BENVENUTI, CHIUNQUE VOI SIATE

Se siete fautori del "politcally correct", se siete convinti che il mondo è davvero quello che vi hanno raccontato, se pensate di avere tutta la verità in tasca, se siete soliti riempirvi la bocca di concetti e categorie "democraticizzanti", sappiate che questo non è luogo adatto a Voi.

Se, invece, siete giunti alla conclusione che questo mondo infame vi prende in giro giorno dopo giorno, se avete finalmente capito che vi hanno riempito la testa di menzogne sin dalla più tenera età, se avete realizzato che il mondo, così come è, è destinato ad un lungo e triste declino, se siete convinti che è giunta l'ora di girare radicalmente pagina , allora siete nel posto giusto.
Troverete documenti,scritti, filmati, foto e quant'altro possa sostenervi in questa santa lotta contro tutti e tutto. Avrete anche la possibilità di scrivere i Vostri commenti, le Vostre impressioni, le Vostre Paure e le Vostre speranze.

Svegliamoci dal torpore perché possa venire una nuova alba, una nuova era!


mercoledì 27 giugno 2012

SONDAGGI PER LA CAMERA: VE LO DICEVO IO CHE IL PEGGIO DOVEVA ANCORA VENIRE!

D'accordo, i sondaggi non sono mai attendibili fino in fondo, specialmente se commissionati da quegli intelligentoni di "Ballarò". E' altrettanto vero, però, che descrivono una porzione, (magari minuscola), della realtà. E quella che potrebbe venire è una realtà che mi fa accapponare la pelle dal disgusto.
Ve lo immaginate, infatti, un Parlamento composto per più del 50% da Bersani, Rosy Bindi, Antonio di Pietro e Nicky Vendola, con Beppe Grillo a fare un previdibilissimo gioco di sponda? Ve l'immaginate, anche e soprattutto, un'opposizione, (più o meno coesa), fatta dai rientranti Fini e Casini, con i rimasugli di P.D.L. e Lega? Sarebbe un incubo, una tragedia di proporzioni bibliche. Da una parte, infatti, avremmo chi ci ha portato nel bel mezzo della crisi europea senza nemmeno interpellarci, (vedi l'area PD), unita a chi stenta a parlare persino in italiano ed è la figura più losca di Tangentopoli, (vedi Di Pietro), a chi ha assunto a 90.000 euro mensili la nipote di Napolitano, (bell'esempio di nepotismo e servilismo!), ha indagini a proprio carico e fa pagare i costi della propria incapacità amministrativa agli handicappati, (ogni riferimento a Vendola è puramente voluto), e -dulcis in fundo- a chi entra in parlamento per la prima volta, senza nemmeno aver mai amministrato manco un condominio. Dall'altra, invece, avremmo naufraghi e sopravvissuti, trasformisti e ciarlatani della politica, uomini di Arcore, del Vaticano o d'Israele, tutti accomunati dall'essere stati incapaci di prendere una posizione forte nel bel mezzo della crisi europeista e rei di aver dato un sostegno decisivo al governo Monti, una delle più grosse sciagure degli ultimi 20-30 anni, seconda soltanto all'ingresso nell'Unione Europea e alla firma del Trattato di Lisbona.
Di gente capace, seria e interessata alle sorti del Paese, insomma, non se ne vede manco l'ombra. Con una composizione simile è piuttosto facile prevedere un ampio spazio di mavora per una regia occulta, situata nelle stanze di Bruxelles, Strasburgo e Berlino, (che in fondo sono la stessa cosa!). Non resta che sperare che queste previsioni siano prive di qualsiasi fondamento o che, almeno, ipotizzino una situazione così lontana nel tempo da poter essere cambiata. Ci potrebbe anche essere, tuttavia, una terza possibilità: quella di un immediato e massiccio ricompattamento dell'area nazionalpopolare e socialista nazionale. Un incontro su pochi punti, che potrebbero benissimo ruotare attorno ad una progressiva uscita dall'Euro e dall'Unione Europea, alla lotta al potere bancario tramite la sua sottoposizione a controllo pubblico, ad una chiusura massiccia delle frontiere, ad una graduale nazionalizzazione e socializzazione dell'economia e, infine, ad un ripensamento/ammodernamento dello stato sociale. Ho lanciato cinque spunti di discussione, sui quali a mio avviso si deve necessariamente ragionare in tempi rapidi. A meno che non si preferisca lasciare il Paese in mano a banchieri e transgender, marionette e pretonzoli, comici e voltagabbana. Una circostanza davanti alla quale alzo le mani in segno di resa, e la voce per dire una cosa semplice e concisa: "godi popolo!"

Roberto Marzola.

lunedì 25 giugno 2012

CRIMINI ALLEATI N.3: L'IPRITE A BARI

Diclorodietilsolfuro o semplicemente iprite: si tratta di un terribile gas, dotato di proprietà vescicatorie e tossiche, largamente usato durante la Prima Guerra Mondiale e messo al bando dal consesso delle Nazioni. Ne ho già scritto, a dire il vero, in un altro post, per smentire le coglionerie che si dicono a proposito della campagna italiana in Abbissinia, andata a buon fine -secondo taluni "storci"- solo perché l'Esercito Italiano ne impiegò quantitativi massicci.
Stavolta, torno a parlarne per un altro motivo. Non tutti sanno, infatti, che gli Alleati nel 1943, (quindi dopo la messa al bando delle armi chimiche), trasportavano massicci carichi di iprite nel Mediterraneo a bordo delle loro navi. Quanto successo al porto di Bari nel dicembre del 1943 è, appunto, una testimonianza di tutto questo.

All’alba del 2 dicembre al porto di Bari, conquistato dagli anglo-americani a seguito dello sbarco di Taranto del 9 settembre 1943, erano presenti circa una quarantina di navi, molte delle quali erano le famose Liberty. Tra esse c’era anche la John Harvey. Gli operai stavano provvedendo a scaricare il carico delle imbarcazioni e ad ammassarlo nei magazzini dello scalo pugliese, divenuto ormai il punto di partenza per le operazioni belliche alleate. Verso sera, un ricognitore tedesco Messerschmitt 210 della Lufwaffe notò il notevole afflusso di navi al porto, difese da pochissimi uomini e mezzi. Immediata fu la comunicazione ai punti di comando, i quali progettarono subito l’azione di guerra, per rallentare quanto meno la risalita dello Stivale da parte degli Alleati. Oltre 100 aerei tedeschi e - pare- alcuni aeromobili della Repubblica di Salò si alzarono in volo alla volta di Bari. Giunsero sul posto verso le ore 19:30, un orario pianificato in base alle condizioni di luce che davano l’opportunità agli aerei della Luftwaffe di vedere senza essere visti (fonte). L’effetto sorpresa fu totale: decine e decine di bombe italo-tedesche caddero sulle navi Alleate ancorate sulle banchine. Ne furono affondate ben 17: “5 americane, 4 inglesi, 3 norvegesi, 3 italiane, 2 polacche. Furono inoltre gravemente danneggiate 7 navi di varia nazionalità e andarono perdute circa 40.000 tonnellate di materiali e munizioni. […] Samuel Eliot Morison definì l'attacco aereo al porto di Bari come il ‘più distruttivo, per gli alleati, dopo Pearl Harbour’ ”. (fonte).

L’effetto sorpresa, tuttavia, non colpì i soli Alleati, ma anche gli aviatori tedeschi. Questi ultimi, infatti, non sapevano che su quelle navi erano caricati notevoli quantitativi di armi all’iprite. Stando alla testimonianza di Augusto Carbonara, un testimone oculare, sulla sola Harvey erano presenti circa “cento tonnellate di bombe all’iprite, […]; ciascuna bomba era lunga quasi 120 centimetri, con un diametro di 20 centimetri, e conteneva iprite fissata ad idrocarburi, per ottenere circa 31 chili di mustard gelatinosa” (fonte). A ciò si devono aggiungere i rapporti che venivano inviati, a partire dal 1947, ai Ministeri e alla Prefettura, i quali parlano di “ben 15.551 bombe d’aereo e 2.533 casse di munizioni armate ad iprite” che giacevano in fondo al mare (fonte). Gli aviatori ed i comandi tedeschi, che intendevano soltanto compiere una poderosa azione di disturbo, utile per poter organizzare una difesa efficace sulla linea Gustav, non potevano certo immaginare la catastrofe che si sarebbe parata di fronte a loro. Il contenuto delle navi era infatti top-secret, tanto che solo alcuni ufficiali della stessa nave ne erano informati. Un segreto che accompagnerà i fatti di Bari anche a seguito del bombardamento, dato che il colonnello Stewart F. Alexander, inviato in Puglia nei giorni successivi all’operazione bellica per fare rapporto, classificherà le ustioni e le ferite riportate tanto dai soldati quanto dai civili come “per causa non ancora identificata”. Stando a quanto riportato qui e confermato dal Maggiore dell'U.S. Air Force Glenn B. Infield , (“Disaster at Bari”), il segreto fu imposto da Churchill in persona, il quale “era fermamente convinto che il ruolo giocato dal gas mostarda nella tragedia di Bari dovesse rimanere un segreto. Egli credeva che rendere pubblico il fiasco consegnasse ai tedeschi una vittoria in termini di propaganda” (“British Prime Minister Winston Churchill was particularly adamant that the role mustard gas played in the tragedy remain a secret. He believed that publicizing the fiasco would hand the Germans a propaganda victory”).
A parte questo, bisogna dire che disastrosi furono gli effetti dell’iprite contenuta nelle navi anglo-americane, aggravati dalla reticenza degli alti gradi Alleati che, di fatto, impedì di poter salvare centinaia di vite: una città messa in ginocchio, un numero di morti imprecisato tra militari e civili, (che taluno stima attorno al migliaio), centinaia di feriti e di intossicati. Non solo ieri, ma ancora oggi, dato che quegli ordigni giacciono ancora sul fondo dell’Adriatico e mettono a repentaglio la salute dei pescatori e dei naviganti pugliesi. Basti pensare che “dal 1946 alla fine degli anni ’90 sono stati ricostruiti 239 casi di intossicazione” in qualche modo ricollegabili all’iprite fuoriuscita dagli ordigni anglo-americani (fonte).
Una circostanza che non serve a far cadere l’alone di mistero che avvolge ancora il carico della Jonh Harvey e che non risponde alle tante domande possibili. In particolare: cosa avrebbero dovuto fare gli Alleati con quel gran quantitativo d'iprite? Cosa ci faceva la nave ormeggiata a Bari? Possibile che si trattasse di un mero “deterrente”, (come vuole la versione ufficiale), oppure si può pensare ad una precisa volontà di impiegare armi proibite?
Domande a cui deve rispondere la Storia, senza menzogne e senza reticenze, perché in grado di dirci ancora molto sul nostro passato e di rendere un'immagina molto diversa della "guerra di liberazione". A maggior ragione se si considera che, a distanza di quasi 70 anni da quei fatti, l’Italia deve ancora fare i conti con la spregiudicatezza e con l’infamia dei “liberatori”.

Roberto Marzola.


mercoledì 20 giugno 2012

ANACRONISTICI? NO, SIAMO COME SIAMO!



"Anacronistici", "passatisti", "nostalgici", "fuori dal tempo"...Quante etichette si porta addosso chi, come me, crede ancora in certe idee! Già, "noi non siamo uomini d'oggi", diceva Morsello, il quale aggiungeva pure: "siamo nati in un tempo sbagliato, ma siamo nati per davvero". E, allora, proprio perché siamo qua vivi e vegeti, in carne ed ossa, con noi questi signori, così bravi ad inquadrare, a dare etichette e a cucire numeri e simboli identificativi, (nemmeno fossimo ad Auschwitz, a Dachau o a Treblinka!), devono fare i conti. 
Anziché aprire la bocca a caso, devono considerare il nostro modo di essere, la nostra sostanza, ma anche la nostra anima, la nostra essenza. Sì, perché davanti alla nullità del materiale, a tali latitudini ancora si crede fermamente in un qualcosa di mistico e trascendente, che distingue l'uomo dal sasso, dalla fredda pietra marmorea, dalla roccia inanimata. 
Devono fare i conti- si diceva- con noi che crediamo che "nello spirito attivo come nel terreno fertile non si perde alcun seme".
Con noi che siamo convinti di un “io” che si identifica con il mondo e in un mondo che si identifica con l' “io”. Un mondo che, per queste ragioni, va protetto e tutelato, non saccheggiato e sfruttato, piegato alle ragioni del profitto smodato e ad ogni costo. 
Con noi che nell’individualismo di massa cerchiamo di vivere come una comunità di fratelli.
Con noi che, solitamente, non frequentiamo spiagge affollate  e che non vestiamo "cool", "trandy" o "alapage", preferendo indossare le nostre magliette nere, vecchie di anni, le nostre cinghie mai restituite all'esercito e calzare i nostri scarponi, chi per assaggiare la strada, chi invece per sfidare le cime, per raggiungerle, per lasciarsi andare nelle "meditazioni delle vette".
Con noi che alla musica assordante dei locali alla moda preferiamo il suono del mare, il brusio dei boschi, l'eco delle gole e di un canto, espressione di “un particolare stato d’animo, di un’armonia interiore” che ci distingue da chi “ha l’animo roso dalle passioni e dall’odio”. 
Sì, con noi che non sopportiamo le luci stroboscopiche della discoteca e andiamo a cercare quelle soffuse dei vicoli o quella filtrata dai rami degli alberi.
Con noi che di un certo passato andiamo fieri e da esso prendiamo esempio, stimolo e coraggio. 
Con noi che ci sentiamo figli di una Terra, di una Patria, di una Storia e di una Tradizione che avvertiamo così nostre da portarle sempre con noi, vuoi con un marchio sulla pelle o con un'incisione nel cuore.
Con noi che ci sentiamo discepoli di tanti uomini capaci di considerare la loro vita ben più leggera dell’idea che erano chiamati a difendere da tutto e tutti.
Con noi che prima dello Stato mettiamo la Nazione; prima i nati, poi le istituzioni; prima i popoli, poi gli interessi ed i guadagni.
Con noi che vogliamo essere protagonisti dell'oggi, padroni del domani e che, quindi, non vogliamo intromissioni, né poteri soverchianti.
Con noi che non accettiamo l'idea di un governo rappresentativo, (specie se a distanza o comunque straniero), per amministrare le sorti nostre e dei nostri figli, ma difendiamo il diritto di ogni popolo a governare direttamente sulla Terra che l’ha visto nascere, tramite le proprie rappresentanze corporative.
Con noi che crediamo che ognuno debba avere un’istruzione, un lavoro, una casa e una famiglia, non il diritto all’istruzione, al lavoro, alla casa e alla famiglia.
Con noi che non ne possiamo più di questa ricchezza effimera e virtuale, contrapposta a questa povertà così reale e concreta.
Con noi che non consideriamo lo spread, l’andamento delle borse e le fasi cicliche dell’economia, ma guardiamo alle mani, all’ingegno e all’intelletto del lavoratore.
Con noi che non ci pieghiamo ai voleri del latente dio mercato, “creato, non generato, dalla stessa sostanza dei suoi padri”.
Con noi che difficilmente cediamo alle mode del momento e proponiamo uno stile di vita diverso dal consumismo presente.
Con noi che non crediamo nel falso progresso materiale, bensì cerchiamo l’elevazione morale e fisica dell’uomo.
Con noi che non facciamo un uso smodato dell’inglese e delle altre lingue di tendenza, ma che ci sforziamo di parlare un italiano corretto; con noi che, di conseguenza, non cediamo al “politicamente corretto” e ci ostiamo a chiamare “travestito” un “transgender”, “disabile” un “diversamente abile” e“negro” un “uomo di colore”, come il nostro idioma vorrebbe.

Ebbene sì, con noi  e con tutto quanto scritto sopra dovete fare i conti, perché, a ben vedere, non siamo poi così “anacronistici”, “nostalgici” e tutto il resto; semplicemente, vediamo il mondo con altri occhi e vogliamo per esso un destino diverso. Non ci rassegniamo all'idea che le vostre modernissime convizioni possano ridurlo ad un corpo morente, ad un ammasso di materia destinata a spegnersi nel buio più totale, e contrapponiamo le nostra fede, i nostri valori. 
Chissà, magari queste sono “parole contro il vento” e “contro il tempo”; o forse, per capirle basta prendere uno specchio e guardarsi in faccia. Magari per realizzare che si era solo prigionieri di vecchi schemi mentali, afflitti da decennali ferite agli occhi e sofferenti per risalenti menzogne, mentre tutto scorreva e mentre pochi pazzi "lanciavano la loro sfida alle stelle".

Roberto Marzola.

lunedì 18 giugno 2012

GRECIA: SE LA MONETA VALE PIU' DI UN POPOLO

Le elezioni greche, ormai, appartengono alla storia. I partiti pro-euro l'hanno spuntata.Ottimiste le reazioni della Merkel e soci; fiduciosi i mercati. L'Euro per ora è salvo. Gli investitori potranno -così almeno si dice- quasi pensare di portare soldi freschi in Grecia.
A leggere le prime notizie uscite sulla stampa, insomma, sembrerebbe già tutto passato, già tutto risolto. Con  una croce sulla scheda elettorale pare quasi che s'intraveda la luce in fondo al tunnel; si respira un cauto ottimismo, sebbene a ben vedere le intenzioni di governo dei neo-eletti non siano delle più chiare e sebbene i partiti anti-euro, tanto "di destra" quanto "di sinistra", arrivino quasi ad 80 seggi, se complessivamente considerati.
Un dato che, volenti o nolenti, deve comunque portare ad una qualche riflessione. Ma ciò che più deve far riflettere, a mio avviso, è che non conosciamo ancora le condizioni del popolo greco. Non si può certo darlo per entusiasta, (come entusiasti sono certi osservatori della politica e certi analisti dell'economia), per il semplice fatto che la maggioranza di esso sia fantomaticamente rappresentata in parlamento, così come non siamo legittimati a dire che le nuove elezioni allevieranno le sue condizioni. Dobbiamo quindi chiederci: come sta il popolo greco? Cosa ne sarà di esso? Cosa cambierà per esso ? Per ora, le poche notizie che arrivano, ci danno l'idea di un popolo allo stremo: il cibo scarseggia e viene razionalizzato (fonte), "i bambini nelle scuole non hanno i soldi per comprare un panino e non mangiano" (fonte), le madri greche abbandonano i bambini all'orfanotrofio per l'impossibilità di mantenerli (fonte), i medicinali sono ormai un privilegio per pochi (fonte). Chi ancora ha qualche risparmio in banca, poi, si affretta a ritirare i soldi e ad ammassare quanti più generi alimentari possibili (fonte). Uno scenario agghiacciante, quasi apocalittico, ma di cui nessuno parla; di cui i vertici politici e finanziari dell'Unione Europea tacciono o, semplicemente, evitano di interessarsi. La loro preoccupazione riguarda unicamente le condizioni di salute dell'Euro e dei mercati, mica quelle della gente comune alle prese con le difficoltà quotidiane. Ditemi voi come tutto questo possa essere tollerabile. Io non ce la faccio. Sento un vuoto dentro, un grido di angoscia e disperazione, ma anche - non mi vergogno a dirlo - un crescente sentimento di impotenza verso lo strapotere della casta politico-economica che governa le sorti di tutti noi. C'è davvero ben poco di cui rallegrarsi, ben poco di cui star tranquilli checché ne dicano la Merkel e Monti. Il peggio, forse, deve ancora venire...

Roberto Marzola.

mercoledì 13 giugno 2012

A PROPOSITO DI "FROCI"...E STAVOLTA SPARO A ZERO!


Il recente battibecco a distanza tra Cecchi Paone e Cassano ha riportato l'attenzione sull'omosessualità. A più di 24 ore dal giorno in cui sono state pronunciate e alla vigilia di una partita da dentro fuori per la nostra nazionale, si possono ancora sentire gli strascichi di una polemica che va avanti ormai da anni.

Lasciatemelo dire: non ne posso più ! Sono nauseato dalle risposte ipocrite e delle reazioni indignate che provengono da chi vorrebbe fare dell'omosessualità una questione di principio, una battaglia di civiltà. Ormai non si può più dire- come detto da Cassano- che non te ne importa nulla dell'esistenza dei "froci", (termine dialettale, si badi bene, non dispregiativo), e che, se esistono, sono problemi loro. Vi immaginate se il genio di Bari vecchia, anziché parlare di gay, avesse parlato che so, di feticisti o di "sadomasochisti"? Nessuno avrebbe detto nulla. Invece, di omosessuali devi per forza interessarti, prendertene cura, difenderli a spada tratta e coccolarli, nemmeno stessimo parlando di gente indifesa ed oppressa, a cui è proibito qualcosa. Devi spendere parole melliflue e politically correct. Devi dire che ti farebbe piacere avere un gay come vicino di casa, uno allo sportello della posta, uno dal meccanico, uno in edicola e uno dal tabaccaio, e che ti piacerebbe vederne decine di coppie al parco pubblico, al ristorante e al cinema, magari con un bimbo, (ovviamente procreato da una famiglia naturale!), al loro seguito. Perché si sa, i gay sono multicolor, sono dolci e simpatici, rompono lo stereotipo dell'uomo rude e virile, sono comprensivi e sensibili. Mica come tutti gli altri omacci eterosessuali, ridotti ormai ad ex uomini normali. Quelli sì che sono volgari, malati e deviati! Quelli pensano solo alla gnocca e al calcio; sono incapaci di provare amore, nobili sentimenti e un istinto paterno; non rappresentano il futuro e la speranza della Nazione, anzi l'appestano con i loro rutti da osteria e i loro "camerateschi" peti. Roba poco fine!

A questo punto siamo arrivati, cari miei, a forza di tutelare le "categorie svantaggiate", (ma de che?), a furia di gay pride e di trasmissioni TV e radiofoniche in cui si fa sempre più spesso "outing". Siamo giunti al sovvertimento tra normale e deviante, tra naturale e innaturale; siamo giunti alla dittatura del pensiero, all'obbligo di dover dire questo piuttosto che quest'altro. Mi ribello a tutto questo. Rivendico la mia libertà di poter chiamare un gay "frocio" o "finocchio" e di fare tutta l'ironia che mi pare e piace, nonché di dire che mai e poi mai vorrei un figlio o una figlia omosessuale. Difendo il diritto alla mia sana e naturale eterosessualità, nonché a dire che dei gay e delle loro scelte di vita non me ne frega un cazzo! Tutelo la mia morale e la mia etica, così diverse da quelle della massa, che mi dettano precetti e convinzioni che nessuno si deve permettere di giudicare o, peggio, di mettere all'indice. Non ne posso più di sentirmi dire cosa devo affermare, cosa devo pensare e in cosa devo credere da presentui intellettuali e da veri e propri borghesucci radical-chic, buoni solo a frequentare i salottini buoni del Paese e a dire agli altri come dovrebbero stare al mondo. Pretendo la mia autonomia di pensiero, la mia libertà di parola. Vi sta bene? Mi fa piacere. Non vi  sta bene? Amen. Lanciatemi tutti gli epiteti che volente e attaccatemi tutte le etichette che credete; tanto saranno sempre più onorevoli degli epiteti e delle etichette in cui vi identificate voi, falsi moralisti e ipocriti benpensanti. E' proprio il caso di dirlo: se non vi sta bene, "annate a pijavvela nder culo", come dicono a Roma. Tanto non vi offendete, né vi formalizzate; tanto fa chic e progresso, no?

Roberto Marzola.

lunedì 11 giugno 2012

DOVE SONO CRESCITA E SVILUPPO?

Monti diceva di avere un piano per risollevare l'Italia. Un piano articolato in due momenti: fase 1, ovvero tassazione a più non posso; fase 2, ossia crescita e sviluppo. La prima l'abbiamo assaggiata tutti, tant'è vero che non abbiamo avuto nemmeno il tempo di finire di contare i lividi causati dalle precedenti stangate, che già si è presentata Mrs. IMU; della seconda, invece, si sono perse le tracce. La crescita e lo sviluppo stanno diventando per gli italiani un po' come la profezia Maya sulla fine del mondo nel 2012: tutti ne hanno sentito parlare ma nessuno sa dire se mai arriveranno.Sembrano quasi delle entità astratte; una sorta di nuovo Messia per salvare gli uomini dall'Apocalisse.
Peccato solo questo nuovo Messia sia già in clamoroso ritardo, essendo l'Apocalisse iniziata da un pezzo. Le tasse- si diceva- sono aumentate in maniera spaventosa; lo spread non è mai sceso; le borse non si sono mai riprese, anzi sono andate peggiorando di giorno in giorno. Come se non bastasse, è di questi giorni la notizia che le banche spagnole sarebbero in profondo rosso, proprio come avvenuto a quelle americane qualche anno fa. Un'evenienza, quest'ultima,  che ha innescato quella reazione a catena che tutti conosciamo sotto il nome di "crisi dell'economia".

Se questo è, permettetemi una semplice considerazione: come possono Monti & soci sperare di continuare ad illudere gli italiani circa una nuova età dell'oro, se a breve toccherà rimettere mano al portafogli per rifinanziare pure le banche spagnole, (magari alzando l'IVA ad ottobre) ? Come possono dire che la situazione non è catastrofica, se nessuno ancora può dire di che morte dovrà morire la Grecia e già la Spagna prende la stessa piega? Come diavolo fanno a starsene ancora comodamente seduti, se in più di un mese non sono riusciti nemmeno a tagliare delle voci di spesa o a fare qualcosa di concreto in Emilia?


Domande a cui, ormai, non so più trovare risposte. Forse, questo Paese merita davvero di sprofondare sotto la mannaia di questi tecnici, incapaci di tagliare le unghie ai poteri forti, ma perfettamente in grado di tagliare la testa al popolo. Che fine ridicola per un Paese come l'Italia; un Paese che, fino a meno di un secolo fa, faceva sgranare gli occhi al mondo per la sua crescita, mentre oggi, al massimo, fa ridere i polli. Che vergogna!

Roberto Marzola. 

giovedì 7 giugno 2012

QUEGLI APPELLI PER UNA NUOVA "DESTRA": IO NON LI VOGLIO SENTIRE!


Due nomi, Gianfranco Fini e Marcello Veneziani, due mondi diversi: il primo politico consumato, rottamatore di un mondo e poltronista; il secondo intellettuale, sognatore di un mondo che non c'è più. Personaggi agli antipodi, eppure così vicini in questi ultimi giorni. Difatti entrambi, forse inconsapevolmente, stanno cercando di lanciare lo stesso messaggio: ricostruiamo una destra, troviamo un collante capace di riunire sotto la stessa bandiera le varie realtà che si sono sparpagliate sul territorio a seguito dell'esplosione del Movimento Sociale Italiano. Diversi saranno sicuramente i motivi, (magari Veneziani lo farà per una convinzione ideale, mentre Fini per paura di restare isolato), ma la sostanza è la stessa. Lanciano un appello accorato, quasi disperato, che almeno per ora non sembra sortire effetto.
Bene, anzi benissimo!
Sì, avete letto bene: sarei contentissimo se gli appelli di cui trattasi restassero lettera morta. Non perché io faccia il tifo per il P.D. o per Grillo- no di certo! - ma perché è tempo di recidere i lacci e i lacciuoli col passato e di pensare ad un soggetto politico nuovo, senza nostalgie di sorta. E' ora di uscire dalla logica della destra e della sinistra; è ora di smetterla di concepire la destra come una sorta di rifugio per tutti quei soggetti che non si rivedono nei salottini radical chic alla Santoro e Mentana, o nei discorsi deliranti alla Di Pietro e Grillo. E' tempo di crescere, di capire chi siamo, cosa facciamo e dove vogliamo andare. Bisognerebbe finalmente capire che la scelta atlantica, (buona forse allora per contrastare la spinta sovietica), e la svolta liberale sono state un cancro per il nostro Paese e l'hanno portato dove si trova oggi, vale a dire nelle acque torbide ed agitate della crisi economica e della speculazione finanziaria; bisognerebbe capire che siamo figli di un movimento e di una scuola di pensiero che, da San Sepolcro a Salò, sono impregnati di una coscienza sociale ed etica. Una volta capito l'errore, si dovrebbe poi apportare tutti i correttivi del caso, muovendo appunto da un approccio sociale e nazionale all'economia e alla politica. Rimettere l'uomo ed il lavoro al centro dell'universo; ridare voce e speranza a chi arriva a stento alla fine del mese e a chi non ci arriva proprio; cucire la bocca e tagliare le gambe a chi, facendo bella mostra delle proprie sostanze, si permette di fare la voce grossa, di dare ordini e di avanzare richieste indecenti; ipotizzare un sistema economico diverso, un ritorno alla "old economy", alla ricchezza reale della terra e non a quella virtuale dei mercati; dire "no" alle richieste perentorie che arrivano da Bruxelles e saper dire "sì" agli strazianti lamenti che giungono dalle province italiane; tagliare la testa, (in senso metaforico o, magari, pure reale !), a chi da decenni apre la bocca a sproposito e riveste posizioni di comando, per far posto a chi veramente vale, a chi veramente è disposto a servire umilmente la causa; riaprire i circoli e le sezioni, per riattivare quel processo di selezione naturale, per scremare tra palloni gonfiati e arrivisti da un lato, e gente seria, concreta e motivata dall'altro...Ecco le nuove sfide di domani, ecco il soggetto politico vorrei! Un soggetto che non può nascere né dai Veneziani, né dai Fini, gente che ha fatto il suo tempo, gente che ha sin troppe responsabilità nel disastro attuale. Gente che s'è rimangiata tutto e che non ha capito quale sia l'unico possibile collante per il nostro mondo: la difesa delle Origini, delle Tradizioni, della Lingua, dell'Identità, della Patria; la certezza di appartenere ad un Paese che sia prima di tutto Nazione, ossia Terra di quei nati che condividono vincoli di sangue, valori e un passato in comune; la volontà di creare una società che sia un corpo unico, organico, teso ad un sogno e ad un'idea di grandezza e di ordine, disposto al sacrificio e impregnato di senso del dovere...

Questa, a mio avviso, la strada maestra; questa la direzione da seguire per sperare in un domani migliore. Certo, si tratta di un percorso in salita; ma, a pensarci bene, già questa potrebbe essere una prima garanzia, dato che gente abituata a star comoda in poltrona non sarà certo disposta ad intraprenderlo. Quale inizio migliore, quale miglior auspicio?

Roberto Marzola.

martedì 5 giugno 2012

DALLA STAMPA TEDESCA: UN PIANO SEGRETO PER UNA NUOVA L'EUROPA

Una premessa: io, purtroppo, non parlo tedesco, quindi non sono riuscito a leggere l'articolo originale del "Die Welt", riportato nella foto qui a fianco. Per cui, mi tocca fare affidamento sui pochi articoli dei giornali italiani che ne parlano...speriamo bene!

 Ad ogni modo, il giornale tedesco parla di un vero e proprio piano segreto che sarebbe in fase di studio per traghettare l'Unione Europea fuori dalla crisi. Ad esso starebbero lavorando quattro signori molto famosi e con incarichi diversi, accomunati dal fatto di non essere legati al popolo da nessun filo, dato che non sono stati eletti. Sto parlando di Mario Draghi, Jean Claude Juncker, Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso. Nomi che, da soli,  fanno già suonare tutti i campanelli d'allarme, se si è al corrente di chi sono e di cosa fanno queste persone: come certamente saprete, Mario Draghi è stato governatore della Banca d'Italia ed è attualmente presidente della Banca Centrale Europea. Jean Claude Juncker, invece, è attualmente libero da incarichi, dopo essere stato per anni presidente dell'Eurogruppo, poltrona che ha abbandonato per dissidi interni con l'area franco-tedesca. Herman Van Rompuy, dal canto suo, è il primo presidente del Consiglio Europeo dopo la ratifica del Trattato di Lisbona, (il primo cioè ad avere un incarico permanente), e riveste i panni di Mr. Euro, dato che è anche presidente provvisorio del vertice Euro. Infine, Josè Manuel Barroso è un professore universitario portoghese, dal 2004 presidente della Commissione Europea. Trattasi, insomma, di tecnici ed universitari: vi dice niente la cosa?

Questi signori, forti della benidizione di Sua Maestà Angela Merkel, starebbero già pianificando tutte le politiche che l'Unione Europea dovrebbe mettere in campo nel prossimo decennio, seguendo quattro precise direttive: unione fiscale, unione bancaria europea, riforma della politica estera e della politica di sicurezza, riforma dei sistemi di sicurezza sociale. Un mix spaventoso, al sapor di alta finanza e sostegno al sistema bancario, con quella spruzzatina di politica estera per esaltare il sapore. Nessun provvedimento reale, dunque, nessun aiuto allo sviluppo delle imprese, nessuna misura per la ripresa dei commerci, nessuna regola per proteggere i mercati. Niente di niente. Con quali risultati? Con quali benefici per i cittadini europei, letteralmente dissanguati dalla crisi che sta attanagliando il Vecchio Continente?

Interrogativi che, ancora una volta, danno l'idea di essere ormai giunti al punto di non ritorno.Finito. Stop. Basta. Fine. Caput. Non ci sono "diritti" né "democrazia" che tengano. Ci sono solo ordini e direttive precise, che in pochi emettono e in pochi realizzano in gran silenzio, senza dire nulla a nessuno. E voi, poveri pazzi, che credevate di essere al centro del mondo, di aver votato per dei rappresentanti che dovrebbero fare i vostri interessi... Ne siete ancora convinti? Rispondetemi e rispondete a voi stessi. Credo proprio che ne valga la pena.

Roberto Marzola.


venerdì 1 giugno 2012

2 GIUGNO: UNA REPUBBLICA FIGLIA DELL’IMBROGLIO?


2 giugno: anniversario della nascita della repubblica in Italia. Il 2 giugno 1946, infatti, si celebrò il famoso referendum, (rectius: plebiscito), per scegliere la forma di stato: Monarchia o Repubblica. Nello stesso anno,  Umberto II, (il famoso “re di maggio”),  conobbe la triste sorte dell’esilio, che colpirà tutti i discendenti di Casa Savoia fino al 15 marzo del 2003. Eventi storici che tutti conosciamo, o per averli imparati a scuola, oppure per averli assorbiti passivamente a forza di fervorini e trasmissioni a reti unificate nel corso di questi 66 anni. Quello che forse tutti non sanno, invece, è che su quel famoso referendum aleggiano ombre e sospetti, macchinazioni e brogli.
Ormai, la gran parte degli storici ha più di un dubbio sugli eventi che portarono alla proclamazione della Repubblica, sebbene ancora in pochissimi si azzardino a parlare di un risultato falsato. La ricostruzione che va per la maggiore è quella di Melograni, docente di Storia Contemporanea a Perugia, il quale parla di “alcuni pasticci che sono intervenuti e dovuti anche al fatto che in Italia da molto tempo non si tenevano elezioni e che improvvisamente il corpo elettorale era raddoppiato, perché per la prima volta votavano anche le donne” (fonte). Una risposta che, francamente, lascia un po’ il tempo che trova e che, comunque, non allontana i dubbi riguardo la regolarità delle votazioni.
Dubbi che sono generati dalle dinamiche con cui si sono svolte le votazioni stesse, di cui succintamente appresso. Infatti, dopo un’aspra campagna elettorale in cui liberali, monarchici e qualunquisti  si schierarono a favore della monarchia e comunisti, socialisti, repubblicani e azionisti a favore della repubblica, si arrivò alla mezzanotte del 3 giugno, (quindi ad elezioni già avvenute), in cui i giochi sembravano essere già fatti, con il re forte del 54% dei voti in suo favore. Una circostanza che è provata dagli scritti dell’allora Ministro dell’Interno, (l’acceso repubblicano Giuseppe Romita), e di De Gasperi, (presidente pro-tempore). Il primo scrisse nei suoi “Diari”: “intorno alla mezzanotte del 3 giugno sembrava che tutto fosse perduto, quando arrivarono i risultati di un nutrito numero di seggi meridionali. Fu un momento terribile”. Il secondo, invece, scrisse al Ministro della Real Casa, Falcone Lucifero: “il ministro Romita ritiene ancora possibile la vittoria repubblicana. Io, personalmente, non credo che si possa - rebus sic stantibus - giungere a tale conclusione” (fonte).
Nelle ore immediatamente successive, però, accadde l’inspiegabile: arrivarono milioni di voti in favore della Repubblica. In un solo giorno si giunse alla proclamazione dell’esito finale, avvenuta il 5 giugno 1946 per bocca dello stesso Romita: 12.182.155 suffragi per la Repubblica;  10.362.709 suffragi per la Monarchia. Una vittoria inaspettata e rocambolesca, forse addirittura sospetta. Evidentemente, questi voti sembravano sbucare letteralmente dal nulla anche per i Savoia. Un sospetto che è confermato persino gli studi statistici, i quali hanno comprovato che, all’epoca, non potevano esserci votanti rispondenti al numero conteggiato nei dati ufficiali del Ministero dell’Interno.  “Secondo l’Istituto centrale di statistica, infatti, gli aventi diritto al voto dovevano essere 23 milioni (11.700.000 donne, 11.300.000 uomini), eppure risultarono scrutinate quasi 25 milioni di schede. Questo nonostante che quasi due milioni e mezzo di italiani fossero stati esclusi dal voto (in gran parte gli elettori dell’Alto Adige e della Venezia Giulia, in violazione dell’articolo 2 del decreto legge del marzo 1946)” (fonte). Dunque, quasi 2 milioni di voti di dubbia provenienza; e proprio di quasi 2 milioni è lo scarto tra le preferenze espresse a favore della Repubblica e quelle in favore della Monarchia. Un caso? Fatto sta che i Savoia decisero di affidare a dei giuristi padovani il ricorso contro l’esito delle votazioni. La parola, allora, passò alla Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla regolarità o meno del referendum. Ed è qui che avviene un altro fattaccio:  il 5 giugno il Ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti convocò il suo collaboratore Massimo Caprara e, davanti a questi, scrisse al Presidente della Cassazione Giuseppe Pagano perché non rendesse nota la decisione. Mi domando: con quale autorità? Perché? Temeva forse un esito "sgradito"? Ad ogni modo, lo stesso Caprara, in tempi non sospetti, riferì che Togliatti in persona gli aveva detto: “Questa Repubblica è come un parto difficile e, come tutti i parti difficili, va aiutato” (fonte), come a dire che si poteva fare qualcosa per “favorire” la vittoria della Repubblica. Così,  solo il 10 giugno il Presidente della Corte di Cassazione comunicò i risultati del voto,senza però proclamare la vittoria della Repubblica e aggiunse soltanto che, in una successiva seduta, la Corte avrebbe dato conto dei reclami pervenuti. I repubblicani, tuttavia, non attesero l’esito della pronuncia della Suprema Corte e di lì a poco De Gasperi assunse i pieni poteri. Dura la reazione di Umberto II, il quale, col proclama del 13 giugno, affermò: “ Questa notte, in spregio alle leggi ed al potere indipendente e sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo, con atto unilaterale e arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.[…] Non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto ” (fonte).
Solo il 18 giugno la Corte di Cassazione proclamò la definitiva vittoria della Repubblica, con un atto che ha molto poco di “giuridico” e molto di “politico”. “Infatti, contrariamente alle norme previste per lo scrutinio, secondo le quali si sarebbe dovuto procedere alla conta di tutti i voti, la Corte aveva proceduto alla conta delle sole schede valide”(fonte). Per quale motivo la Suprema Corte si è lasciata andare all’illegalità o, quanto meno, ad uno strappo alla regola? Perché, a seguito della sua decisione, le schede elettorali vennero immediatamente distrutte? Ancora: se così stanno le cose, che peso dare alle dichiarazioni di Caprara, (che potete trovare in versione integrale qui), che descrivono un Togliatti molto attivo ed interessato più del lecito all’esito finale?
Interrogativi pesanti che, purtroppo, difficilmente potranno trovare una risposta, posto che il materiale originale, (ossia le schede elettorali), è stato distrutto, quasi come a voler impedire che qualcuno possa mai arrivare ad accertare la verità e denunciare aiutini e aggiustamenti, se non veri e propri brogli; interrogativi che non sfioreranno mai la mente di tanti italiani, illusi che nell’arco di 5 anni, cioè dal ’43 al ’48, sia nato uno Stato modello, per giunta “con la più bella Costituzione del mondo”.
Che dire? Nulla, se non che sarebbe a dir poco esilarante scoprire che la repubblica italiana, (minuscole volute stavolta), nasce dalla violenza e dall’imbroglio, ossia da quelle “caratteristiche” così tanto criticate al Ventennio mussoliniano. Peccato soltanto che nessuno potrà mai appurare la verità; peccato che nessuno potrà un giorno dire: “ci hanno presi tutti per i fondelli!”. Questa è la famosa trasparenza delle moderne democrazie, in cui il sapere “è libero e libero ne è l’insegnamento”. Lascio a voi ogni sorta di considerazione ulteriore; io mi fermo qui: potrei diventare volgare!
Roberto Marzola.

STAMANI VOGLIO SFOGARMI. SENZA PELI SULLA LINGUA!

Pubblico questo scritto di Nino Casaburi -uomo e Camerata d'altri tempi- che scatta una fotografia tanto reale quanto triste della nostra realtà politica. Un monito per tutti. Un avvertimento per cambiare idee e atteggiamento. Una robusta tirata d'orecchie per saper cogliere l'opportunità che il presente ci sta offrendo.

Buona lettura!

 STAMANI VOGLIO SFOGARMI. SENZA PELI SULLA LINGUA!

 di Nino Casaburi.

Inizio e confesso col dire che ho compreso molto tardi le potenzialità della rete, ma da circa un anno e mezzo ne faccio, ormai, parte attiva. Spesso scrivo delle osservazioni, ma principalmente leggo. Leggo tutto: dalle barzellette alla fanta-politica. Non è che la differenza sia tanta ma...... cerco di darmi un tono! La tragedia sta nel fatto che se le prime, talvolta, riescono a farmi ridere, la seconda, ed i suoi ispiratori, mi fanno solo piangere. Una miriade di Ras pronti, con la tastiera, a scatenare l'inferno, pronti al martirio, sempre pronti a masturbarsi con le loro fantasie: dai medagliati reducisti ai k facili. Tutti che hanno capito il male che alligna negli altri e nessuno capace di guardarsi criticamente allo specchio. Ognuno con il gagliardetto più bello, ognuno con il vessillo più blasonato, ognuno con la bandiera della verità assoluta. Inamovibili per cultura, rivoluzionari da poltrona. Incapaci di muovere le chiappe e metterci la faccia quando veramente serve. Tranne rarissimi esempi il resto è "munnezza". Blog e siti che sembrano usciti dall'oltretomba e altri spudoratamente vuoti, prodotti da persone piene solo di se stesse; altri ancora truculenti e sgrammaticati. Ma di muovere il culo manco a parlarne. Il "movimento" è alla fine senza che un ricambio generazionale ne prenda il testimone. I giovani? Dove sono i giovani? Che fine hanno fatto quelli che pur dovrebbero avere il sangue caldo e lo spirito indomito?Quelli disposti a respirare l'aria della battaglia nelle strade, piuttosto che i mielosi profumi dei buffet post-conferenze? Possibile che tutto il loro impeto trovi sfogo nei "nobis-in alto i cuori- alalà" e castronerie simili? Non castronerie in quanto tali, ma solo perchè vuote di una reale conoscenza, di una capace strategia di azione, di una memoria che vada oltre l'esibizione ed il folclore. Incapaci di determinare chi siano e a cosa realmente ambiscono. Raggruppati in contenitori pseudo-trasversali dove si salutano stringendosi l'avambraccio, ma incapaci di definire una posizione tradizionale sulla famiglia, sulla vita. Un esempio per tutti e, se ne avrete il coraggio, smentitemi sulla rete o, peggio per voi, viso contro viso. La scorsa settimana in occasione del gay-prade salernitano è stata organizzata una manifestazione a sostegno della famiglia tradizionale (padre/uomo-mamma/donna) e sulla sacralità della vita fin dal suo concepimento. 30 ragazzi sono venuti dalla provincia a manifestare nella città di San Matteo, di Gregorio VII, senza che questa offrisse un solo uomo, senza che nessuno dei vecchi Camerati, (quelli degli scontri contro il divorzio, contro l'aborto, contro la negazione della famiglia), partecipasse, si facesse vedere. Paura di coinvolgersi con gli organizzatori o mutate convinzioni? O entrambe? O, ancor peggio, convinti che andare per antichi palazzi a banchettare fosse maggiormente utile, militante? I nuovi militanti della "scarzetta". I rivoluzionari da pasticceria. v e r g o g n a t e v i !!! I fascisti neoliberisti....ahahahah. I neo fascisti mondialisti..... ahahahah. I preti abortisti....ahahahah. Non vi immaginate quanto schifo mi fate. Non immaginate quanto male mi faccia sapere che i miei vecchi amici si siano persi sulla strada della indifferenza. Eterni censori degli altrui comportamenti, ignari (spero) servi dei nuovi potenti. Mortificati nella loro intelligenza, con un cuore che pulsa solo a comando. E questo è solo un esempio, l'ultimo, uno dei tanti. Brucia vero? Almeno spero che ancora vi bruci. O credete che accapigliarvi sulla paternità delle commemorazioni di Carlo Falvella vi mondi dalle vostra ignominia? Siete solo delle mummie! Uscite dal sarcofago una volta all'anno, non per celebrare e commemorare chi ci rimise la pelle, ma per autocelebrarvi, per indossare le vostre vecchie medaglie, ormai svuotate di ogni valore dai vostri comportamenti, per promuovere e supportare le vostre ambizioni. Esattamente come tanti fanno in rete. Si mostrano solo nella speranza che "un domani" tanto lontano quanto improbabile arrivi con il loro account ben visibile. Come se bastasse a confermargli quella carica di Ras locali che già si sono attribuiti. Lascio alle risate ed alla robustezza delle tastiere la battaglia per il primato assoluto. Ho scritto meno di quanto volevo ma, purtroppo, come sempre, quando c'è troppa carne sui carboni si rischia sempre di bruciarne un bel pò e di lasciarne cruda almeno altrettanta! Spero solo che quella che ho bruciato almeno lasci il segno. Senza auguri.