi in questa direzione, pubblicandone i risultati sulla rivista "The Lancet" . Ecco cosa si legge: "Secondo lo studio della prestigiosa istituzione, tra 2009 e 2010 in Grecia sarebbe aumentato del 24% il numero di persone che si sono rivolte agli ospedali pubblici per vari disturbi, ed il dato sarebbe salito di un ulteriore 8% nel 2011. Da Cambridge arriva anche la conferma sul boom dei suicidi, +25% tra 2009 e 2010 e +40% nel 2011"(fonte).
Solo in Italia si hanno ancora difficoltà ad ammettere correlazioni tra la salute psichica individuale e collettiva e l'andamento economico. Eppure negli anni '80, a seguito della cassaintegrazione chiesta dalla FIAT, furono censiti ben 149 suicidi tra gli operai impiegati nell'industria e nell'indotto. Perché non si è colto e approfondito quel fortissimo segnale di disagio economico, sociale e psichico? Se non altro, avremmo valutato in maniera molto più ragionata la nascita, lo sviluppo e i criteri di azioni di un ente come Equitalia S.P.A., resosi colpevole di alcune riscossioni di credito che gridano letteralmente vendetta.
Insomma, deve farci ben riflettere il suicidio da insolvenza, questa nuova e dilagante patologia sociale. Il primo ragionamento da compiersi riguarda il quanto sia divenuta "stressante" l'odierna società, dominata da una rincorsa frenetica al successo, al guadagno, all'affermazione economica; una società, insomma, in cui la mancanza di beni materiali emargina l'individuo. Il secondo ed ultimo ragionamento, invece, deve riguardare la possibilità di tollerare ancora un Governo ed un Presidente della Repubblica come quelli in carica, i quali non fanno altro che ripetere il mantra dei "sacrifici di tutti, anche per i meno abbienti", (tranne che loro, ovviamente!), senza poi dire apertamente chi saranno i beneficiari di questi sacrifici collettivi: le banche. Basta guardare l'approvazione della cd. "manovra salva-Italia", una stangata ai danni del popolo approvata con 495 "sì" e 88 "no". Un messaggio chiaro: a quelli che, almeno sulla carta, dovrebbero essere i nostri rappresentanti non importa più se la famiglia media italiana riesca ad affrontare le difficoltà quotidiane oppure no, se riesca a tirare a campare oppure se sia pronta a saltare giù dal ponte di Pietrasecca; a loro importa solo salvare ben altri interessi, costringendoci a scegliere tra una vita di stenti e un salto nell'abisso. Aveva ragione lo stesso Prof. Auriti quando disse che "questi signori sono autentici criminali e dobbiamo rimandarli a casa!" . Lo aveva detto ormai un decennio fa, ma nessuno l'ha ascoltato. Il professore, però, ci ha indicato anche la ricetta precisa per ribellarci a questa stretta letale. Siamo ancora in tempo per metterla in pratica. Riproponiamo il suo messaggio quindi, urliamolo ai quattro venti, discutiamo su come attuarlo; ma facciamo in fretta: il tempo stringe!
Roberto Marzola.
Lo stesso concetto, lo stesso identico problema descritto con forme differenti: la poesia nel primo caso, l'osservazione tecnico-scentifica nel secondo. Al di là delle osservazioni estetiche, bisogna dire che si è trattato di una vera e propria profezia sulla nascita di un'autentica malattia sociale: il suicidio da insolvenza. Auriti, a suo tempo, denunciò il funzionamento perverso del sistema bancario nel suo complesso che, in pratica, rende sempre più difficile far fronte ai debiti assunti. Una situazione straziante che inghiotte l'individuo in una spirale depressiva, dovuta ad un calo del reddito che, a sua volta, genera insicurezza economica e, quindi, insoddisfazione a livello psicologico e sociale. Alcuni individui riescono ad affrontare razionalmente il disagio; altri, invece, cedono alla disperazione e compiono il più estremo degli atti.
Questa correlazione appare più marcata in tempi di crisi economica: è la crescente disoccupazione che gioca un ruolo fatale in tal senso, aumentando l'inquietudine psicologica e l'angoscia di non poter onorare i debiti assunti. Se ne sono accorti anche alcuni istituti EURES. In un'ansa del 19 maggio, infatti, si può leggere che nel 2009 il tasso di suicidi è cresciuto del 5,6 % rispetto all'anno precedente. A crescere in maniera più che esponenziale, tuttavia, sono stati i suicidi per ragioni economiche: il 32% in più rispetto all'anno prima, con in media un suicidio al giorno tra i disoccupati.
Le intuizioni di Pound e Auriti sono altresì confermate anche da studi internazionali. "Diverse ricerche spalmate nel tempo hanno riscontrato un legame tra una situazione difficile dal punto di vista socio-economico e un aumento del consumo di psicofarmaci, dei problemi di salute mentale e dei suicidi. Per esempio, in Gran Bretagna tra il 1920 e il 1930, la disoccupazione produsse un aumento dei suicidi tra gli uomini. Un’analisi della crisi economica asiatica del 1997/98 ha indicato in circa diecimila i suicidi tra Hong Kong, Giappone, e Korea. Nel 2001, dopo la crisi che mise in ginocchio l’Argentina, la vendita di farmaci antidepressivi aumentò notevolmente. A Hong Kong il 24% di tutti i suicidi avvenuti nel 2002 riguardava le persone con indebitamento. Secondo una ricerca pubblicata su Psychiatry, negli Stati Uniti, dopo il settembre del 2008, quando si è verificata la bancarotta della banca Lehman Brothers (evento simbolo del crollo finanziario) è avvenuta una lievitazione delle prescrizioni di sonniferi, ansiolitici e antidepressivi" (fonte). Anche l'università di Cambridge ha svolto studi in questa direzione, pubblicandone i risultati sulla rivista "The Lancet" . Ecco cosa si legge: "Secondo lo studio della prestigiosa istituzione, tra 2009 e 2010 in Grecia sarebbe aumentato del 24% il numero di persone che si sono rivolte agli ospedali pubblici per vari disturbi, ed il dato sarebbe salito di un ulteriore 8% nel 2011. Da Cambridge arriva anche la conferma sul boom dei suicidi, +25% tra 2009 e 2010 e +40% nel 2011"(fonte).
Solo in Italia si hanno ancora difficoltà ad ammettere correlazioni tra la salute psichica individuale e collettiva e l'andamento economico. Eppure negli anni '80, a seguito della cassaintegrazione chiesta dalla FIAT, furono censiti ben 149 suicidi tra gli operai impiegati nell'industria e nell'indotto. Perché non si è colto e approfondito quel fortissimo segnale di disagio economico, sociale e psichico? Se non altro, avremmo valutato in maniera molto più ragionata la nascita, lo sviluppo e i criteri di azioni di un ente come Equitalia S.P.A., resosi colpevole di alcune riscossioni di credito che gridano letteralmente vendetta.
Insomma, deve farci ben riflettere il suicidio da insolvenza, questa nuova e dilagante patologia sociale. Il primo ragionamento da compiersi riguarda il quanto sia divenuta "stressante" l'odierna società, dominata da una rincorsa frenetica al successo, al guadagno, all'affermazione economica; una società, insomma, in cui la mancanza di beni materiali emargina l'individuo. Il secondo ed ultimo ragionamento, invece, deve riguardare la possibilità di tollerare ancora un Governo ed un Presidente della Repubblica come quelli in carica, i quali non fanno altro che ripetere il mantra dei "sacrifici di tutti, anche per i meno abbienti", (tranne che loro, ovviamente!), senza poi dire apertamente chi saranno i beneficiari di questi sacrifici collettivi: le banche. Basta guardare l'approvazione della cd. "manovra salva-Italia", una stangata ai danni del popolo approvata con 495 "sì" e 88 "no". Un messaggio chiaro: a quelli che, almeno sulla carta, dovrebbero essere i nostri rappresentanti non importa più se la famiglia media italiana riesca ad affrontare le difficoltà quotidiane oppure no, se riesca a tirare a campare oppure se sia pronta a saltare giù dal ponte di Pietrasecca; a loro importa solo salvare ben altri interessi, costringendoci a scegliere tra una vita di stenti e un salto nell'abisso. Aveva ragione lo stesso Prof. Auriti quando disse che "questi signori sono autentici criminali e dobbiamo rimandarli a casa!" . Lo aveva detto ormai un decennio fa, ma nessuno l'ha ascoltato. Il professore, però, ci ha indicato anche la ricetta precisa per ribellarci a questa stretta letale. Siamo ancora in tempo per metterla in pratica. Riproponiamo il suo messaggio quindi, urliamolo ai quattro venti, discutiamo su come attuarlo; ma facciamo in fretta: il tempo stringe!
Roberto Marzola.
venerdì 16 dicembre 2011
CRIMINI ALLEATI: IL MASSACRO DI BISCARI
“Pacta sunt servanda”. Avevo promesso che avrei iniziato a scrivere delle nefandezze compiute dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale ed eccomi qui, pronto a farlo.
Voglio provare a parlare del Massacro di Biscari, oggi comune di Acate in provincia di Ragusa. I fatti si sono svolti nel luglio del 1943, quando cioè le forze americane sbarcarono in Sicilia per risalire lo Stivale. In quei giorni, 76 militari italiani e alcuni tedeschi furono vigliaccamente uccisi dopo essersi arresi, ovverosia dopo aver assunto lo status di prigioniero di guerra. Morirono anche dei civili italiani. Queste considerazioni, (ossia lo status di prigioniero di guerra e di civile), autorizzano a parlare di crimini di guerra veri e propri e,come tali, punibili dai tribunali internazionali. Ammesso e non concesso che vi sia la volontà di punirli!
I fatti.
Sbarcati in Sicilia nel corso dell’Operazione Husky, gli americani approdarono nei pressi di Gela tra il 9 e 10 luglio. Trovarono diverse divisioni italo-tedesche a sbarrare la strada, in particolare la “Livorno” e la “Hermann Goering”, le quali riusciranno a reggere l’urto alleato, rischiando persino di far saltare l’intero piano di invasione della 5a armata USA. Il 14 di luglio, però, ha inizio il contrattacco alleato che riesce a sbaragliare la resistenza nemica solo grazie all’aiuto del tiro navale. Le forze statunitensi giunsero all’aeroporto di Biscari, dove trovarono riparati dei militari italo-tedeschi. La resa di questi fu immediata: mani in alto e sventolio di fazzoletti bianchi. Per ordine del comandante John Compton furono fatti mettere in fila, disarmati , denudati e privati del possesso di qualsiasi oggetto di valore. Subito dopo, l’ufficiale impartì l’ordine di fucilazione immediata.
All’indomani il colonnello King,( divenuto anche cappellano),recatosi sul posto, notò i corpi senza vita. Sceso per indagare, notò che “la maggior parte mostrava ferite alla testa; bruciature sui capelli e tracce di polvere indicavano che i colpi erano stati sparati a distanza ravvicinata. Alcuni soldati che si riposavano nei dintorni raggiunsero il colonnello e cappellano, protestando che essi ‘avevano preso le armi proprio per combattere quel genere di cose’ - disse King – ‘Essi si vergognavano dei loro stessi connazionali’ “ (fonte).
Seguì un’altra strage ad opera del sergente West. Quest’ultimo doveva condurre un gruppo di prigionieri presso le retrovie, affinché potessero essere interrogati. Dopo circa un kilometro di marcia, però, fu intimato l’alt. Il sergente in persona imbracciò il fucile mitragliatore e, dopo aver dato istruzione ai suoi uomini di non guardare, aprì il fuoco contro i prigionieri indifesi. Fu una strage. Vale la pena di riportare la testimonianza di Giuseppe Giannola, all’epoca aviatore in forza all’esercito italiano. “All’alba del 14 luglio, gli americani circondarono il nostro rifugio lanciando bombe a mano che esplosero davanti alle uscite. Ci urlarono di venire fuori con le braccia alzate e noi obbedimmo. Ci perquisirono e ci tolsero tutto lasciandoci in mutande. E ci portarono via le scarpe per impedirci di correre. Dopo poco, una trentina di soldati italiani furono uniti al nostro gruppo. […]Ci fecero disporre in due file da venticinque. Fu tremendo quando ci schierarono: io ero al centro della prima fila. Accanto avevo due commilitoni palermitani che conoscevo da bambino. A quel punto un sergente alto, robusto e tatuato imbracciò il mitragliatore e cominciò a sparare. Io ricevetti la prima raffica di mitra al braccio destro e mi buttai a terra. I corpi degli altri commilitoni mi caddero addosso. Non vedevo più nulla. Sentivo solo il colpo di grazia a quelli in agonia. Stavo fermo con il braccio infuocato, la faccia e il corpo coperti dal sangue dei miei compagni. Rimasi immobile un paio d’ore, finché il silenzio non divenne totale. Lentamente e quasi paralizzato dalla paura, spostati i corpi, mi alzai. Feci appena in tempo a guardarmi intorno e mi raggiunse un’altra fucilata, che mi sfiorò la testa dove scavò un solco bruciandomi i capelli. Sarebbe bastato un millimetro più in giù per ammazzarmi. Ho cercato di non respirare, temendo che ci fosse qualche soldato americano appostato per fare secco chiunque fosse rimasto vivo. Non so quanto tempo sia passato. Il braccio sanguinante e la ferita alla testa mi bruciavano. Il dolore superò la paura. Così riuscii ad allontanarmi falla scena della strage vagando alla ricerca d’aiuto. Mi imbattei allora in diversi militari americani, uno dei quali esibiva al braccio la fascia della Croce Rossa. Mi diedero da bere e mi medicarono le ferite. Poi a gesti mi fecero capire che da lì sarebbe passata un’ambulanza per portarmi in ospedale. Invece, arrivò una jeep con due soldati americani. Il primo scese disarmato, il secondo, armato di fucile, mi sparò il terzo colpo della giornata, questa volta a distanza ravvicinata, nel collo”. Eppure Giannola riuscì a sopravvivere, dopo essere stato raccolto da un’altra ambulanza e portato in ospedale. Denuncerà più volte l’accaduto, ma nessuno gli credette mai. In compenso, la procura militare di Palermo lo dichiarò disertore (fonte).
Il giornalista inglese Alexander Clifford riporta almeno altri due eccidi di cui fu testimone oculare. Assistette all’esecuzione di 60 italiani catturati in prima linea e, poco dopo, di circa 50 tedeschi nei pressi di Comiso, all’epoca base della Luftwaffe. Denunciò tutto al generale Patton, il quale promise provvedimenti immediati contro i responsabili dei massacri; ma alla promessa non seguì mai alcun atto ufficiale (fonte).
Lo stesso 14 luglio si consumò un’altra strage a Canicattì, presso la Saponeria Narbone-Garilli di Viale Carlo Alberto, colpita dai bombardamenti alleati. La polizia armata americana vide la popolazione civile che la stava saccheggiando. Allora, ai soldati venne dato l’ordine di far fuoco sulla folla. Nessuno eseguì l’ordine, cosicché un tenente colonnello alleato,(il cui nome è ignoto), sparò sulla folla con la propria pistola. Secondo il prof. Joseph S. Salemi della New York University, figlio di uno di quei militari dell'Intelligence che furono presenti alla strage, vennero scaricati sulla popolazione civile tre interi caricatori. Non si conosce bene il numero delle vittime. C’è chi sostiene che siano state 6, chi 12 e chi addirittura 21. Lo stesso professore, in particolare, rammenta un racconto del padre, il quale vide un “bambino di circa dodici o tredici anni che ricevette un colpo di rivoltella direttamente nello stomaco. Il bambino non morì subito, ma si mise a gridare più volte in dialetto siciliano: ‘C'haiu na bodda ntu stummachu!’ (una pallottola nello stomaco, ndr)” (fonte).
Conseguenze.
Certi accadimenti sono di dominio pubblico solo da poco tempo. Hanno iniziato a trapelare sono negli anni ’80, ma si sono posti all’attenzione del grande pubblico solo dopo il 2000, quando furono portati alla ribalta da un’iniziativa de “Il Corriere della Sera” che, (giusto per curiosità), ha ispirato un’interrogazione parlamentare di Gennaro Malgieri, di Allenanza Nazionale, per chiedere di onorare la memoria delle vittime (trovate l’interrogazione qui).
La sentenza contro West. |
Sappiamo, in particolare, che le denunce di King e Clifford misero in serio imbarazzo gli alti gradi dell’esercito alleato, tanto che dovette intervenire la procura militare, rinviando a giudizio il sergente Horace West (Compagnia A) ed il capitano John Compton (Compagnia C). Il primo si difese riportando le parole di Patton pronunciate dagli altoparlanti delle navi da guerra a stelle e strisce: “Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!” (fonte). Nonostante ciò venne condannato all’ergastolo per aver ucciso dei prigionieri di guerra. Un provvedimento, tuttavia, che è rimasto senza effetti, dato che lo stesso West ha continuato a prestare servizio nell’esercito. Anche Compton giustificò il proprio operato con gli ordini di Patton. A differenza del collega fu assolto, ma morì presso Monte Cassino nel 1943. Patton, per conto suo, non ha subito nessun provvedimento per quegli ordini. I fatti di Comiso e di Canicattì, invece, sono da sempre rimasti impuniti.
Dalle pagine de “Il Corriere della Sera” si apprende che, addirittura, dietro le istruttorie “si nascose una lotta di potere al vertice dei comandi alleati, con il generale a due stelle Omar Bradley impegnato a scavalcare il suo superiore. E si celò una ancora più complessa manovra per impedire la pubblicazione delle notizie sui massacri, rimaste infatti sostanzialmente inedite fino agli anni Ottanta”. Nello stesso articolo si ipotizza che la paura di uno scandalo mondiale era tale che Patton venne praticamente silurato. Ma non per gli schiaffi e gli insulti antisemiti contro due soldati americani, come tradizionalmente si racconta; proprio questa versione, sarebbe stata inventata di sana pianta, ( o comunque si ripiegò su di essa), pur di non far sapere all’opinione pubblica di come gli alti gradi dell’esercito “liberatore” si erano macchiati le mani di sangue innocente (fonte). Un fatto che la dice lunga sull’atrocità di quegli atti.
Insomma, abbiamo a che fare con un altro episodio di storia volutamente dimenticato. Un’altra tessera nel mosaico della “liberazione”, ma con un peso enorme, dato che richiama atti di assoluta ed ingiustificata perfidia, per giunta assolutamente inutili ai fini della guerra. Una testimonianza in più sul conto dei “liberatori”, ancora oggi spacciati per paladini del bene e della giustizia. Un episodio che sicuramente non sconvolgerà molti dei lettori di questo scritto, perché purtroppo accadimenti così cruenti non sono nuovi a chi, come me, ha un minimo di curiosità storica; ma che spero, almeno, inviti chiunque ne fosse all’oscuro ad una seria riflessione sulla veridicità del “mito della liberazione”. Un mito, appunto, e nulla più, pure lordo di sangue. Un mito da smentire con la storia. Quella vera però!
Roberto Marzola.
P.S. Si ringraziano tutti i siti citati per il materiale messo a disposizione degli utenti.
giovedì 15 dicembre 2011
ECCO I PRIMI RISULTATI DELLA MANOVRA MONTI
Il super-governo Monti, composto dalla miglior intelligentia italica (o almeno così dicono!), porrà la fiducia sulla manovra economica. Intanto, si vedono già i primi effetti dell'insediamento di Mr. Goldman Sachs e della sua equipe. Ne hanno risentito innanzitutto le borse. Solo oggi Milano ha visto il segno positivo, dopo giorni sotto lo zero. A non far dormire sonni tranquilli, però, è lo spread. Varie voci di esperti si rincorrono ma, a quanto pare, il differenziale Btp-Bund è arrivato a toccare la soglia dei 500 punti, per poi stabilizzarsi sui 484 (fonte). Insomma, col governo Berlusconi, (che di sicuro non era il migliore dei governi possibili, ma almeno era stato eletto), lo spread era di poco sopra i 500 punti; ora che il governo tecnico è ormai in pieno funzionamento siamo di nuovo punto a capo. Complimenti!
Come se non bastasse poi, Confindustria lancia un messaggio più che preoccupante: l'Italia è praticamente in recessione. Il centro- studi dell'organizzazione rappresentativa delle imprese fa sapere che il PIL crollerà di 1,6 punti percentuale da qui a primavera. A rendere più allarmante il quadro, tuttavia, è il tasso di disoccupazione, già oltre il 9%, il che vuol dire 219.000 posti di lavoro in meno (fonte). Nel 2013, addirittura, i posti di lavori scomparsi potrebbero essere oltre 800.000. Falcidiati i giovani: "tra la metà del 2008 e quella del 2011 per lavoratori di 15-24 anni la perdita e' stata del 24,4% e del 13,3% quella per la fascia 25-34 anni. Penalizzato chi ha una minore istruzione (-10,6%), dicono gli economisti di viale dell'Astronomia" (fonte).
E come affronta la crisi il Governo? Aumentando le tasse. A tal proposito la stessa Confindustria fa sapere che la "pressione fiscale non è mai stata così alta: 45,1% del pil nel 2012 e al 45,5% nel 2013, un record. Ma se venisse sottratto dal calcolo il sommerso, allora la pressione fiscale effettiva salirebbe al 54%. In sostanza, chi paga le tasse, lo fa per oltre la metà del proprio reddito medio" (fonte).
Non sorprenda, quindi, la nuova recessione. Era ampiamente preventivabile appena si è profilata l'ipotesi del governo tecnico. Una cosa soltanto mi spaventa: che il termine "recessione" sia sbagliato. Con esso, difatti, si indica un periodo indeterminato in cui "l’attività economica si riduce, il livello del reddito reale scende, cala l’occupazione e aumenta la disoccupazione" , ma che "termina con la successiva ripresa, cui segue un periodo più o meno lungo di tempo durante il quale vi è espansione economica, fino alla successiva recessione"(fonte) . Forse siamo un po' tutti troppo ottimisti. Mi azzardo a dire che qui non siamo davanti ad una fase ciclica dell'economia, bensì al crollo definitivo del sistema liberal-democratico. In termini tecnici si chiamerebbe "depressione"; io preferisco parlare di "apocalisse economico-finanziaria". Ci si è spinti troppo oltre. La sete di introiti dei soliti ha spinto il sistema produttivo ben oltre le sue reali capacità ed è giunto il momento di pagare dazio. Si salvi chi può dunque. L'acqua inizia a salire e presto ci arriverà alla gola. Dobbiamo reagire, cacciando questi emeriti cialtroni travestiti da "professori". E' ora di darsi da fare, iniziando a pensare ad una progressiva uscita dall'Euro e dall'euro-zona, (come ha ben fatto l'Inghilterra), ad una nazionalizzazione delle banche, ad un serio piano di ristrutturazione del sistema lavorativo e a quant'altro ho già indicato in altri scritti. Questa è l'unica strada realmente percorribile. A meno che non vogliamo farci spuntare le branchie e diventare tutti i pesci, unico modo per sopravvivere quando il livello dell'acqua sarà oltre la nostra testa. Personalmente, preferirei restarmene all'asciutto. Voi?
Roberto Marzola.
Come se non bastasse poi, Confindustria lancia un messaggio più che preoccupante: l'Italia è praticamente in recessione. Il centro- studi dell'organizzazione rappresentativa delle imprese fa sapere che il PIL crollerà di 1,6 punti percentuale da qui a primavera. A rendere più allarmante il quadro, tuttavia, è il tasso di disoccupazione, già oltre il 9%, il che vuol dire 219.000 posti di lavoro in meno (fonte). Nel 2013, addirittura, i posti di lavori scomparsi potrebbero essere oltre 800.000. Falcidiati i giovani: "tra la metà del 2008 e quella del 2011 per lavoratori di 15-24 anni la perdita e' stata del 24,4% e del 13,3% quella per la fascia 25-34 anni. Penalizzato chi ha una minore istruzione (-10,6%), dicono gli economisti di viale dell'Astronomia" (fonte).
E come affronta la crisi il Governo? Aumentando le tasse. A tal proposito la stessa Confindustria fa sapere che la "pressione fiscale non è mai stata così alta: 45,1% del pil nel 2012 e al 45,5% nel 2013, un record. Ma se venisse sottratto dal calcolo il sommerso, allora la pressione fiscale effettiva salirebbe al 54%. In sostanza, chi paga le tasse, lo fa per oltre la metà del proprio reddito medio" (fonte).
Non sorprenda, quindi, la nuova recessione. Era ampiamente preventivabile appena si è profilata l'ipotesi del governo tecnico. Una cosa soltanto mi spaventa: che il termine "recessione" sia sbagliato. Con esso, difatti, si indica un periodo indeterminato in cui "l’attività economica si riduce, il livello del reddito reale scende, cala l’occupazione e aumenta la disoccupazione" , ma che "termina con la successiva ripresa, cui segue un periodo più o meno lungo di tempo durante il quale vi è espansione economica, fino alla successiva recessione"(fonte) . Forse siamo un po' tutti troppo ottimisti. Mi azzardo a dire che qui non siamo davanti ad una fase ciclica dell'economia, bensì al crollo definitivo del sistema liberal-democratico. In termini tecnici si chiamerebbe "depressione"; io preferisco parlare di "apocalisse economico-finanziaria". Ci si è spinti troppo oltre. La sete di introiti dei soliti ha spinto il sistema produttivo ben oltre le sue reali capacità ed è giunto il momento di pagare dazio. Si salvi chi può dunque. L'acqua inizia a salire e presto ci arriverà alla gola. Dobbiamo reagire, cacciando questi emeriti cialtroni travestiti da "professori". E' ora di darsi da fare, iniziando a pensare ad una progressiva uscita dall'Euro e dall'euro-zona, (come ha ben fatto l'Inghilterra), ad una nazionalizzazione delle banche, ad un serio piano di ristrutturazione del sistema lavorativo e a quant'altro ho già indicato in altri scritti. Questa è l'unica strada realmente percorribile. A meno che non vogliamo farci spuntare le branchie e diventare tutti i pesci, unico modo per sopravvivere quando il livello dell'acqua sarà oltre la nostra testa. Personalmente, preferirei restarmene all'asciutto. Voi?
Roberto Marzola.
martedì 13 dicembre 2011
RAZZISMO: BASTA CON LE SOLITE PANZANE!
Un pazzo squilibrato uccide due immigrati e si suicida. Una folla in Piemonte decide di prendere i forconi per scagliarsi contro un campo di Rom, dopo aver saputo di uno stupro, (poi non avvenuto). Ai giornali moderati e progressisti non è parso vero: si è presentata loro la ghiotta occasione di parlare di razzismo. Già, perché se un folle spara contro due immigrati, non si pone l'accento sul suo quadro psichiatrico; no, si sottolinea la sua vicinanza a posizioni di cd. "estrema destra". Così come, se un intero quartiere decide di farsi giustizia da sè dopo la notizia dell'ennesimo odioso crimine commesso, non si mette in luce l'alto tasso di delinquenza degli zingari, bensì l'intolleranza della comunità autoctona. Demenza e faziosità dei soliti antirazzisti, moderati e politicamente corretti, sempre pronti a dare addosso all'avversario politico con la solita e sterile tiritela: siete "razzisti, intolleranti e xenofobi", "gli immigrati sono nostri amici", "gli immigrati sono la speranza dell'Italia", "gli immigrati pagheranno le nostre pensioni", "senza immigrati chi farà la badante, chi raccoglierà le arance e i pomodori?". Prevedibili, oltre che dementi e faziosi.
Di queste storie, francamente, ne ho piene le tasche. Mi sono anche stancato di cercare il dialogo, di spiegare le mie posizioni, di continuare a ripetere che chiedere un tasso di immigrazione minimo e regolare non c'entra niente col razzismo, così come auspicare una preferenza per l'italiano e la tutela per le nostre tradizioni, usi e costumi. Da oggi in poi darò una sola risposta: il buon vecchio "fanculo". Non voglio più sprecare il mio tempo con questi "xenofili". Anche perché questa gente è la stessa che regala la pensione gratis agli immigrati, sperperando denaro pubblico e togliendo fondi a chi ha regolarmente versato i contributi. La stessa gente che, in nome dell'accoglienza a tutti i costi, costringe lo straniero a lavori mortificanti, mal retribuiti e al di fuori di qualsiasi legalità. La stessa gente che, spesso, ha la badante rumena e la colf centro-americana irregolari. La stessa gente che alla vista del negretto fuori dal supermercato o dello zingaro al semaforo, si allontana spaventata,infastidita e inorridita. La stessa gente che, pur di "capire le ragioni del povero immigrato", abbandona sempre l'italiano a se stesso, lasciandolo solo, disocuppato e affamato.
Tirerò dritto per la mia strada dunque, continuando a combattere la vecchia battaglia per un'Italia nuovamente italiana, fiera delle proprie radici e consapevole dei propri mezzi, disposta ad aiutare il forestiero quando vi sia la possibilità concreta per farlo. Non spenderò più una parola per descrivere episodi come quelli correnti, che si spiegano in una situazione psichica precaria e nella paura e stanchezza della gente.Di tutto il resto me ne strafrego. Lascio la scena ai soliti signori. Tocca a loro fare la figura de retrogadi e dei politicamente ossessionati. Mai come in questo caso dice il vero la saggezza popolare, la quale insegna che "si guarda la pagliuzza negli occhi altri e non la trave nei propri". L'antirazzismo di maniera e di facciata è una trave enorme. Quanto scritto sopra ne è la prova provata. Ragionare per credere.
Roberto Marzola.
Di queste storie, francamente, ne ho piene le tasche. Mi sono anche stancato di cercare il dialogo, di spiegare le mie posizioni, di continuare a ripetere che chiedere un tasso di immigrazione minimo e regolare non c'entra niente col razzismo, così come auspicare una preferenza per l'italiano e la tutela per le nostre tradizioni, usi e costumi. Da oggi in poi darò una sola risposta: il buon vecchio "fanculo". Non voglio più sprecare il mio tempo con questi "xenofili". Anche perché questa gente è la stessa che regala la pensione gratis agli immigrati, sperperando denaro pubblico e togliendo fondi a chi ha regolarmente versato i contributi. La stessa gente che, in nome dell'accoglienza a tutti i costi, costringe lo straniero a lavori mortificanti, mal retribuiti e al di fuori di qualsiasi legalità. La stessa gente che, spesso, ha la badante rumena e la colf centro-americana irregolari. La stessa gente che alla vista del negretto fuori dal supermercato o dello zingaro al semaforo, si allontana spaventata,infastidita e inorridita. La stessa gente che, pur di "capire le ragioni del povero immigrato", abbandona sempre l'italiano a se stesso, lasciandolo solo, disocuppato e affamato.
Tirerò dritto per la mia strada dunque, continuando a combattere la vecchia battaglia per un'Italia nuovamente italiana, fiera delle proprie radici e consapevole dei propri mezzi, disposta ad aiutare il forestiero quando vi sia la possibilità concreta per farlo. Non spenderò più una parola per descrivere episodi come quelli correnti, che si spiegano in una situazione psichica precaria e nella paura e stanchezza della gente.Di tutto il resto me ne strafrego. Lascio la scena ai soliti signori. Tocca a loro fare la figura de retrogadi e dei politicamente ossessionati. Mai come in questo caso dice il vero la saggezza popolare, la quale insegna che "si guarda la pagliuzza negli occhi altri e non la trave nei propri". L'antirazzismo di maniera e di facciata è una trave enorme. Quanto scritto sopra ne è la prova provata. Ragionare per credere.
Roberto Marzola.
lunedì 12 dicembre 2011
ANCORA LEGGI LIBERTICIDE (CON RIFERIMENTI NORMATIVI)
Visto che ne avevamo parlato nel canale Facebook di "Ritorno alla Tradizione", do spazio ad una notizia alquanto allarmante. L'avrete sicuramente letta o almeno intravista. Si tratta del D.D.L. 733 della XVI legislatura, recante disposizioni in materia di pubblica sicurezza, già rinominato il "decreto ammazza-blogger". Infatti, durante l'iter procedurale, il senatore Gianpiero D'Alia del gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI, è riuscito a far approvare la proposta di modifica n. 50.0.100 al disegno di legge in parola, che recita testualmente:
Dopo l'articolo 50, inserire il seguente:
«Art. 50-bis. (Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecitecompiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell'interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all'adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all'autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'interno e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce, ai fini dell'attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l'effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l'attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
5. Al quarto comma dell'articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: "col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda".».
Difatti, il testo del d.d.l. all'art. 60 prevede:
Art. 60.(Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecite compiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell’interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all’adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all’autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell’interno e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, individua e definisce, ai fini dell’attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
5. Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è sostituito dal seguente:
«1) col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda».
3. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell’interno e per la pubblica amministrazione e l’innovazione, individua e definisce, ai fini dell’attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l’effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l’attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.
5. Al quarto comma dell’articolo 266 del codice penale, il numero 1) è sostituito dal seguente:
«1) col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda».
In poche parole, si vuole mettere nelle mani del Governo un potente strumento di censura, in grado di oscurare nello spazio di 24 ore qualsiasi sito, blog o canale internet, (quindi anche profili di social-network), che diffonda notizie ritenute pericolose o anche soltanto scomode, indipendentemente dal modo in cui esse siano diffuse, (scritto, foto, video ecc.) . Il lessico del d.d.l. appare molto pericoloso. Si corre il pericolo, infatti, di porre una sottilissima ed incertissima linea di confine tra "attività di istigazione o di apologia" e il semplice diritto di critica, facendo di una fattispecie criminosa e di un diritto costituzionalmente garantito un'unica grande ipotesi crimonosa. Tanto per capirci: io stesso sarei a rischio censura per aver più volte criticato l'esistenza della legge Scelba e della legge Merlin, per aver giudicato come assurda la proposta di inserire una norma che introduca il "crimine di negazionismo" e per avervi invitato alla disobbedienza civile dopo che Monti ha aumentato le accise sui carburanti.
Vi sembrano attività criminose queste? A me, onestamente, pare semplicemente che si voglia colpire la libertà di pensiero, di informazione e di comunicazione. Mi sembra anche oltremodo evidente che la casta stia provando a mettersi nelle condizioni di continuare a compiere le sue malefatte in assoluta tranquillità, anche se questa non è poi una grossa novità. Alla faccia della "democrazia"!
Roberto Marzola.
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